La collaborazione con un'icona come il mentore Brian Eno è stata una sorta di marchio di qualità sulla ricerca del punto di contatto tra musica contemporanea ed elettronica inseguita da Jon Hopkins. Capace di disegnare suite espansive in eterno equilibrio sulla linea della deflagrazione, il producer favorisce il dialogo tra dubstep e orchestra, sintetizzando e manipolando suoni acustici che trovano uno sbocco indie folk nell'incontro con King Creosote. Quando gli influssi techno si diradano, i beat lasciano il posto a rarefatti paesaggi sonori dominati da pianoforte e field recording.