Uno sguardo dal futuro
È possibile cogliere la realtà che viviamo, il nostro presente, dall’orizzonte di un futuro appena intravisto? Un futuro scevro da ciò che non ci piace, in grado di incantarci con la sua bellezza?
Nel “Colloquio di Ariele”, non parleremo soltanto di ciò che di negativo abbiamo davanti agli occhi, ma cercheremo di intravvedere un futuro possibile, da cui potremmo guardare al nostro oggi con uno sguardo di speranza e un pensiero nuovo, capace di progettualità.
In questo ci aiuterà il ricordo della figura di L. Pagliarani il cui pensiero si protende oltre l’attualità e che, nonostante il passare degli anni, riesce sempre a colmare di un senso, spesso poetico, lo scorrere delle nostre esistenze nei diversi contesti di vita.
Nella nostra epoca sempre di più le persone sembrano evitare il contatto con l’Altro da sé. Il mondo è popolato di Avatar, rappresentanti di mondi interni sofferenti e chiusi in sé stessi, dove l’Io galleggia spaventato, proiettando all’esterno immagini stereotipate. Come recuperare le radici perdute? E vincere l’ostinata negazione di una dimensione intersoggettiva?
I gruppi che frequentiamo si disperdono incessantemente, i confini sono instabili, i setting sembrano non tenere. I legami di gruppo, sotterranei e remoti, non sembrano in grado di contenere l’emergere delle differenze individuali. Come uscire dal conformismo e l’indifferenza? Dalla vacuità dei legami sociali? Come intravvedere “forme” nuove di coesistenza, mai sperimentate prima?
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L’ipercapitalismo, che caratterizza la nostra epoca, conduce a una competizione sempre più accesa. La “vendibilità” e il margine di un prodotto, anche di natura intellettuale, scavalca ogni altra valutazione. Tutto ciò sconvolge il legame con l’altro e con l’oggetto di lavoro. Le relazioni organizzative sono fredde e utilitaristiche, svuotate degli elementi che alimentano la creatività (l’amore, il desiderio ...). Come ritrovare la generatività sociale che si alimenta nel “riconoscimento reciproco”?
L’uomo, la specie umana, costruisce mondi, nella misura in cui riesce a declinare la soggettività con il suo “stare con l’Altro”. La guerra e la distruzione dell’ambiente di vita, che stiamo vedendo, sono innanzi tutto la negazione di quello “stare” condiviso che travalica ogni confine.
Il conflitto infatti è negativo solo quando nega i limiti soggettivi e rifiuta il caos momentaneo dell’ascolto reciproco e la vertigine della scoperta. Affinché le differenze non si tramutino in distruttività è necessario percepire la presenza dell’Altro come oggetto d’amore.
Vieni con noi per discorrere di quel futuro che forse, insieme, potremo già intravvedere ...