DOPO IL VOTO Gli elettori hanno parlato, ora in ballo ci sono le nomine: von der Leyen verso il bis👇 📌 A seguito del #voto europeo si ridisegnano gli equilibri politici dell'Unione: ora vanno rinnovati i vertici di tutte le #istituzioni comunitarie. ✍ Tra rischi scongiurati di "valanghe nere" e nuove prospettive di "maggioranze liquide", i risultati delle #elezionieuropee che si stanno consolidando in queste ore suggeriscono uno scenario di sostanziale continuità. A partire dalla (probabile) riconferma della presidente uscente della Commissione, #UrsulavonderLeyen. ✨ Trovi l'articolo completo di Francesco Bortoletto sul nostro sito: https://lnkd.in/dpqrK9FY
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UN ULTIMATUM CHE COMPLICA GLI EQUILIBRI DELL’EUROPA Vedi anche il sito ilcorriereblog.it Quanto sta accadendo alla Commissione Ue sulle nomine era, purtroppo, prevedibile. Il «no» di Socialisti e Verdi a un esponente dei Conservatori che hanno votato contro i vertici è arrivato puntuale. E complica non solo la scelta del ministro di FDI Raffaele Fitto a numero due esecutivo, come sembra orientata a fare la presidente, Ursula von der Leyen: costringendola a far slittare tutto di una settimana. Rende più difficile anche la «decisione senza pregiudizi» annunciata da un Pd che sembra non escludere il «sì» a Fitto. Non a caso il partito di Elly Schlein fa sapere di non avere posto la questione. In realtà, nell’annuncio di ieri mattina si sente un’eco vistosa dei problemi che alcuni partiti in Germania e Francia hanno sul piano interno; e che riguardano sia il debito di alcuni Paesi, sia il loro tasso di europeismo. Ma si ha anche la conferma di come il voto contrario alla Commissione da parte di Giorgia Meloni e dei Conservatori dell’Ecr sia stato sottovalutato per gli effetti negativi a cascata. Lo stesso articolo del berlinese Die Welt che giorni fa aveva anticipato la notizia su Fitto ora assume contorni più chiari. Cresce il sospetto di un avvertimento alla Commissione a non procedere con quella designazione; del tentativo di bruciarla. Anzi, la sensazione è che il «caso Fitto» possa essere usato come pretesto da una parte del Ppe, e soprattutto da Socialisti, Liberali e Verdi, per chiudere la porta al dialogo con le destre; e per rivendicare quote di potere più corpose nella spartizione delle deleghe. Avvertire che «sarebbe molto difficile, se non impossibile, sostenere i commissari», come fanno i Socialisti, sa di ultimatum. E il sostegno al possibile «no» che esprimono, oltre ai tedeschi, i polacchi del premier del Ppe Donald Tusk, uno dei «grandi elettori» di von der Leyen e nemico giurato delle destre, è indicativo. D’altronde, erano giorni che da Bruxelles rimbalzavano a Roma voci di difficoltà crescenti sugli incarichi. È stata evocata anche stavolta la «sindrome Buttiglione»: il commissario italiano designato dal centrodestra berlusconiano nell’ottobre del 2004. La candidatura del professore cattolico Rocco Buttiglione, fu respinta per le sue posizioni sull’omosessualità ritenute troppo ortodosse. La vicenda è diventata una sorta di caso-limite, riesumato ogni volta che si insedia una nuova Commissione. Ma l’ostilità della maggioranza Socialisti-liberali-verdi ora è contro Palazzo Chigi e i Conservatori; e contro von der Leyen. Non avere votato i vertici della Commissione «per coerenza», come fu detto da FDI, offre agli avversari il pretesto per una ritorsione che creerebbe problemi non solo all’Italia, ma a un’Europa incapace di mediazioni: nonostante la linea cauta del governo sui conti pubblici. Massimo Franco – Corriere della Sera – 11 settembre 2024
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Nonostante "Ursula" Sarà che lo schock non è stato e non poteva essere assorbito in tempi così rapidi, ma è fin troppo evidente che il progetto tecnico e l'idea tecnica dell'Ue sono definitivamente morti e sepolti. A urne ancora non chiuse, e mi riferisco in particolare all'Italia, i dati degli exit pool diffusi per i Paesi - finora egemoni - di Francia e Germania hanno confermato che la crisi del modello Ue fosse, è stata ed è irreversibile. A spoglio delle schede appena intrapreso, la Presidente della Commissione Ursula von Der Leyen ha annunciato che la sua maggioranza aveva retto e che quindi sostanzialmente da oggi nulla sarebbe cambiato. Ma sappiamo tutti che non è così; perché il modello dell'Ue, come validamente e altrettanto efficacemente dimostrato, è un modello che, dal punto di vista della decisione politica, richiede maggioranze unanimi o fortemente qualificate dei capi di stato e di governo che formano l'organo politico della Commissione. A cui il Parlamento fornisce, per così dire, solo un supporto tecnico. E quindi, dati i risultati politici di ieri, sappiamo oggi che in tutta Europa il vento di destra ha soffiato e soffierà nel prossimo futuro probabilmente ancora in maniera forte e decisiva. Così che, quanto alla decisione politica, la tecnica e i numeri attuali del nuovo Parlamento conteranno poco o nulla; tanto che, presumibilmente, potrebbe ora bastare il veto di un paese non egemone e non allineato alla maggioranza "Ursula" per bloccare ogni decisione politica. Considerato anche che l'esito delle elezioni politiche nei 27 paesi UE è oggi capacissimo di ribaltare ogni maggioranza politica contro la maggioranza tecnica dell'"Ursula", che mette insieme necessariamente popolari e socialisti, dal 1979 a oggi. Negli ultimi trent'anni, L'Ue è stato soltanto un fenomeno di mercato che, dal punto di vista politico, si è astenuto dal prendere qualsiasi decisione nel merito affidandosi al potere dei grandi banchieri internazionali. La decisione politica degli Usa di "esportare la democrazia" - e quindi, sostanzialmente, esportare la guerra nei paesi "nemici" (occorrerebbe che tutti rileggessimo Carl Schmitt) - ha avuto l'effetto di reintrodurre due volte la stessa guerra anche in Europa, all'inizio nell'ex Jugoslavia e ora, infine, in Ucraina. La volontà preelettorale di Macron e di Scholz di schierarsi apertamente per un sostegno militare e armato dell'Ue in Ucraina è stata sonoramente sconfitta dall'esito del voto elettorale europeo. Il modello Ue dei banchieri e dell'esportazione della guerra - che una volta era soltanto guerra di confine - ha fallito ed è fallito. Nonostante "Ursula". Angelo Giubileo
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La Ue nella palude Salta l’accordo su Fitto e Ribera. E Ursula ora rischia di Claudio Tito – la Repubblica – 14 novembre 2024 Veti incrociati sulle nomine dei commissari. Sotto accusa l’apertura a Ecr I socialisti: von der Leyen chiarisca sull’alleanza. Il Pd frena. Ira di Meloni BRUXELLES — L’Europa è paralizzata. Salta l’accordo nella ex maggioranza Ursula e il bis di von der Leyen barcolla. Tutto è rinviato alla prossima settimana. Giorni utili per tentare di ricucire uno strappo piuttosto ampio. Nel frattempo il via libera da parte del Parlamento ai sei vicepresidenti designati e al Commissario ungherese Várhelyi è stato bloccato. I nodi sono essenzialmente due: Raffaelle Fitto e la spagnola Teresa Ribera. Il Ppe, infatti, martedì sera ha esposto la candidata socialista di Madrid ad un vero e proprio fuoco di fila nell’audizione e ha poi chiesto di votare su di lei solo dopo che avrà risposto, in qualità di ministro di Spagna, al dibattito nell’Assemblea iberica sull’alluvione di Valencia. Secondo i socialisti, si tratta di uno stratagemma per indebolire lei e provocare la crisi del governo Sanchez. A quel punto, tutto si è inceppato. E il gruppo S&D ha deciso di rispondere con la stessa moneta su Fitto: si esprimerà contro il candidato italiano e anche contro quello ungherese. Uno stallo messicano. Ursula von der Leyen ha provato a correre ai ripari convocando a Palazzo Berlaymont i capigruppo di Ppe, S&D e Renew. Ma non c’è stato niente da fare. Il Pse si sente ricattato dal Ppe sulla possibilità di una nuova maggioranza con i conservatori dell’Ecr in grado di renderli irrilevanti. L’ultimo episodio si è registrato sul provvedimento relativo alla deforestazione, all’esame dell’eurocamera oggi, al quale sono stati presentati emendamenti dalle destre d’intesa con il Ppe. Weber insiste ricordando che nella commissione Regi, quella che valuta Fitto, l’esponente meloniano può contare su una maggioranza insieme alle destre. Condizione che invece non accompagna la socialista Ribera. Si tratta di un braccio di ferro che mette a repentaglio l’esistenza stessa del nuovo esecutivo Ue. Per due motivi. Il primo è che se Ribera e Várhelyi venissero davvero bocciati, il varo della squadra di von der Leyen verrebbe rimandato sine die. I due premier, Orbán e Sanchez, per opposti motivi, prenderebbero tempo per farla pagare alla leader della Commissione. In secondo luogo, quando l’intero collegio si presenterà in aula per la fiducia definitiva, senza S&D e Verdi mancherebbero quasi duecento voti. Se si considera che a luglio von der Leyen è passata con 401 sì e che la maggioranza è di 361 (anche se basterà la maggioranza semplice) è difficile trovare una compensazione con Ecr, Patrioti e i neonazisti dell’Afd. «Oggi — ha infatti messo nero su bianco il gruppo socialista — è in gioco ilvoto sul prossimo collegio della Commissione europea». «Quando diciamo che c’è una linea rossa (...) Continua la lettura sulla pagina facebookde Il giornale dei giornali
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https://lnkd.in/dXRNrqGW https://lnkd.in/dXRNrqGW Trasformismo politico, Pacifico: la coerenza è solo una possibilità. (AGENPARL) - Roma, 10 Aprile 2024 (AGENPARL) – mer 10 aprile 2024 Tra pochi mesi si va al voto per il rinnovo del parlamento europeo e il PPE sarà sempre il gruppo di maggioranza da cui dipenderà la scelta della presidenza degli organi istituzionali. Così la Meloni deve alla svelta decidere se entrare nella rosa del potere o rimanere isolata. Dalle ultime notizie si apprende che abbia abbandonato l’idea della scelta Ursula von der Leyen, data perdente, e di voler piegare sul suo predecessore a Palazzo Chigi indicandolo prima che lo faccia la triade di Francia, Germania e Polonia. Draghi assumerà la presidenza della Commissione Europea e la Meloni dovrà far buon viso a una sorte imprevista. Sono lontani i tempi del fuori dall’UE e fuori il tecnocrate dal Governo, se si vuole risanare il debito pubblico e ottenere proroghe per spendere i soldi del PNRR. Occorre una spericolata inversione a U e dichiararsi non solo europeista convinta ma anche filodraghiana. Chi l’avrebbe mai detto solo 19 mesi fa, quando FdI partecipò alla sfiducia di Mario Draghi costringendolo alle dimissioni? In Italia il trasformismo sembra davvero essere diventato di moda. Lo dichiara Marinella Pacifico, già Senatrice della Repubblica, in una nota.
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Le polemiche intorno alla nomina di Markus Pieper come inviato speciale dell'Ue per le Pmi stavano diventando un ostacolo troppo pesante nella campagna di Ursula von der Leyen per la rielezione alla guida della Commissione europea. Un'inchiesta giornalistica che ha alimentato lo scontro politico e ha portato, ieri sera, alle dimissioni dell'eurodeputato incriminato. Sarà questa fine del Piepergate? Il recap su Europa Today ⤵️ #Piepergate #elezionieuropee2024
📌 SCANDALI ELETTORALI Archiviato il Piepergate, continuano i guai per Ursula von der Leyen 👇 ✍ Markus Pieper, il criticato inviato speciale per le Pmi scelto dalla presidente della Commissione, ha rinunciato all'incarico. Ma per la candidata dei Popolari, la strada verso la riconferma somiglia sempre più a una corsa a ostacoli 💡 Nella tarda serata di lunedì 15 aprile è arrivata la notizia delle #dimissioni di #MarkusPieper, il semisconosciuto eurodeputato finito al centro di una bufera politica nelle ultime settimane che, alimentata dai media, stava diventando un po' troppo scomoda per la presidente uscente della Commissione #UrsulavonderLeyen, la quale spera di ottenere un secondo mandato dopo il voto di giugno. ✨ Trovi l'articolo completo di Francesco Bortoletto sul nostro sito: https://lnkd.in/dxmK9K5e #Piepergate #Commissione
Archiviato il Piepergate, continuano i guai per Ursula von der Leyen
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A una Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen obiettano in pochi. Ma i socialisti sono tassativi sulla questione Meloni. Il cancelliere Scholz non usa mezzi termini:”nessun sostegno che si basi su partiti di destra, no a alleanze con i conservatori in Europa”. Vedremo se Tajani che fa parte del Partito Popolare Europeo (PPE) di centro destra alleato a socialdemocratici e liberali, potrà fare da mediatore in favore di Meloni e del suo ECR (che raccoglie partiti conservatori di destra e estrema destra). Meloni è di fatto messa all’angolo e sarà difficile che ottenga un commissario con delega di peso e magari la vicepresidenza. Si attendono i risultati delle elezioni francesi. Intanto l’Italia meloniana insieme a altri paesi tra cui l’Ungheria di Orban ha tentato di affossare senza riuscirci la Legge sul ripristino della Natura, la Nature Restauration Law che prevede il ripristino della natura su almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030. Ma al voto finale il nuovo regolamento in difesa del nostro spazio vitale è stato approvato. Una vittoria del Green Deal per le future generazioni di europei contro chi fa politica soltanto nel qui e ora del presente per conservare il proprio potere.
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Una crisi dentro l’Unione Vedi anche il sito ilcorriereblog.it La furbizia non ha pagato e, alla fine, qualcuno ha chiamato il bluff. Come una prestigiatrice, Ursula von der Leyen aveva provato a tenere in piedi un castello di carte altissimo. Carta sopra carta: la sua vecchia maggioranza, certamente, ma anche i Conservatori di Giorgia Meloni, con la preziosa dote di 25 eurodeputati. Il gioco, alla mano finale, non ha retto. Troppo grande la contraddizione politica che ne era alla base. Meloni, che da tempo ha rinunciato a spostarsi al centro e ha abbandonato quel cammino di avvicinamento al Ppe che alcuni — anche in Italia — avevano auspicato, ha infatti già votato due volte contro i nuovi vertici europei. Prima in Consiglio, quindi al Parlamento europeo. Ha votato la sfiducia a von der Leyen sia per ragioni politiche, ovvero non confondersi con una maggioranza allargata ai Verdi, sia programmatiche. Perché la nuova Commissione, come la vecchia, ha un mandato chiaro: approfondire l’integrazione europea, superare la logica dei blocchi e dei veti, come quelli messi dall’ungherese Orbán, far tornare l’Unione protagonista sui mercati, nell’innovazione, nella crescita. È la ricetta Draghi, quella che chiede più Europa, non meno, e che von der Leyen ha dichiarato che sarà la sua bussola in questo secondo mandato. Sulla base di questo programma la presidente ha ottenuto un voto di fiducia al Parlamento europeo. Fiducia politica dunque, sulla base di un programma chiaro. Legittimamente Meloni ne è rimasta fuori. Da qui il corto circuito. Roma, sulla base di una logica intergovernativa, di equilibrio fra gli Stati, dovrebbe avere un commissario di peso e magari una vicepresidenza esecutiva. Ma in questo momento storico l’Italia ha un governo sovranista, ostile all’integrazione, vicino all’Ungheria. Ancora ieri Nicola Procaccini, i il proconsole di Meloni in Europa, sul Corriere della sera criticava la proposta Draghi sull’abolizione del diritto di veto, ribadendo l’idea che l’Ue deve restare una “confederazione” di Stati e dunque “l’unanimità è necessaria per non spogliare le nazioni della loro sovranità”. Conciliare queste posizioni e farle vivere dentro la Commissione Ursula sarebbe impossibile. Per questo socialisti, liberali e verdi hanno detto no a un ruolo esecutivo per un esponente di Fratelli d’Italia. Non c’entra assolutamente nulla la persona di Raffaele Fitto, il meno euroscettico tra i sovranisti meloniani (...) Francesco Bei – la Repubblica - 11 settembre 2024 Continua la lettura sulla pagina facebook de Il giornale dei giornali
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🌻 Un cambio di posizione dell’ultimo minuto dall’Austria ha aperto la strada all’approvazionema della Nature Restoration Law, ma l'Italia ribadisce il voto contrario insieme a Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia. Non lo sapevi? 👉 Per non perderti le notizie più importanti della settimana, iscriviti alla nostra newsletter! https://lnkd.in/dzkYhn2 ------------- 📌 In questo numero: ✤ Cosa succede dopo l’approvazione della legge sul ripristino della #natura? ✤ Revisione della Direttiva #rifiuti, Consiglio europeo meno ambizioso dell’Europarlamento. ✤ Le potenzialità e i rischi dell’economia blu nell’Unione europea. ✤ Come passare (davvero) dalla cultura del possesso alla cultura dell’uso. ✤ Disuguaglianze di genere anche nella green economy. … e molto altro ancora! ------------- 📈 Ti piace la nostra testata o c'è qualcosa che vorresti cambiare? Dacci il tuo feedback compilando questo breve questionario: https://lnkd.in/dZ3a5hb #informazioneincircolo
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Nota & annota! Invece di pensare a disfare quello che ha fatto nel primo quinquennio, due sono le cose importanti, vitali che la Commissione dovrebbe fare nell’immediato: 1. Cancellare definitivamente l’attuale sistema di voto “all’unanimità” che provoca stallo nelle decisioni, ostacolando alla fine la governabilità e l’assunzione di ogni responsabilità nelle decisioni. Una politica che non è in grado di decidere, significa trovarsi all’interno del Bar Sport; 2. Armonizzazione del sistema fiscale a livello di UE. Significa sconfiggere la “concorrenza sleale” e la “delocalizzazione d’impresa”, con grave danno dei territori più fragili ed il Mezzogiorno sicuramente tra questi. Significa contrastare le “frodi carosello” che rappresentano la principale minaccia alle Casse erariali dell’UE. Ad horas!
Le patate bollenti del governo bis di Ursula von der Leyen
https://www.giovannifalcone.it
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Il crollo italiano in Europa sta assumendo dimensione verticale.
Giorno dopo giorno cresce l’irrilevanza politica dell’Italia in Europa. Il pastrocchio di Giorgia Meloni che per mesi ha oscillato tra von der Leyen e sovranisti finendo nel guado dell’insignificanza sta dando i suoi frutti amari. Al Parlamento europeo l’Italia ha ottenuto una sola presidenza di commissione finita all’ex sindaco di Bari Antonio Decaro (Pd) mentre Forza Italia perde la guida della commissione Affari costituzionali che fu di Salvatore De Meo e ora invece passa al tedesco Sven Simon. Anche il Pd perde la presidenza di una commissione di peso come quella Economia che nella scorsa legislatura era presieduta da Irene Tinagli e ora è passata socialista francese Aurore Lalucq. Non è nemmeno un caso che la presidenza della sottocommissione per le questioni fiscali sia finita a Pasquale Tridico, capo delegazione del Movimento 5 stelle. Un esponente dell’opposizione in Italia e in Europa è ritenuto più credibile di patrioti e sovranisti che reclamano una poltrona. Un’immagine che dice tutto. Che la capa del governo italiano stia dentro un partito ritenuto impresentabile in Europa non è solo il giudizio vezzoso di qualche giornalista ritenuto nemico dalla maggioranza. È un dato politico che condiziona il peso del nostro Paese all’interno dello scacchiere europeo. Le regole della politica, soprattutto quelle tra nazioni, sono molto più semplici di come qualcuno si ostini a raccontare. La credibilità è il capitale politico di un Paese. E se ci pensate bene accade così per ciascuno di noi. (il mio editoriale per La Notizia in edicola) https://lnkd.in/dGEZa_3Y
A grandi passi verso l'irrilevanza | LA NOTIZIA
https://www.lanotiziagiornale.it
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