Politicizziamo la privacy! Siete o non siete d’accordo con me, con le norme, con i provvedimenti delle autorità? Discutiamone, anche duramente
D'accordo, Luca. Giusto responsabilizzare i titolari, cosa ampiamente avvenuta in questi anni. Però la maggioranza degli interessati è anch'essa pronta ad essere responsabilizzata, cioè educata a conoscere i propri diritti e a farli valere. Gli interessati non si aspettano che sia solo il titolare a porsi strettissimi limiti. Secondo me, il paternalismo verso gli interessati fa torto agli interessati ancor più che ai titolari. L'ammontare di una sanzione a carico di un titolare che non si è attenuto all'interpretazione stringente del GDPR data dall'Autorità di controllo va allo Stato, passando sopra la testa degli interessati. Agli interessati, il paternalismo offre poco...
Grazie Luca per le impeccabili e sempre interessanti riflessioni, che condivido pienamente. Anche perché troppo spesso ci si dimentica che la nostra amata disciplina, che chiamiamo “protezione dati personali” avrebbe in realtà una dizione diversa, che è “protezione delle persone fisiche con riferimento ai trattamenti di dati personali”. Troppo lunga, ma appropriata perché il focus è sulla tutela e rispetto della persona, e sulla fiducia, non sul dato di per sè… questo è il vero obiettivo del GDPR. La nostra Autorità di Controllo è stata sempre illuminata e un passo avanti, ora il contesto europeo impone logiche di coerenza e cautela che purtroppo non sono più idonee, forse, a contenere in modo equilibrato la datificazione della società e la valorizzazione del dato personale. Servono riflessioni critiche e quindi ben venga ogni confronto, per una cultura che possa svilupparsi e tenere il passo, secondo i principi sostanziali. Con della buona politica, perché no? Grazie davvero, e Buon Ferragosto a tutti!
C’era una startup, si chiamava Cambridge Analitica. I dati raccolti, addestrarono algoritmi che finirono ad una Giant Tech, si chiamava, allora, Facebook. Un tema affine è in dibattito sull’AI, forse servono categorie differenti per soggetti di dimensioni diverse. Con i dati dei suoi 10mila utenti, magari una startup spicca il volo, la stessa capacità a chi possiede l’attenzione potenziale di 3BLN of users. Forse va regolata diversamente ed è magari anche utile il paternalismo verso la sig.ra Maria che non capisce bene perchè gli stiano dicendo che George Washington è risorto per combattere.
Molto interessante il suo punto di vista. Aggiungo un dettaglio: se la politica consentisse un più ampio utilizzo dei dati personali per creare conoscenza (attraverso la ricerca) e ricchezza (attraverso le imprese), gli interessati-cittadini dovrebbero averne un ritorno. A tal fine, l'utilizzo dei dati dovrebbe essere soggetto a tassazione, a un livello crescente con lo sviluppo dell'economia dai dati. In un simile scenario, la sfida sarà l'individuazione del meccanismo più appropriato per un'equa applicazione di una tassa ad un asset immateriale e sfuggente come i dati.
"Una decisione che – interpretando in senso massimalista il principio di limitazione della conservazione temporale contenuto nel Gdpr – impedisca di conservare i dati a tempo indeterminato per fare pubblicità personalizzata, sebbene l’interessato abbia dato il suo consenso..., è criticabile giuridicamente e politicamente. Una sentenza che vieti a un museo di usare sensori smart... per censire statisticamente i tipi di visitatori ed elaborare preziose informazioni sul passaggio e l’osservazione delle opere d’arte esposte, è discutibile nel XXI secolo. Una start up che – per una regolazione troppo preclusiva e prevenuta – debba chiudere i battenti o comunque rinunciare a volare (di nuovo, metaforicamente) nello “spazio aereo europeo”, solo perché processa dati sostanzialmente anonimi ma astrattamente (con mezzi irragionevoli e sproporzionati) reidentificabili, può irritare gli innovatori. L’impedimento regolatorio alla ricerca clinica per il riutilizzo secondario di dati sanitari frutto di prestazioni pregresse, appositamente “trasformati” per non essere ragionevolmente ricondotti ai pazienti originari, sconcerta se finisce per rallentare o fermare il progresso scientifico in ambito medico, biomedico ed epidemiologico."
e allora bisogna affrontare l’elefante nella stanza: finché non sarà riconosciuto il valore (economico) del dato per gli interessati, sarà dura fare in modo che percepiscano l’importanza della privacy. Il paternalismo abbassa la diligenza richiesta agli interessati e quindi non aiuta a comprendere il valore dei propri dati.
Interessante editoriale Avv. Bolognini. Tuttavia, a parer mio, il processo di politicizzazione della privacy è già iniziato da tempo, ma temo che non sia da solo (o anche a braccetto con altri processi, v. "data monetization" & Co.) ancora sufficiente a fornire alla privacy una dimensione realmente democratica e a sensibilizzare pienamente ed effettivamente le persone in merito al valore dei propri dati personali.
Provocazione necessaria, tanto più che non vedo nello scenario attuale un sistema economico e democratico che abbia anticorpi adatti per difendersi dai nuovi market-makers. Le class action potrebbero costituire uno di questi strumenti di difesa dell'interessato ma forse, per il paternalismo del nostro legislatore, è un fenomeno che non decolla...
Molto interessante e assolutamente condivisibile. In effetti, spesso si ammantano del bollino della privacy decisioni che in realtà attengono al dominio dell’antitrust
Data Protection, Tech & IP Lawyer | PedersoliGattai | PhD, LLM | CIPP/E
1yAl solito molto interessanti le tue riflessioni, Luca. Le ho lette con interesse e dissento su alcuni passaggi. Le “clausole contrattuali” che citi non regolano il rapporto tra Alfa e Beta, ma tra monopolisti tecnologici e (tendenzialmente) analfabeti digitali. Il business delle piattaforme non è certamente la fornitura dei servizi agli utenti ma, come ben sappiamo, il mercato dei comportamenti futuri, con tutti i corollari in tema di estremismo, disinformazione, manipolazione, sorveglianza. Per cui, in questo momento storico, un certo grado di paternalismo (poco liberale, lo riconosco) è secondo me giustificato. Poi certo, è opportuno un approccio gradato rispetto a realtà più contentute, penso alle acrobazie per le PMI nel post-Schrems II, oppure a certe posizioni molto rigide del Garante in tema di anonimizzazione e ricerca scientifica. Sono peró due livelli profondamente differenti.