È uno degli ultimi volti entrati in Hanami ed è già un pilastro. Oggi ti presentiamo Rachele, Communication Designer. • Conferma la credenza secondo cui "anche gli occhi vogliono la sua parte": i suoi progetti sono estetici, funzionali, fortemente identitari. • Veicolare messaggi con le immagini? Lei ci riesce, con incredibile naturalezza. • Abbina talento a competenza e formazione costante. • Potrebbe essere scritturata per le pubblicità di shampoo: i suoi capelli sono belli da far invidia. Continua a seguirci per scoprire il resto del nostro team!
Post di Hanami Marketing
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Su questo celebre annuncio di Jesus Jeans del 1970, Pasolini aveva scritto che le intenzioni dei pubblicitari, Pirella copywriter e Toscani fotografo, erano "nobili" (dal suo punto di vista di intellettuale comunista): "depotenzia le istituzioni sacre". Ma Pasolini non era un pubblicitario, e ragionava sulla pubblicità come se fosse letteratura o cinema, un testo culturale anziché commerciale. Un pubblicitario invece potrebbe anche supporre che le intenzioni non fossero per nulla "nobili", cioè che si trattava solo di vendere un prodotto mercificando il corpo femminile - letteralmente riducendolo solo a un deretano - e di autopromuovere se stessi (soprattutto nel caso di Toscani). E supporre che Pirella, con furbizia e cinismo, ci avesse appiccicato sopra questo titolo sibillino, "Chi mi ama mi segua.", proprio allo scopo di proteggere la campagna da questa accusa, di spostare il dibattito altrove, di mascherare con un gioco di prestigio verbale il maschilismo da femminismo, il sistema da antisistema (chissà, nel caso, la sua soddisfazione quando Pasolini abboccò). Ma queste sono appunto supposizioni. È un'interpretazione opposta a quella di Pasolini, ma valida come la sua. Questo annuncio appoggiava le istanze di libertà femminile, o se ne faceva beffe? Quante persone nel 1970 hanno visto in questo deretano un coraggioso simbolo progressista, e quante invece un rassicurante simbolo reazionario? Più in generale, dietro il purpose marketing c'è sincerità o calcolo? Nessuno può stabilirlo con certezza, ed è ciò che lo rende così potente e ambiguo. Chiara Ferragni è buona o cattiva? Questo annuncio è bello o brutto? È la stessa domanda. E "la risposta è dentro di te, ma è sbagliata", mi verrebbe da concludere citando la famosa battuta di Corrado Guzzanti.
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Ieri è iniziato il #SaloneDelMobile e a Milano è venuto a trovarci addirittura il sole. Da più di 20 anni ci occupiamo di #traduzioni e una delle parti che preferiamo di questa professione è incontrare le persone in fiera. Paola Caminiti, Luca Monfardini, Laura Legnani e Chiara Balletti saranno in questi giorni al Salone e non vedono l’ora di conoscerti. Insieme potremmo lavorare su: ➡ 𝐓𝐫𝐚𝐝𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐦𝐚𝐫𝐤𝐞𝐭𝐢𝐧𝐠: dai comunicati stampa ai siti web, dai social media al materiale corporate. ➡ 𝐓𝐫𝐚𝐝𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐭𝐞𝐜𝐧𝐢𝐜𝐡𝐞: brochure, manuali tecnici, cataloghi e schede di sicurezza. ➡ 𝐓𝐫𝐚𝐝𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐚𝐥𝐢/𝐟𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚𝐫𝐢𝐞: dalle questioni finanziarie ai documenti legali, traduciamo bilanci, contratti, atti, ecc. ➡ 𝐒𝐨𝐭𝐭𝐨𝐭𝐢𝐭𝐨𝐥𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨: dalla trascrizione dei dialoghi alla traduzione e sincronizzazione. Ci vediamo al Salone!
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Ci dice ancora qualcosa un’immagine come quella di Donatella Versace apparsa sostanzialmente irriconoscibile ad un “prima“ qualche giorno fa? Premesso che ognuno di noi è liberissimo di fare ciò che vuole anche del proprio aspetto e di cambiare non solo il look, ma anche i connotati ogni volta che lo desideri, è ancora lecito porsi qualche domanda su quelle che appaiono vere e proprie derive oppure dobbiamo rassegnarci alla fine di ogni canone estetico, al normale fluire del tempo, al fare i conti con le diverse bellezze e mutate eleganze delle diverse fasi della vita? Il punto non è ovviamente Donatella Versace, che ha sempre fatto amplissimo uso del bisturi e di look volutamente eccessivi e stravaganti per costruire il suo personaggio. Bravissima lei e infatti stiamo qui a parlarne, partendo dall’ultima “trasformazione”. Nel suo caso, comunque, siamo in una dimensione parallela, in un mondo che ha pochissimo a che fare con il nostro. Il problema è che questi canoni, questo mito distorto dalla bellezza eterna - beninteso, con delle riprese in campo lungo, filtri di cui parleremo fra poco e accorgimenti vari- fanno subdolamente danni sin dall’adolescenza. Cosa volete che ci importi di Donatella Versace o di qualche altro Vip ormai distrutto dalla chirurgia, di attori e attrici che non riescono più a recitare sformati da un eccesso che si tramuta in accanimento? Vogliamo piuttosto pensare ai ragazzini, ai nostri figli, al loro essere bombardati da un meccanismo perverso che indica perfezioni impossibili, bolla normali caratteristiche e lo scorrere del tempo come difetti insopportabili. Se persino TikTok è stato costretto a mettere al bando alcuni filtri, vuol dire che la china intrapresa è estremamente pericolosa. Sappiamo tutti che sono molto più gli adulti a esagerare dei ragazzi, anche per il banale motivo che siamo noi a dover fare i conti con i segni del tempo. Resta il fatto che nella gran parte dei casi, un uomo o una donna sanno mantenere un equilibrio, giocano con se stessi entro certi limiti e tutto sommato riescono a far pace con padre tempo. Non sempre, ma spesso. Una ragazzina e un ragazzino guardano tutto questo e cosa dovrebbero mai pensare? Il ricorso sempre più anticipato alla chirurgia estetica non è una nostra invenzione, è figlio dei tempi e di una moda che non esitiamo a definire sconsiderata. Possiamo sostenere che gli attori e i Vip di cui abbiamo parlato non abbiano un’influenza sulle mode e le passioni dei più giovani, ma sarebbe una professione di ingenuità un filo eccessiva... Così come questo diluvio di balletti e immagini “filtrati“ che ogni giorno milioni di ragazzini guardano… se noi grandi facciamo fatica a conservare un equilibrio, figuriamoci chi è poco più di bambino. Magari potremmo cominciare a ricordare nel quotidiano che non esiste “una” bellezza, “una” sola età per essere affascinanti, eleganti, piacevoli per sé e per gli altri. Magari partiamo da qui, partiamo da noi. La Ragione
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Ci dice ancora qualcosa un’immagine come quella di Donatella Versace apparsa sostanzialmente irriconoscibile ad un “prima“ qualche giorno fa? Recuperate le immagini nel video commento pubblicato ieri sera. Premesso che ognuno di noi è liberissimo di fare ciò che vuole anche del proprio aspetto e di cambiare non solo il look, ma anche i connotati ogni volta che lo desideri, è ancora lecito porsi qualche domanda su quelle che appaiono vere e proprie derive oppure dobbiamo rassegnarci alla fine di ogni canone estetico, al normale fluire del tempo, al fare i conti con le diverse bellezze e mutate eleganze delle diverse fasi della vita? Il punto non è ovviamente Donatella Versace, che ha sempre fatto amplissimo uso del bisturi e di look volutamente eccessivi e stravaganti per costruire il suo personaggio. Bravissima lei e infatti stiamo qui a parlarne, partendo dall’ultima “trasformazione”. Nel suo caso, comunque, siamo in un mondo che ha pochissimo a che fare con il nostro. Il problema è che questi canoni, questo mito distorto dalla bellezza eterna - beninteso, con delle riprese in campo lungo, filtri di cui parleremo fra poco e accorgimenti vari- fanno subdolamente danni sin dall’adolescenza. Cosa volete che ci importi di Donatella Versace o di qualche altro Vip ormai distrutto dalla chirurgia, di attori e attrici che non riescono più a recitare sformati da un eccesso che si tramuta in accanimento? Vogliamo piuttosto pensare ai ragazzini, ai nostri figli, al loro essere bombardati da un meccanismo perverso che indica perfezioni impossibili, bolla normali caratteristiche e lo scorrere del tempo come difetti insopportabili. Se persino TikTok è stato costretto a mettere al bando alcuni filtri, vuol dire che la china intrapresa è estremamente pericolosa. Sappiamo tutti che sono molto più gli adulti a esagerare dei ragazzi, anche per il banale motivo che siamo noi a dover fare i conti con i segni del tempo. Resta il fatto che nella gran parte dei casi, un uomo o una donna sanno mantenere un equilibrio, giocano con se stessi entro certi limiti e tutto sommato riescono a far pace con padre tempo. Non sempre, ma spesso. Una ragazzina e un ragazzino guardano tutto questo e cosa dovrebbero mai pensare? Il ricorso sempre più anticipato alla chirurgia estetica non è una nostra invenzione, è figlio dei tempi e di una moda che non esitiamo a definire sconsiderata. Possiamo sostenere che i Vip di cui abbiamo parlato non abbiano un’influenza sulle mode dei più giovani, ma sarebbe una professione di ingenuità un filo eccessiva... Così come questo diluvio di balletti e immagini “filtrati“ che ogni giorno milioni di ragazzini guardano… se noi grandi facciamo fatica a conservare un equilibrio, figuriamoci chi è poco più di bambino. Magari potremmo cominciare a ricordare nel quotidiano che non esiste “una” bellezza, “una” sola età per essere affascinanti, piacevoli per sé e per gli altri. Magari partiamo da qui, partiamo da noi. di Fulvio Giuliani
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La cravatta: un viaggio attraverso i secoli fino al tuo guardaroba 🎩✨ La prossima volta che annoderai la tua cravatta davanti allo specchio, fermati un attimo e pensa: questo piccolo gesto quotidiano racchiude una storia affascinante, che affonda le sue radici nel XVII secolo, tra i soldati croati. Immagina la scena: coraggiosi militari in uniforme, ciascuno con un fazzoletto legato al collo, non solo per praticità, ma come simbolo di appartenenza e distinzione. Quel semplice accessorio era un marchio d’onore, una dichiarazione di stile e orgoglio che, a loro insaputa, avrebbe gettato le basi per uno degli elementi più raffinati della moda maschile. 🎨 Dai campi di battaglia alle passerelle Quel fazzoletto croato iniziò un viaggio straordinario attraverso i secoli e le culture, trasformandosi in ciò che oggi conosciamo come “cravatta”. Re e aristocratici ne furono affascinati, gli artigiani la perfezionarono, e infine divenne il simbolo universale di eleganza che indossiamo per occasioni speciali… o semplicemente per sentirci al meglio. 🪜 Un accessorio, un simbolo di cultura Ma la cravatta è più di un pezzo di stoffa: è la dimostrazione di come la creatività umana possa trasformare il pratico in qualcosa di iconico, un dettaglio che attraversa il tempo e unisce passato e presente. È il perfetto esempio di come persino un accessorio possa portare con sé una storia di identità, appartenenza e trasformazione. 💬 Chi l’avrebbe mai detto? Ora, la prossima volta che annoderai la tua cravatta, ricorda: stai indossando un pezzo di storia! Qual è la tua cravatta preferita? Condividi nei commenti! Alessandro Marinella cosa ne pensi? Conoscevi questo aneddoto? #StoriaDellaCravatta #CuriositàStoriche #ModaMaschile #Eleganza #Storia #Croazia #Accessori #TradizioneCheVive
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Parliamo un attimo di JACQUEMUS e di quanti conti ormai il saper raccontare le storie nella moda, al netto di un prodotto fatto male, pensato peggio ma comunicato alla perfezione. E questo senza prendere in considerazione quell'enorme macchina che si chiama marketing. Perché Jacquemus nelle sue collezioni ha un solo obiettivo: parlare di sé stesso e di niente altro che non sia lui. E non ha la minima voglia di scendere nei significati, che invece costerebbero uno sforzo maggiore. Secondo i critici, quello che più funziona da Simon Porte è il sistema valoriale solido e un progetto creativo appetibile, entrambi veicolati sapientemente su Instagram. Non metto becco sulla creatività. Sul sistema valoriale invece avrei dei dubbi. Quello che invece oggettivamente funziona da Jacquemus, e che diciamocelo, ha pochi eguali, è la capacità di leggere le istanze del contemporaneo. Mutevoli, contraddittorie, a tratti precarie e soprattutto superficiali. Senza considerare la capacità di riuscire ad incipriare storie che diventano subito chiare a chi però non ha grossi riferimenti culturali. Quella che sembra un'operazione verità, è invece la costruzione di un mondo che non esiste e che non esisterà mai. Jacquemus non ha intenzione di costruire significati e chi compra i suoi prodotti di farsi troppe domande. Forse questo parla di una nuova fase della moda. La differenza la fanno i contenuti.
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SAPRESTI RICONOSCERE UN LOGO FAMOSO? (senza googlare) Buon lunedì, Linkediani! La settimana è iniziata male? Il capo vi ha svegliato alle cinque perché dovete mandare una mail urgentizzima? Il vicino vi ha morso il cane? Niente paura perché con la ginnastica neuronale del Gioco dei Loghi raddrizzerete la settimana grazie a un cervello tonico e reattivo. Ammetto di essere stato molto combattuto sul brand di oggi. Diversi miei contatti che lavorano nell'editoria e nel copy mi hanno chiesto di parlare di case editrici italiane e non. Scartando quelle impossibili da trattare per la complessità livello Super Saiyan dei loghi troppo old style o per la scarsa popolarità ho voluto premiarvi comunque e, sperando di farvi cosa gradita, vi propongo un gigante della letteratura: Bompiani. La storia di Bompiani è datata 1929. Dopo aver diretto addirittura Mondadori, Valentino Bompiani fonda la sua casa editrice a Milano e, come primo libro, inaugura la serie dei "Libri scelti per servire al panorama del nostro tempo" facendo uscire una biografia di don Bosco. Dal 1930 al 1942, Bompiani avvia il proprio Almanacco in pubblicazione annuale su temi di attualità e cultura, fregiandosi di voci quali Cesare Zavattini e il grandissimo Bruno Munari nel proprio comitato editoriale. La narrativa, però, diventa presto il cuore della casa editrice che pubblica autori come appunto Zavattini ma anche Leonardo Sciascia, Ennio Flaiano, Umberto Eco e Alberto Moravia il quale, con L'imbroglio nel 1937, inizia un sodalizio artistico che proietta Bompiani su livelli di eccellenza assoluta sul panorama italiano. Tuttavia, alcune scelte di Valentino Bompiani sugli autori da pubblicare, oggi, sembrerebbero discutibili. Egli ha dato voce alle ideologie più diverse - una in particolare - senza per questo fare mai propaganda, spiegando che, per lui, non era possibile "apprezzare il bianco senza conoscere il nero". Sapete a quale mi riferisco? Ed eccoci al Gioco dei Loghi. In allegato ci sono tre versioni del logo Bompiani ma solo una è quella corretta. Sapete dirmi quale? Stasera darò la soluzione e svelerò l'aneddoto del libro contestato nei commenti qui sotto. Sotto a chi gioca! #DaniloSpanu #DSbrANDdesign #ilgiocodeiloghi #brandizziamoci
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Saggistica La selezione del New York Times non trascura il settore della saggistica, offrendo una panoramica su opere che affrontano temi di grande attualità e rilevanza sociale. Selling Sexy di Lauren Sherman e Chantal Fernandez Questo saggio offre un’analisi approfondita e illuminante dell’ascesa e della caduta di Victoria’s Secret, uno dei brand più iconici e controversi nel mondo della moda e del marketing. Le autrici Lauren Sherman e Chantal Fernandez, esperte di moda e cultura, esplorano come il marchio abbia influenzato la percezione della bellezza femminile e come il suo declino rifletta i profondi cambiamenti nella società e nel mercato. Selling Sexy offre uno sguardo penetrante sulle dinamiche di potere nell’industria della moda, sul ruolo dei media nella costruzione degli ideali di bellezza e sulle sfide che le aziende devono affrontare in un’epoca di crescente consapevolezza sociale e ambientale.
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Un completo con un occhio celeste ben in vista. E subito riconoscibile. • sarà stata la bimba a volerlo? • sarà stata la mamma a prenderlo? • sarà forse stato un regalo? Comunque sia, quel completo con quell’occhio rappresenta qualcosa che va oltre l’oggetto fisico in sè. E lo fa per tutti i soggetti coinvolti, anche se ognuno di loro porrà attenzione a elementi diversi. Il punto è che la #Marca (e anche in questo caso è una Marca) è capace di raccogliere insieme e con continuità i diversi elementi ai quali le diverse persone danno attenzione e rilevanza, creando una sola rete di #significati, #messaggi, #percezioni, simboli, elementi di riconoscimento. A monte, quindi, serve la volontà e l’impegno dell’azienda di intendersi come Marca e lavorare con coerenza su questi elementi. Poi, per carità, sappiamo anche che le Marche giocano la loro partita nel contesto della quotidianità sempre più competitivo, con tanti elementi in campo, social media, comunicazione, scelte strategiche da fare, a volte sbagliando. Per esempio, per questa specifica Marca, è recente la notizia dell’iconico negozio di Milano pronto a chiudere le porte. Un evento che ci ricorda quanto il mercato sia in continua evoluzione e come anche i brand più riconoscibili debbano affrontare sfide impreviste. Per molti oggi quell’occhio lì significa altro. Ma questa è un’altra storia. • • • #realbranding #chiaraferragni #strategiedimercato ͠ ☕️ Ti fermi a fare due chiacchiere? Qui parliamo di #Branding e di #strategie curiosando su cosa accade intorno a noi per capire meglio come questa affascinante materia, che è appunto il Branding, circonda le nostre vite e ci influenza tanto nel quotidiano quanto nel medio-lungo periodo.
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