Voice search e assistenti vocali ancora poco utilizzati in Italia e nel mondo: alcuni perchè.

Voice search e assistenti vocali ancora poco utilizzati in Italia e nel mondo: alcuni perchè.

In questi ultimi mesi, scrivendo in più occasioni di ricerca da dispositivi mobili e presentando la white paper Mobile Search in Italy, ho accennato al fatto che, se è vero che le ricerche da dispositivi mobili hanno superato ormai in molti paesi quelle da desktop, non altrettanto -anzi, molto più lentamente delle stesse aspettative di Google- stanno prendendo piede le ricerche effettuate con la voce e, più in generale, gli assistenti vocali come Siri, Google, Cortana.
In Italia sono poco meno del 16% i possessori di smartphone che utilizzano con una certa costanza queste funzioni, anche se buona parte di questi le ha quantomeno provate almeno una volta.

Le principali ragioni di questa scarsa adozione da noi? La poca dimestichezza e un certo senso di reticenza a far sapere agli altri in pubblico cosa si voglia cercare o cosa si voglia comandare al proprio assistente vocale.

Ma cosa succede invece oltreoceano e, in particolare, negli USA, dove tutte queste tecnologie nascono e -almeno sulla carta- dovrebbero svilupparsi molto più rapidamente che da noi?
Anche qui procede in realtà tutto a rilento, e una ricerca pubblicata ai primi di giugno dalla società di ricerche Creative Strategies offre qualche interessante chiave di lettura derivante da interviste a un panel di 500 utilizzatori statunitensi.

Il primo dato interessante che emerge è che si tratta di tecnologie che comunque quasi tutti i possessori di uno smartphone hanno voluto provare, per curiosità o per reale interesse:

  • solo il 2% dei possessori di un iPhone non ha mai provato Siri
  • solo il 4% dei possessori di uno smartphone Android non ha mai provato a usare le opzioni vocali accessibili pronunciando “OK Google”.

Il fatto è che, dopo un iniziale utilizzo, questo interesse cala notevolmente.

La ragione? Principalmente anche qui, come in Italia, culturale: non piace far sapere agli altri cosa si sta cercando.

La cosa è abbastanza curiosa considerando la grande penetrazione che hanno gli smartphone negli USA e l’abitudine a parlare ad alta voce con questi anche per via della grande diffusione avuta negli anni passati dal sistema iDEN, che consente di usare il proprio telefonino come un walkie talkie (con relativo risparmio sulle bollette).

Alla fine emerge quindi che sì, c’è comunque una base di utenti che usa la voice search e i comandi vocali, ma lo fa principalmente

  • quando è alla guida (51%, con Siri molto più usato di Google)
  • quando è tra le pareti di casa, lontana da orecchie indiscrete (39%).

Minimo l’utilizzo in pubblico:

  • solo il 6% li usa quando è in pubblico (strade, piazze, mezzi pubblici…), e qui sono soprattutto i possessori di sistemi Android a cercare, forse perchè più abituati al sistema iDEN di cui sopra
  • solo lo 1,3% quando è in ufficio.

Insomma, secondo Creative Strategies, agli statunitensi non piace ancora molto parlare alla tecnologia in pubblico.

Secondo la società di ricerca, questa situazione potrà andare cambiando solo con la sempre maggiore abilità della tecnologia di riconoscere i comandi vocali e con una maggiore integrazione con sistemi di Intelligenza Artificiale, che potranno portare quel reale valore aggiunto che oggi l’utilizzo della voce invece della tastiera per dare un input ancora non offre.

L'articolo sull'utilizzo di voice search e assistenti vocali è stato pubblicato sul blog di Marco Loguercio.

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