The Waterfall Effect
William Turner - Passaggio a Nepi con acquedotto e cascata

The Waterfall Effect

Nel gioco "Ruba Bandiera", urlare a squarciagola mentre corri verso l’agognato drappo posizionato al centro del campo di gioco non rappresenta certamente, a detta dei professionisti di questa disciplina, la migliore delle esecuzioni strategiche possibili.

Posto che per vincere la partita si dovrà raccogliere, al termine di tutti i set, una bandierina in più della squadra avversaria, sarà in questo caso affidato a ciascun membro del team un ruolo in base al quale alcuni distrarranno gli avversari, altri si avvicineranno di nascosto al centro del campo di gioco, mentre il più veloce ruberà la bandiera per tornare alla base con il fiatone solo una volta in più del suo antagonista.

Siamo in partita, la nostra squadra sembra ben performare ed alla fine vinciamo con lo scarto di due bandierine! 

Euforici per il risultato ottenuto, celebriamo il traguardo raggiunto. Il giorno dopo, però, tra la reticenza dei molti in squadra che pensano che le vittorie non si discutono, celebriamo il nostro fallimento. 

Che cosa non ha funzionato? 

Il risultato positivo conquistato è diverso da quello che avevamo stabilito di raggiungere.  

Abbiamo sbagliato strategia di gioco oppure abbiamo commesso errori nel modo in cui ne abbiamo eseguito le linee guida?

Qualsiasi strategia, anche la più semplice e meglio definita, tende a subire, nella sua attuazione sul lungo periodo, delle perturbazioni eterogenee ed imprevedibili dovute alle traduzioni esecutive dei suoi interpreti.

Tali deviazioni sono vere e proprie parafrasi del messaggio originale che nella sua riformulazione attuativa perde, soprattutto quando i giocatori agiscono più sul riflesso che sulla riflessione, il legame con la sua identità originaria.

Secondo l’effetto cascata, a livelli organizzativi differenti corrisponde una certo grado di deformazione attuativa perché le indicazioni tendono ad essere “distorte” in modo inversamente proporzionale alla sensibilità attuativa del livello organizzativo che le agisce.

Questa dinamica distorsiva, unitamente al tasso di resistenza al cambiamento tipico delle organizzazioni, alimenta la diffusione di azioni e di comportamenti che possono produrre risultati non sempre coerenti alle indicazioni strategiche ricevute.

L’effetto cascata, a questo punto, rende più complessa la definizione di eventuali correttivi in itinere perché rende più arduo comprendere se l’errore risiede nell’essenza della strategia o nel modo in cui essa viene interpretata dalle persone.

Un’esecuzione strategica efficace non è, pertanto, solo riconducibile al raggiungimento degli obiettivi di business ed alla coerenza delle tattiche messe in atto per raggiungerli, ma è legata al rapporto di prossimità tra i comportamenti organizzativi attuati e l’identità organizzativa che una strategia di business porta con sé.

Quali azioni possono ridurre l’effetto a cascata riducendo il più possibile la dispersione di energia che l’acqua fuori dal suo corso produce?

1.      L’attività di strategy statement dovrebbe includere un piano di comunicazione interna ampio, efficace e tempestivo.

Non è infrequente, per chi opera nell’ambito della formazione, accogliere in aula contributi di persone che non si ritengono sufficientemente informate sulla strategia della propria azienda e, anche a causa di una scarsa percezione del fil rouge che lega le azioni richieste, perdono motivazione e coinvolgimento.

2.     L’attività di strategy deployment, oltre ad includere le tattiche da porre in essere, dovrebbe identificare i comportamenti organizzativi referenziali attesi nello spazio temporale in cui si snoda la sua esecuzione. 

È più facile agire in modo funzionale ai risultati desiderati quando si possiede una bussola che trasmette i riferimenti necessari al raggiungimento di una determinata meta, soprattutto quando la strada tracciata sulla mappa non è quella del territorio in cui ti muovi. 

3.     Rilevare periodicamente gli eventuali gap tra comportamenti attesi e comportamenti agiti, siano essi in ambito funzionale o interfuzionale, e programmare interventi di riallineamento mirato.

Un comportamento disfunzionale reiterato nel tempo da una o più persone che condividono la medesima strategia, ma non le chiavi di lettura della sua esecuzione, diventa un albero potenzialmente addobbabile con conflitti, alibi  e controdipendenze.

E se volessimo lavorare individualmente su questa tematica?

Afferma il militare e scrittore giapponese Miyamoto Musashi:

“La percezione è forte e la vista debole. Nell’esecuzione strategica è importante vedere le cose distanti come se fossero vicine e prendere una visione distanziata delle cose vicine”. 

Secondo Rosabeth Moss Kanter dovremmo pianificare dei momenti di riflessione strutturata per verificare la compatibilità delle nostre decisioni nel contesto più ampio della strategia che abbiamo formulato. 

Per poter apportare correttivi ed adattamenti funzionali, dovremmo periodicamente chiederci, dato un set di comportamenti a campione:

-       In quale dei comportamenti che sto esaminando non riconosco la mia strategia?

E, per quelli che non sembrano essere compatibili, rispondere alle seguenti domande:

-       Quale specifico aspetto li rende disfunzionali o incompatibili?

-       Quante volte ho voluto adottare questo comportamento disfunzionale?

-       Quali elementi hanno reso inapplicabile la mia esecuzione strategica?

-       Con quale frequenza potrei dover affrontare deviazioni simili?

-       Quali costi diretti o indiretti ha generato la mia scelta?

-       Quale comportamento avrei dovuto adottare per essere coerente alla mia strategia e congruente alla situazione che affronterò in futuro?

E infine, se avessimo la responsabilità di un gruppo di lavoro, potrebbe essere utile indagare:

-       Quali impatti può generare il mio esempio sulle persone che eseguono la stessa strategia?

-       Cosa succederebbe alla mia strategia se l’eccezione esecutiva diventasse una regola?

-       Quali comportamenti diffusi potrebbero vanificare la mia strategia?

Il controllo dell’esecuzione richiede, dunque, che ogni azione si inserisca nel suo contesto più ampio, adattandola alle circostanze se necessario e salvaguardando l’energia che un corso d’acqua ben incanalato produce nel suo incedere a valle.

La strategia non è quello che diciamo, ma quello che facciamo ogni giorno interpretando il nostro ruolo ed attribuendo ai nostri comportamenti un significato più ampio del qui e ora. 


Bibliografia:

Andrew Mac Lennan, Strategy Execution: Translating Strategy into Action in Complex Organizations, Taylor & Francis Ltd 2007

Sean Covey, 4 Disciplines of Execution: Getting Strategy Done, Simon & Schuster Ltd 2015

Jeroen De Flander, Strategy Execution Heroes, Performance Factory 2010

Gary Cokins, Performance Management: Integrating Strategy Execution, Methodologies, Risk, and Analytics,  John Wiley and Sons Ltd 2009

giorgio beltrami

Autore, Project Manager (PMP), Professore a contratto Univ. Bicocca di Milano, Consulente, Consulente ESG, Formatore, Facilitatore, Esperto Sistemi Gestione Qualità, Esperto Mod. 231, Service Designer, Orientatore

4 anni

Dal punto di vista di un PM il termine "waterfall" identifica un approccio al project management "tradizionale" e in genere si contrappone all'approccio "agile". Ma è interessante anche l'applicazione al tema strategico.

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