🍒🍒 TEMPI STRANI

🍒🍒 TEMPI STRANI

Se solo abbiamo la forza d'animo di guardare con sincerità dentro noi stessi e, con coraggio, oltre noi stessi, al di fuori di noi, sappiamo perfettamente di vivere tempi strani, assurdi, costantemente sull’orlo del caos, sempre in bilico, dentro “zone critiche*” delle quali sappiamo poco o non vogliamo sapere nulla.

In questi tempi strani siamo sempre più estraniati da noi stessi e dalla realtà che ci circonda. Ne vantiamo e raccontiamo il suo (auto)controllo ma in realtà sappiamo noi stessi che è una bugia bastarda a cui ricorriamo per poterci dire di essere felici, sereni e contenti anche se e quando non lo siamo.

I tempi sono strani perché sono critici, nonostante le tante intelligenze artificiali che vengono in nostro aiuto e che usiamo come strumenti sostitutivi, lenitivi e salvifici, per semplificare l’accesso a soluzioni che in realtà raramente ci danno le risposte di cui abbiamo realmente bisogno, che più spesso ci impediscono di pensare, investigare e cercare. Soluzioni troppo banali e semplici per una realtà sempre più complessa, autopoietica e mai facilmente omologabile, ad entropia crescente, in equilibrio instabile, in costante metamorfosi e cambiamento.

La semplificazione (spesso binaria) a cui ricorriamo e ci adeguiamo non ci aiuta ad affrontare la complessità e le interdipendenze delle situazioni, degli eventi, dei processi, delle relazioni sociali e dei fenomeni.  Servirebbero approcci non binari, riflessivi, integrati (ha ancora senso separare res cogitans e res extensa, soggetto e oggetto, cultura e natura, esseri viventi e non viventi, uomini e macchine?), approcci interdisciplinari e transdisciplinari. Approcci necessari per migliorare la nostra capacità di affrontare le tante crisi che caratterizzano la realtà attuale, in modo da aiutarci a maturare abilità evenemenziali predittive (previsionali) sui cambiamenti e sulle tendenze emergenti in atto. Percepiamo di avere bisogno di approcci nuovi, che i modelli (mentali, cognitivi, culturali, politici, economici, ecc.) a cui siamo soggiogati non funzionano, ma abbiamo la mente offuscata, lo spirito sofferente, la memoria frammentata, la volontà malata, il corpo impigrito, le dita agili, ma sempre incollate a uno schermo, che le rende fragili, protesi non più umane al servizio di macchine sempre più “intelligenti” e potenti. In una parola invece di cambiare, ci adeguiamo!

Ormai prigionieri della cosiddetta infosfera, sempre più usurata, piena di detriti e “data trash”, non ci curiamo di essere complici delle tecno-narrazioni conformiste, progressiste e soluzioniste dominanti, ci sentiamo (narcisi) smarriti, abbiamo smesso di occuparci del nostro e dell’altrui destino, come singoli individui e come specie, non troviamo il tempo per interrogarci esistenzialmente (e non solo) su noi stessi e sul nostro posto nel mondo. Un mondo sconvolto dalla globalizzazione, dalla geopolitica e dalla guerra, fenomeni reali che hanno mutato per sempre la realtà del nostro mondo occidentale e stanno determinando il suo futuro. Un futuro percepito da moltitudini di persone sempre più come incerto, critico, forse persino distopico, sicuramente non facile per i più e foriero di sventure prossime venture per tutti, anche per i più fortunati.

We are walking in the dark

Lo smarrimento è grande, procediamo a casaccio, alla cieca (we are walking in the dark, back to black), a tentoni, incapaci di trovare l’interruttore per la luce o il fiammifero per la candela. Non sappiamo porci le domande che servono per provare a trovare le risposte necessarie ad affrontare le crisi che si susseguono. Crisi ormai diventate un habitat più che un problema, che non si possono affrontare con tecniche obsolete di problem solving, neppure con l’aiuto di un maggiordomo compiacente e servente come ChatGPT, ma ci (ri)chiamano con urgenza a confrontarci con la complessità sistemica, con le interrelazioni che la caratterizzano e le sue criticità, con il fatto che, in un’epoca soluzionista e computazionale, le soluzioni fanno parte del problema, creano altra complessità e obbligano a costanti adattamenti e metamorfosi a cui non siamo e non saremo mai preparati.

Dentro i tempi strani che stiamo attraversando allegramente, avendo trasferito la nostra residenza su piattaforme nelle quali tutti siamo uguali e stereotipati, clichè di noi stessi e di altri, privi di consapevolezza e pensiero critico, dotati di scarsa responsabilità, ci ritroviamo da Moderni illusi a teorizzare scenari futuri luminosi che mai troveranno la luce, a immaginare future cyb(org)er-trasformazioni e reincarnazioni mentre avremmo bisogno di metamorfosi capaci di indurre liberazione e resurrezione.

Una riflessione critica è necessaria

Sostenitore da anni della necessità di una riflessione critica sulla tecnologia, capace di indurre pensiero critico sugli effetti e sulle conseguenze di una rivoluzione che ha travolto tutti, in un momento di crescente disincanto e disillusione e al tempo stesso di resa alle intelligenze artificiali generative, credo che la riflessione andrebbe allargata alla realtà tutta, tante sono le situazioni critiche determinate da effetti e conseguenze non previsti. Si pensi al riscaldamento della Terra, alla crisi ecologica e ambientale, al disfacimento della politica e alla sua sottomissione ai potentati tecnologici di turno, alla guerra, alla scarsità di risorse e di energia, all’insostenibilità dell’estrattivsmo e alla pesantezza materiale delle infrastrutture tecnologiche, alla fede cieca nell’inevitabilità del progresso tecnologico (non capirò mai come si faccia a chiamare progresso lo sviluppo di droni capaci di stanare soldati ucraini da un bosco, dopo averlo ricoperto di termite-napalm e incendiato con la loro autodistruzione), ecc..

Tra tutti gli effetti quello più denso di conseguenze è la sparizione del pensiero. Il fenomeno interessa moltitudini di persone, molte delle quali acculturate e istruite, ormai incapaci di separare informazione da conoscenza, di praticare la fatica di pensare (di pensare da soli direbbe Francesco Varanini), di elaborare pensiero, creando le condizioni per la sua emergenza e articolazione in linguaggio mentale, scritto, vocale.

La riflessione critica è tanto più necessaria quanto più grande è stato l’abbaglio di cui siamo stati tutti vittime, a causa di decenni celebrativi del progresso tecno-capitalistico e oligopolistico attuale che, nella realtà dei fatti, si è tradotto in povertà e disuguaglianze diffuse, in tossicità ambientale, in perdita di lavoro o in lavori precari (la tanto decantata GIG economy o economia delle piattaforme), in crisi della democrazia e insorgenza delle democrature autocratiche in tutto il mondo, ma anche in “implosioni cognitive, culturali, psicopatologiche” importanti e diffuse.  

Nel clima conformistico e omologato presente, chi auspica un ritorno al pensiero critico, rischia oggi di sentirsi spaesato e antiquato, superato nei fatti da persone vicine e lontane che hanno sposato la causa della tecnologia come l’unica oggi possibile per la costruzione di nuovi e luminosi futuri. In realtà molti di questi futuri stanno anticipando tempi di desertificazione umana crescente e spazi virtualizzati diffusi, percepiti come vitali anche se aridi, pieni di oggetti (soggetti) ma non reali, senza corpo.

Ribellarsi al conformismo e alle narrazioni dominanti

Anche se, come ha scritto Byung Chul-Han in un suo libro, oggi non è più possibile alcuna rivoluzione, ribellarsi al conformismo e alle narrazioni dominanti della tecno-sfera e dei suoi sacerdoti è l’unico modo per svelare come inadeguata la pretesa dell’uomo moderno di costruire progetti di progresso che sono destinati al fallimento.

Nei tempi strani che stiamo attraversando la crisi interessa anche la fede nel progresso e nei suoi protagonisti. È una crisi innanzitutto etica ed epistemica: suggerisce di impegnarsi in progetti di emancipazione individuali e sociali, obbliga all’abbandono dell’individualismo e alla riscoperta del solidarismo e della collettività, alla rinuncia dell’egoismo per abbracciare la cura, alla critica della servitù e della sottomissione volontarie che caratterizza molte delle relazioni uomo-macchina odierne, riguarda la verità e la conoscenza, implica un ritorno alla politica e alla pratica esperienziale della cittadinanza attiva, induce sogni di trasformazione della realtà dal basso, realizzabile contribuendo a bloccare il declino culturale che è sotto gli occhi di tutti e che colpisce ormai moltitudini di persone, malate di sonnanbulismo e consumismo, subalterne a ogni meraviglia tecnologica.

Ribellarsi nei tempi strani che viviamo non è cosa facile. Siamo ormai immersi dentro una realtà nella quale non esiste più verità, facciamo fatica a credere alle cose che vediamo, sentiamo, o leggiamo, e per questo finiamo per credere che le cose false siano vere e che quelle vere siano false. L’effetto è una notte buia e senza stelle, tempestosa, nella quale tutte le mucche sono nere, tutti i cigni sono bianchi e nessuno crede che ne esistano di neri.

Incertezza, amnesia, indifferenza, disimpegno, distorsioni cognitive, ansia, rabbia, sofferenza sono altri effetti non secondari che derivano dal nostro essere diventati ciechi, strabici, miopi, soggiogati, servi. Servirebbe una riflessione nuova sugli effetti e sui rischi di ogni novità, evento o realtà, sarebbe necessario coltivare conoscenza e saperi, diventa sempre più urgente una assunzione di responsabilità, anche a rischio della impopolarità a cui si è relegati se non si è omologati al pensiero ma soprattutto alle pratiche dominanti. L’uso del condizionale non è casuale. Siamo di fronte a una implosione che può essere evitata solo se a impegnarsi per un cambiamento reale non sono soltanto piccole schiere di intellettuali e studiosi, ma moltitudini di persone, capaci di trovare tra loro forme di condivisione e collaborazione utili a dare forma a una nuova visione del mondo e del futuro.

E voi cosa ne pensate? Sono le riflessioni qui condivise frutto di una visione pessimistica o realistica? Quanto è utile confrontarsi su queste tematiche mettendo a confronto visioni, percezioni e approcci diversi?

 



*Questo testo ha preso spunto dalla lettura del libro di Marco Pacini: Zona Critica.

Stefano Luca Patania

PCC Health & Executive Coach, Licensed NLP Coach, Local Ambassador Toscana ICF, Co-creativity Design, Vision & Values Adviser, Cultural Transformation, Innovation Manager

3mo

Sono generalmente in linea con l'analisi percettiva di "stranezza". Considerare compagno di percorso l'IA lo trovo prematuro ed esplorativo anziché "lenitivo". Dal mio punto di vista l'IA e tutto il ciarpame dei Data Based Systems è parte del sistema massmediatico: funzione del sistema e non della persona. Dissento anche sul non poter fare una "rivoluzione". Semplicemente si può fare diversamente. In qualche modo hai già toccato in diversi punti la soluzione. La rivoluzione più devastante e potente è quella epistemologica, ontologica ed interiore. Il pensiero critico UMANISTICO è già rivoluzionario se è radicale e si oppone al facile utilitarismo della "autorità anonima" del sistema sociale. Sostenibilità, Inclusione, Appropriatezza, Diversità sono le attuali trappole linguistiche che tendono ad omologare e condensare il pensiero unico verso un "Bene", che è solo quello dell'eggregora dell'attuale consesso sociale, che è la sommatoria vettoriale delle sue singole componenti energetiche, più o meno consapevoli. "siamo sempre più estraniati da noi stessi e dalla realtà che ci circonda" Si chiama ALIENAZIONE Basta invertire il processo e recuperare REALTA' E SENSO DI SE'. Etica Umanistica Oggettiva (Fromm)

tempi strani per noi, qui, oggi. Complessivamente, quanti saranno stati i tempi "non strani" nella storia ?

Concordo!. pienamente !!

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