Vecchi principi e nuove idee a processo


Dopo i peana all'avvocato di Pordenone che ha rifiutato di difendere il femminicida per ragioni etiche, alcuni giornali proseguono oggi con la quotidiana opera di erosione dei basilari principi di diritto ritenuti evidentemente ferraglia arrugginita di cui disfarsi al più presto in nome di una nuova sensibilità.

Il caso è quello di Antonio Gozzini, assolto dall'omicidio della moglie in quanto ritenuto incapace di intendere e di volere al momento del tragico fatto.

Ciò che non è andato giù ai cronisti è la circostanza che la Corte d'Assise di Brescia abbia riconosciuto la gelosia come elemento scatenante che ha fatto breccia nella mente malata dell'uxoricida.

La Repubblica parla di "sentenza shock", colpevole di sposare "una tesi che sembra far tornare indietro il Paese di decenni"; il commento del Corriere della Sera parla di svilimento della vittima e di irritazione nel constatare che "situazioni così dolorose non meritino qualche attenzione in più per rassicurarci che sia chiaro a tutti che non è solo questione di rispettare i codici ma di riaffermare che attenuanti tollerate per troppo tempo non possano essere interpretate come nuovi alibi".

E' ovvio che ciascuno può pensare ciò che vuole sul punto, e anche ritenere che il principio enunciato dall'art. 42 c.p. circa il divieto di punire una persona per un'azione non commessa con coscienza e volontà, sia un lusso da legulei da salotto e dunque auspicarne l'immediata abrogazione.

Quello che spaventa è che venga veicolata l'idea del processo esemplare, della sentenza che non deve occuparsi del caso concreto quanto piuttosto di mandare messaggi "giusti" alla collettività e se le norme non sono in grado di adeguarsi ai nuovi principi, tanto peggio per le norme.

Antonio Gozzini era stato riconosciuto incapace di intendere e di volere anche dalla consulenza psichiatrica del Pubblico Ministero che però aveva ritenuto di chiedere comunque l'ergastolo in quanto, così almeno si legge dalle cronache, "è pericoloso far passare il messaggio che in quel momento non era capace di intendere e volere perché geloso".

Carcere a vita per evitare che passi un messaggio sbagliato: ecco forse del materiale su cui fare qualche riflessione.

Claudio Schiaffino

Diritto Penale - Founder Partner presso Affirm-Penalisti Associati

4 anni

Il nostro ministro della giustizia ha ritenuto di inviare gli ispettori. Ennesimo esempio di quel populismo penale che attanaglia l’esercizio della giusridizione nato ai tempi della mitica mani pulite.

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