Valori personali e scelta dell’azienda

Valori personali e scelta dell’azienda

Valori personali e scelta dell’azienda sono due aspetti che non possono essere divisi, due facce di una stessa medaglia. Infatti, perché vengono scelte alcune aziende e non altre? Naturalmente, questo ci porta ad esplorare due strade: i valori del lavoratore, di cui ci occuperemo qui, e i valori aziendali (di cui ci occuperemo nel prossimo articolo). Il successo aziendale è decretato dai talenti che condividono i valori di quell’azienda, perché questo agevola il processo di identificazione tra lavoratore e azienda: il lavoratore ne diviene Brand Ambassador.

        L’uomo è una macchina

Nel corso della storia del pensiero, a partire dall’Illuminismo e fino alla fine dell’Ottocento, con strascichi fino ai giorni nostri, la concezione dell’uomo che si fa strada è quella dell’uomo-macchina. Per comprendere l’uomo era necessario ridurlo al suo corpo, e ogni altra capacità, incluso il pensiero, veniva ricondotto ai meccanismi fisici del corpo. Questa concezione riduzionistica (secondo cui l’uomo è esclusivamente il suo corpo) ha condotto parallelamente, sul piano aziendale, al taylorismo, ossia alla catena di montaggio. Se l’uomo è una macchina, allora diventa un ingranaggio nella macchina aziendale, e dunque è del tutto sostituibile da un altro, in quanto la struttura corporea degli uomini è uguale. Possiamo davvero fidarci di questa visione dell’uomo quando ci occupiamo di relazioni in azienda?

        … o un animale sociale?

L’uomo è da sempre inserito in un contesto culturale (rimando qui per eventuali approfondimenti) in cui apprende e viene formato da determinati valori sia collettivi e sociali, che famigliari. Questi valori vengono poi rielaborati individualmente: l’uomo viene sì plasmato da questi valori, ma la sua individualità non viene annullata, altrimenti non esprimerebbe preferenze, critiche, valori, idee, gusti. Questa è però una faccia della medaglia. Una volta divenuti consapevoli dei propri valori e delle proprie preferenze, si scelgono quelle aziende che meglio si accordano con questi. L’idea che qui prende piede è l’insostituibilità del lavoratore e dunque la sua irriducibilità a un suo collega. Potenziale e valore aggiunto dipendono, sì, dalla persona (sulla base dei suoi vissuti e della sua educazione), ma anche dall’azienda che decide di investire nella formazione e nello sviluppo di quella persona. Ecco che qui viene dato pieno risalto all’individualità del lavoratore, che mantiene ed esprime la sua personalità, unica e insostituibile, ed è proprio grazie a questa che gli stessi strumenti di lavoro possono essere impiegati diversamente in vista di un obiettivo. Il lavoratore fa la differenza.

        Valore aggiunto e sua unicità.

Sono proprio la personalità del lavoratore e le relazioni create nel contesto aziendale a definire il successo, o il fallimento, di una azienda. L’uomo non è statico, ma molto dinamico, che evolve continuamente nel corso del tempo. Su questa sua evoluzione, imprevedibile e diversa per tutti, influiscono in particolar modo le relazioni interpersonali, anche aziendali, che agiscono da moltiplicatori: se individualmente riusciamo a fare una cosa, in gruppo possiamo farla meglio; se da soli non riusciamo, in gruppo possiamo. Siamo davvero, allora, tutti uguali, oppure siamo uguali solo perché cambiamo sempre nel corso del tempo?


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