Verso il cambiamento.
In moltissimi corsi di business coaching, per non parlare di quanto sia diffusa sui social, impazza la teoria della rana bollita di Noam Chomsky. Non starò a riportarla in questo articolo perché è talmente diffusa in rete da poterla trovare in un minuto. In sostanza è una teoria che vuole rappresentare una critica verso l’accettazione passiva di eventi e situazioni spiacevoli che sono a lungo andare causa di situazioni senza via d’uscita, questo può avvenire sia a livello collettivo che individuale, le ingiustizie subite inizialmente possono sembrare piccoli dettagli trascurabili, per poi diventare delle mancanze di rispetto sempre più grandi, fino ad arrivare a delle vere e proprie prevaricazioni. In sostanza la sopportazione di uno status quo dalla scomodità tutto sommato accettabile può ingigantirsi fino al punto da creare situazioni senza via d’uscita.
Ora senza voler mettere in discussione il pensiero filosofico di Noam Chomsky né tantomeno tentare di ridimensionarlo, mi permetto di ricordare che un certo Alessandro Manzoni nell’800 in un libro chiamato “I promessi sposi” narrò la storia di una nobildonna vissuta a Monza due secoli prima, diventata monaca contro la sua volontà per un destino deciso dal padre alla sua nascita. Non starò a riportare neppure in questo caso la storia di Gertrude, anche perché dura due capitoli, ma mi limiterò a dire che il concetto espresso dallo scrittore italiano era il medesimo di quello del filosofo americano…con un secolo di anticipo.
Questa botta di italianità non è fine a sé stessa, ho voluto riportarla per sottolineare che non tutto ciò che è vecchio è da buttare e che nella storia del nostro paese ci sono opere d’arte e realtà di grandissimo valore. Un esempio è il Regio decreto del 1928 in virtù del quale diverse generazioni di ottici hanno lavorato e lavorano tutt’ora offrendo un servizio sul territorio competente, indispensabile e risolutivo per il benessere visivo della cittadinanza. Oggi a quasi cento anni di distanza è più forte che mai il desiderio di rivederlo e renderlo più vicino alla nuova realtà del paese e all’evoluzione della categoria, soprattutto in vista di un auspicabile riconoscimento dell’optometria.
Il mio auspicio è che non si ceda alla tentazione di buttare il bambino con l’acqua sporca e che tutti quei professionisti ottici o ottici-optometristi che fino ad oggi hanno svolto il proprio lavoro secondo scienza e coscienza possano continuare a farlo.
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Non è tanto il bisogno di mantenere uno status quo che mi fa intervenire su questo tema ma la consapevolezza che la soluzione è dietro l’angolo, e secondo il mio personalissimo parere è rappresentata dai corsi ECM, reintrodurli significherebbe avere nei negozi di ottica dei professionisti sempre aggiornati e pronti a rispondere alle esigenze visive dei clienti/pazienti, che in definitiva è l’unica cosa che conta.
Michele Foli.
Ottico optometrista e business coach.