⚖ | Interpretazione delle Clausole Contrattuali: Giudice di Merito e Corte di Cassazione 🖋 La Corte Suprema di Cassazione, con l'Ordinanza n. 16522 del 13 giugno 2024, ha chiarito i limiti dell'intervento della Cassazione nell'interpretazione delle clausole contrattuali. 👉 L'interpretazione delle clausole è un compito esclusivo del giudice di merito e non può essere sindacata in Cassazione, a meno che non vi siano violazioni dei canoni legali di ermeneutica o mancanza di motivazione congrua. ✳ Compiti del Giudice di Merito nell'Interpretazione Contrattuale Il giudice di merito ha il compito esclusivo di interpretare le clausole contrattuali. Questa interpretazione è insindacabile dalla Cassazione se rispetta i canoni legali di ermeneutica ed è supportata da una motivazione congrua. La Cassazione può intervenire solo per verificare l'uso corretto dei criteri ermeneutici e la presenza di eventuali vizi del ragionamento o errori di diritto. ✳ Censura in Cassazione: Requisiti e Onere della Prova Per proporre una censura in Cassazione, la parte ricorrente deve specificare i canoni ermeneutici concretamente violati e indicare esattamente il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia discostato dagli stessi. Non basta richiamare genericamente gli articoli 1362 e seguenti del codice civile; è necessario dettagliare l'errore di diritto o il vizio di ragionamento. 💡 Per ulteriori approfondimenti, nel primo commento il link al sito JuraNews con sentenza integrale
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Condivido il mio ultimo contributo per IusLetter, la rivista editoriale di La Scala Società tra Avvocati in ordine alla sopravvenuta caducazione del titolo. 💡 La recente ordinanza della Suprema Corte fornisce un chiarimento in ordine ai poteri d'ufficio riservati al Giudice di merito nell'ipotesi in cui il titolo giudiziale azionato sia caducato. 🔎 La Corte ha, infatti, stabilito che la caducazione del titolo costituisce un evento rilevabile d’ufficio tanto dal Giudice dell’Esecuzione quanto dal Giudice dell’opposizione, in virtù dello stretto collegamento funzionale esistente tra procedura esecutiva e giudizio di opposizione. Nel caso in esame, la sopravvenuta caducazione del titolo ha consentito al Giudice d’Appello di rilevare d’ufficio una violazione del principio di immanenza del titolo esecutivo che, come noto, costituisce la necessaria ed imprescindibile condizione dell’azione esecutiva. Buona lettura! 📚 ⚖ #caducazionedeltitolo #proceduracivile #rilevabilitadufficio #giudicedimerito
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Osservatorio di diritto civile Con la sentenza del 10 aprile 2024 n. 9611, le Sezioni Unite della Cassazione, pronunciandosi su una questione di particolare importanza relativa al procedimento ex art. 380-bis c.p.c. come modificato da ultimo dal d.lgs. 149 del 2022, hanno stabilito il seguente principio di diritto: “nel procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come disciplinato dal d.lgs. n. 149 del 2022, il presidente della sezione o il consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4 e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa”. Con riferimento alla partecipazione del proponente ex art. 380-bis c.p.c. al collegio che definisce il giudizio, la Suprema Corte ha osservato che detta partecipazione - che non contrasta affatto con il principio del giusto processo (specie, con il principio di imparzialità e terzietà del giudice) - può contribuire sia ad un migliore rendimento dell’attività giurisdizionale sia ad una maggiore celerità della decisione e della qualità dell’accertamento su cui la stessa pronuncia deve poggiare. Roberto Panetta Rachele Piraino Adele Gallo #processocivile #decisioneaccelerata #380bis
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⚖️ Il principio di irretroattività e la nozione di atto processuale nel diritto intertemporale ✅ 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑠𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 - Sentenza n. 41249 dell'11 novembre 2024 🖋 Con la sentenza n. 41249, secondo la Corte di Cassazione il principio di irretroattività della legge, sancito dall'art. 11 delle disposizioni preliminari del codice civile, stabilisce che le leggi non abbiano effetto retroattivo, ma solo per il futuro. Questo principio si applica anche al diritto processuale, con il brocardo "tempus regit actum", che implica che la legge in vigore al momento dell'atto processuale regola quel determinato atto, anche se il processo è in corso. La corretta applicazione di questo principio richiede di isolare l'atto specifico e di considerarlo autonomo dagli altri atti del processo, evitando di considerare l'intero processo come un unico insieme da regolare con la legge vigente all'inizio. La tipologia degli atti processuali deve essere distinta: alcuni sono istantanei e conclusivi, altri richiedono una preparazione o un'integrazione successiva. Pertanto, l'applicazione del principio intertemporale dipende dalla natura specifica dell'atto e dalle sue "dimensioni temporali", con l'obiettivo di determinare quale regime normativo applicare (vecchio o nuovo) in base al contesto e alla sequenza degli atti processuali. 💡 https://lnkd.in/e2ek5MsW
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Osservatorio di diritto civile. Con sentenza n. 5792 del 5 marzo 2024, le Sezioni Unite della Cassazione, in merito al c.d. “travisamento della prova”, hanno affermato che: «Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale». Il suddetto principio di diritto – che rappresenta il risultato della sintesi tra l’orientamento tradizionale, il quale negherebbe sempre la possibilità di presentare ricorsi in Cassazione basati sul travisamento della prova, e la tesi caldeggiata dall’ordinanza n. 11111 del 2023, secondo cui la ricorribilità per Cassazione in caso di travisamento della prova garantirebbe il principio di effettività della tutela giurisdizionale – distingue tra il travisamento del fatto, riconducibile all’applicazione del rimedio della revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c., e il travisamento della prova, che ricorre quando l’errore si colloca sul versante percettivo (dunque, non valutativo), relativo al contenuto oggettivo della prova e il cui rimedio giudiziale è rappresentato dal ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 115 c.p.c., nella sola misura in cui sussistano tutte le condizioni necessarie e «con la finale precisazione che un simile errore, che si è detto essere commissivo, è pur sempre omissivo dall’angolo visuale del risultato che determina nel giudizio». Roberto Panetta Rachele Piraino #travisamentodellaprova #giudiziocivile #revocazione #ricorsopercassazione
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La redazione di De Iustitia segnala il breve commento alla sentenza della Corte di Cassazione civile sez. III ud. 16 novembre 2023 (dep. 3 aprile 2024), n. 8832 a cura del Prof. c. Filippo Marco Maria Bisanti, membro del comitato editoriale. Abstract L’accertamento della volontà contrattuale in relazione al contenuto di un negozio, in ossequio all’art. 1362 c.c., si traduce in un’indagine di fatto, demandata all’apprezzamento del giudice di merito, che non è sindacabile in sede di legittimità se condotta secondo le norme di ermeneutica dettate dalla legge e se l’interpretazione adottata sia giustificata da motivazione adeguata ed immune da vizi; tali principi non autorizzano il giudice di merito che, nell’indagine volta ad accertare la comune intenzione delle parti, reputi sufficiente limitarsi al senso letterale delle parole, a leggere parzialmente il testo della clausola da interpretare. Va quindi escluso che il giudice possa compiere una lettura parziale dell’intero contratto, omettendone talune sue parti, perché il “senso letterale delle parole” può essere apprezzato solo prendendo in esame le pattuizioni nella loro interezza, giacché solo una lettura completa è il presupposto di una corretta comprensione del significato letterale della convenzione e, suo tramite, della comune intenzione delle parti. https://lnkd.in/dqQ2vZ99
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Cassazione civile - riforma cartabia " Il giudice sostituisce l'udienza fissata per la decisione della causa con il deposito di note scritte contenenti sole istanze e conclusioni, ma nessuna delle parti provvede entro il termine. Il magistrato trattiene la causa in decisione, invece di assegnare un nuovo termine perentorio o di fissare un'udienza in presenza. Infrange così l'art. 127 ter quarto comma cpc: il potere del giudice di pronunciare nel merito presuppone che sia la parte a sollecitarne l'esercizio secondo il principio generale di cui all'art. 99 cpc". È quanto emerge da un'ordinanza pubblicata il 27 giugno dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione. Scopri il servizio giuridico Cassazione 4.0 pensato per l'avvocato civilista. Adesso arricchito con la sintesi delle sentenze di merito, per avere l'analisi della pronuncia, e con il collegamento alle sentenze di Cassazione richiamate dal giudice. Attiva una demo e provalo senza impegno per 30 gg: https://lnkd.in/dS_ejs4d
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⚖️ Giudizio di cassazione: natura a critica vincolata e requisiti di tassatività e specificità dei motivi di ricorso ✅ 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑠𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 - Sentenza n. 30709 del 29 novembre 2024 🖋 Con la sentenza n. 30709, la Corte di Cassazione ha ribadito che il giudizio dinanzi ad essa è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, nel quale il singolo motivo assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore. La tassatività e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito. 💡 https://lnkd.in/ew-8h2s6
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EDITORIALE FORMALITÀ, FORMALISMO ED EFFICIENZA DELLA GIUSTIZIA, SPUNTI A MARGINE DEL “CASO PATRICOLO”: PROPORZIONALITÀ E PROCESSO Nell’Editoriale di Rivista Telematica di Diritto Tributario, Alberto Marcheselli coglie lo spunto offerto dalla recente sentenza del 23 maggio 2024 della CEDU (Patricolo vs Italia) per svolgere alcune riflessioni in merito a formalità, formalismo ed efficienza della giustizia. #editoriale #formalità #formalismogiudiziario #efficienza #giustizia #processo #cedu #rivistadirittotributario
Editoriale - Formalità, formalismo ed efficienza della giustizia, spunti a margine del “caso Patricolo”: proporzionalità e processo.
https://www.rivistadirittotributario.it
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⚖️ Inammissibilità dell’atto introduttivo e irrilevanza delle considerazioni di merito ai fini dell’impugnazione ✅ 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑠𝑠𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 - Sentenza n. 32092 del 12 dicembre 2024 🖋 Con la sentenza n. 32092, la Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto per cui ogni qual volta che il giudice si sia spogliato della potestas iudicandi statuendo l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, le eventuali ulteriori considerazioni sul merito della controversia costituiscono mere argomentazioni ipotetiche e virtuali, le quali non possono formare oggetto di impugnazione proprio per l’assenza di valenza decisoria, potendosi l’impugnazione stessa appuntare esclusivamente sulla statuizione in rito relativa all’ammissibilità della domanda. 💡 https://lnkd.in/eH-HsPBx
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Nell’elenco normativo dei vizi che consentono il ricorso per cassazione figura al primo posto (art. 606, comma 1, lettera a, cod. proc. pen.) l’esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri, vizio sintetizzato con l’espressione “eccesso di potere giurisdizionale”. Sono poche, comprensibilmente, le occasioni che consentono di argomentare fondatamente un motivo di ricorso impostato su tale eccesso. Sono conseguentemente pochi i casi del genere venuti all’attenzione della Suprema Corte e ancora meno quelli che hanno avuto un esito positivo. Tra questi pochi ce ne è uno davvero fantasioso, così tanto che ai giudici di legittimità sono bastate poche righe per liquidarlo. https://lnkd.in/dfTzcBxq
Quando la fantasia oltrepassa la realtà: un giudice definisce “faccendiere” l’imputato e il difensore ricorre per cassazione per difetto di giurisdizione (di Vincenzo Giglio)
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