Work-Life Balance: l'equilibrio richiede ascolto
Il concetto di work-life balance, benché di origine relativamente recente (Gran Bretagna, 1970), è stato oggetto di un’evoluzione continua, riflettendo i cambiamenti culturali, economici e sociali di ogni epoca. In questo articolo, mi propongo di esplorare alcune fasi della nostra relazione con il lavoro, dall'inizio del XX secolo ad oggi, per comprendere i rischi e le opportunità associati a ogni epoca e fare luce sulle sfide attuali e sui possibili sviluppi futuri. Per questioni di sintesi, sorvolerò sui circa 12.000 anni che separano la nascita del lavoro (associato al passaggio dai sistemi di raccolta e caccia all'agricoltura) all'inizio della società industriale, per dedicare più spazio all'attualità.
1900: Unione
Nella civiltà contadina, prima dell’industrializzazione, la vita e il lavoro erano spesso indistinti. La maggior parte delle persone, agli inizia del secolo scorso, lavorava in agricoltura o in attività artigianali gestite in famiglia, e la vita lavorativa si fondeva naturalmente con quella familiare e comunitaria. Questo contesto, sebbene limitante in termini di crescita personale, garantiva un senso di appartenenza e un’unione organica tra vita, lavoro e società.
Opportunità: Lavorare in famiglia consentiva una certa armonia e semplicità nella vita quotidiana, senza il bisogno di bilanciare ambiti separati.
Rischi: La mancanza di confini significava poca distinzione tra le proprie aspirazioni individuali e le necessità del nucleo familiare o della società, con conseguente assenza o forte limitazione della propria autonomia in nome di un’organizzazione in caste, gilde e corporazioni, ognuna con la sua identità collettiva, data dal potere costituito.
1950: Separazione
Con la crescita delle città e dell’industria, si è creata una netta separazione tra vita e lavoro. L’uomo tipicamente lavorava fuori casa mentre la donna gestiva la sfera domestica. Questo modello rifletteva una dicotomia rigida tra sfera pubblica (lavorativa) e privata (familiare), con poche opportunità di connessione tra le due.
Opportunità: La separazione dei ruoli garantiva una maggiore specializzazione e una routine stabile.
Rischi: La divisione rigida tra lavoro e vita privata spesso alimentava alienazione e senso di insoddisfazione, creando tensioni familiari e individuali.
1970: Confluenza
Negli anni ’70, la crescente partecipazione delle donne al lavoro e alla politica e le prime rivendicazioni per i diritti dei lavoratori hanno cominciato a sfumare la divisione tra vita e lavoro. Il lavoro diventa parte dell’identità personale, e si iniziano a intravedere iniziative di welfare per conciliare le due dimensioni. La vita privata entra nel lavoro, con la nascita di nidi aziendali, ad esempio, e cooperative sociali di lavoratori.
Opportunità: La condivisione tra vita e lavoro consentiva a entrambi i sessi di esprimere aspirazioni professionali, introducendo maggiore equità e una messa in discussione di ordini e ordinanze create dall’alto.
Rischi: La confluenza non era sempre positiva, e l’emergere del “doppio ruolo” causava spesso sovraccarico e stress, specialmente per le donne che vedevano aumentare i loro diritti e i loro doveri senza che fosse rimessa ugualmente in discussione l’identità maschile. Questo periodo ci cambiamenti e sperimentazioni sociali fu cruciale per rimettere in discussione le imposizioni culturali e aprire gli orizzonti verso nuove prospettive, centrate sull’uomo, che, seppur guadagnarono terreno rispetto alle esigenze di produzione meccanica, non riuscirono a radicarsi nell’intero tessuto sociale.
1980: Bilanciamento
Gli anni ’80 sono stati segnati dalla nascita del concetto di work-life balance. La società comincia a riconoscere l’importanza di mantenere un equilibrio tra vita privata e lavoro, e molte aziende introducono misure per migliorare il benessere dei dipendenti.
Opportunità: Il bilanciamento tra lavoro e vita permette una migliore gestione delle proprie energie e un senso di realizzazione sia personale che professionale.
Rischi: Le politiche di bilanciamento spesso erano applicate solo superficialmente e non sempre rispondevano alle esigenze reali dei lavoratori, creando frustrazioni. In questi anni, il dialogo tra classe politica, classe produttiva e classe sociale è sempre più intermediato, in nome del crescente benessere e della volontà di porre fine della guerra fredda.
2000: Influenza
Con l’avvento della tecnologia digitale, si rompono di nuovo gli argini dei due sistemi in equilibrio e il lavoro entra nella vita privata. L’introduzione dell’email, del cellulare e di altri strumenti digitali inizia a influenzarne ogni aspetto, rendendo possibile e spesso inevitabile la connessione continua. Questo cambia profondamente il modo in cui si lavora, ma anche la qualità del tempo libero.
Opportunità: La tecnologia consente una maggiore flessibilità e possibilità di lavorare da qualsiasi luogo.
Rischi: La costante connessione crea difficoltà a "staccare" dal lavoro, portando a burnout e a un impoverimento della qualità della vita privata.
2010: Miscelazione
Oggi, il work-life balance si evolve ulteriormente in un concetto di work-life integration o miscelazione. Vita e lavoro non sono più entità da bilanciare, ma parti interconnesse dell’identità. Il confine è più fluido e molte persone cercano di integrare lavoro e vita privata in modo armonico, riflettendo la propria autenticità e le proprie aspirazioni.
Opportunità: La miscelazione permette alle persone di esprimere sé stesse sia nella vita privata sia in quella professionale, trovando una forma di equilibrio basata su valori e passioni personali.
Rischi: La costante ricerca di integrazione, anche identitaria, in un contesto di assenza, apparente, di confini può provocare un sovraccarico e una perdita di benessere. Gestire una tale complessità di sfaccettature private, sociali e lavorative può aumentare i livelli di stress, soprattutto quando la risposta creativa adattiva rimane una questione individuale. Questo senso di pressione, nel definire un’identità coerente e di successo che rappresenti sia la vita privata sia quella professionale, può innescare dei “vortici performativi isolanti”, seppur iper-connessi.
Situazione attuale situazione e possibili sviluppi
Oggi, grazie al maggiore livello economico e tecnologico raggiunto, molte persone possono dedicare risorse e tempo a migliorare il proprio benessere, includendo beni e servizi che prima erano riservati a pochi o difficilmente accessibili. Attualmente, almeno nel primo mondo, siamo ricchi di conoscenze, pratiche e luoghi di base, alla portata di tutti. Il web ne è pieno ma anche il mondo e l’iperturismo ne è una prova. Ognuno ha molte più possibilità di soddisfare bisogni e curiosità in maniera autonoma o assistita, attraverso beni e servizi, in presenza e online, accettando dei cookies. Questo ha aperto nuove opportunità, ma ha anche generato un paradosso, oltre che delle incognite sull'uso che viene fatto dei nostri dati: il benessere, che dovrebbe contribuire alla salute della persona, rischia di fomentare malessere sociale. Altro paradosso è la difficoltà che hanno, alcune aziende, a trovare manodopera mediamente specializzata, nonostante gli alti tassi di disoccupazione.
Il futuro del work-life balance: verso l’autenticità e la responsabilità sociale.
Il futuro del work-life balance non può limitarsi a una ricerca di benessere individuale, ma deve includere una visione di responsabilità sociale, altro concetto giovane (Robert Edward Freeman, 1984) in cerca di maturità. In un mondo sempre più interconnesso, l'equilibrio tra vita e lavoro ha un impatto che va oltre il singolo, influenzando collettività, comunità di lavoro e ambienti sociali. Sostenere il benessere dei lavoratori non è solo una questione di attrattività aziendale o di offrire dei beni di consumo al personale, ma anche un impegno etico verso il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro per tutti.
Ascoltare la persona e la sua autenticità diventa quindi fondamentale non solo come ricerca di un equilibrio soddisfacente, ma anche come strumento per promuovere una cultura sociale e del lavoro più rispettosa, sostenibile e inclusiva. Quando le persone si sentono autentiche nel loro approccio alla vita e al lavoro, hanno anche una maggiore motivazione a contribuire al benessere collettivo, sviluppando comportamenti etici e collaborativi. Ad esempio, le aziende possono incoraggiare politiche di work-life balance che riflettano valori di sostenibilità e di equità, aiutando i dipendenti a bilanciare i loro obiettivi personali con il bene comune.
In questa prospettiva, il lusso, come riferimento di benessere massimo, può svolgere un ruolo rilevante: vissuto con consapevolezza e responsabilità, può rappresentare un'opportunità per elevare la qualità della vita e contribuire positivamente alla comunità. Le esperienze di lusso autentiche e sostenibili – come ambienti di lavoro sani, spazi dedicati al benessere o iniziative di supporto sociale – possono ispirare modelli di vita più etici e soddisfacenti, limitando il rischio di competizione e disuguaglianza.
Il Work-Life Balance di Lusso, allontanandosi dalla mera esibizione di status, di offerta commerciale vantaggiosa o, nel peggiore dei casi, di greenwashing, potrebbe intendersi e costituirsi come forma di investimento sull'eccellenza della salute fisica, mentale, relazionale e ambientale di tutti. Alcune aziende stanno iniziando a includere, all’interno dei protocolli di qualità adottati, alcune dimensioni di benessere mentale e sociale dei propri collaboratori. Lo stesso potrebbe avvenire offrendo ai dipendenti benefit inquadrati all’interno di un contesto di responsabilità sociale, mirati al benessere autentico e non solo simbolico, che un’attenta lente psicosociale, come quella offerta da Psychopop ad esempio, potrebbe aiutare a mettere in luce.
Con questa evoluzione in mente, la sfida per le nuove generazioni sarà trovare un equilibrio tra ambizioni personali e sociali considerando che, trattandosi di esseri umani, non sarà mai un format statico, perfetto, ma un dialogo dinamico da rendere eccellente. Da questa consapevolezza emerge l'importanza di rivedere il concetto di ricchezza e di lusso come benessere integrato, che tenga conto sia del corpo che della mente, sia del lavoro che della vita.