La guerra oltre la battaglia: umanità e disllusione. La pubblicazione raccoglie gli articoli scritti dall'autore come corrispondente durante la Seconda Guerra Mondiale. Attraverso uno stile crudo e realistico, Steinbeck racconta la vita quotidiana dei soldati al fronte, concentrandosi sulle loro preoccupazioni immediate come il cibo, il riposo e la sopravvivenza, le cimici, le zanzare, piuttosto che sulle strategie militari. La guerra è vista attraverso i loro occhi, fatta di paura, fatica e disumanizzazione. Steinbeck descrive in modo potente il trauma fisico e mentale dei soldati, dalle esplosioni che deformano la realtà all’intorpidimento dei sensi che porta a gesti definiti eroici, ma che in realtà sono solo reazioni automatiche. Il libro sottolinea come la guerra cambi profondamente gli uomini, rendendoli diversi, incapaci di ricordare la realtà dopo mesi di combattimento. Non mancano momenti di assurdità, come le scene in cui i civili siciliani lanciano grappoli d'uva ai soldati americani in segno di gratitudine. Steinbeck mescola realismo e ironia, rendendo questo libro un documento toccante e umano, che riflette sulla brutalità del conflitto e la resilienza delle persone coinvolte. La descrizione della presa di Ventotene è un capolavoro. https://lnkd.in/g77sedSJ
Post di Manuele Ferrari Angelo Comneno
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COME SI STUDIANO LE GUERRE Causa occasionale e cause strutturali: annotazioni metodologiche tra Grande Guerra (1914-18), Guerra dei Sette anni (1756-63) e attualità (conflitto ucraino). Le guerre sono acceleratori di processi. Una guerra non è mai un lampo che si accende all'improvviso; vi sfociano le tensioni lungamente accumulate tra le potenze belligeranti. Così l'abc metodologico, quando ci si accosta allo studio di un conflitto, è rappresentato dalla distinzione tra causa occasionale e cause remote, o strutturali. Queste ultime assumono importanza maggiore, essendo atte a mostrare la causalità specifica alla base delle guerre, dal momento che investono le dinamiche di lunga durata. La Grande Guerra, per esempio, fu un conflitto ottocentesco quanto alle sue cause profonde. Nel 1914 si scaricarono le lunghe linee di tensione che si erano accumulate nel corso dell'ultimo trentennio del secolo precedente. https://lnkd.in/dcKuChPC
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L’Ombra della Guerra: Vivere in un’Era di Conflitto Permanente Il Sistema della Guerra sull’Orlo del Baratro La luce dei riflettori illumina Marco Guzzi mentre, con voce calma ma ferma, disseziona l’anatomia del nostro tempo. Non parla di battaglie, né di strategie militari nel senso classico. Parla di un “sistema della guerra”, un Leviatano invisibile che permea ogni aspetto della nostra esistenza, un virus che si annida nel cuore stesso della civiltà. Un sistema, afferma, che è omicida, distruttivo e radicato in una frattura primordiale: la separazione. Il Veleno nella Sorgente: Viaggio nel Cuore del Sistema della Guerra L’eco delle sue parole risuona nella sala gremita, rimbalzando contro i muri come proiettili invisibili. Guzzi dipinge un quadro inquietante. La separazione, ci dice, è la matrice di ogni conflitto. Dalla separazione nasce la paura dell’altro, la necessità di difesa, la corsa agli armamenti. La difesa, lungi dall’essere una soluzione, è la linfa vitale che alimenta la guerra stessa. L’idea che la pace si possa ottenere preparandosi alla guerra, tuona Guzzi, è una “barzelletta” macabra, una menzogna che ci raccontiamo per giustificare l’ingiustificabile. E in questo teatro dell’assurdo, i presunti salvatori del mondo, i moderni demiurghi tecnologici come Elon Musk, i leader populisti come Donald Trump , si rivelano, nella visione di Guzzi, come semplici burattini, ingranaggi di un meccanismo più grande che li trascende. Sono gli alfieri del sistema della guerra, vestiti di promesse luccicanti ma destinati a perpetuare il ciclo infinito di violenza e separazione. La politica, nel frattempo, si dibatte in un pantano di menzogne, incapace di offrire soluzioni reali. Si nutre del conflitto, lo alimenta con retorica incendiaria e polarizzante, mentre la pace diventa una chimera, un miraggio che svanisce ogni volta che sembra a portata di mano. La verità, sostiene Guzzi, è che la pace, come la intendiamo comunemente, non esiste più. Il sistema della guerra è diventato una legge universale, un buco nero che inghiotte ogni speranza di armonia. Anche in tempo di pace, la guerra continua, sotto forma di “usura dell’ente”, un lento stillicidio che erode la nostra umanità, la nostra capacità di empatia, la nostra stessa essenza. La guerra è ovunque: nella competizione sfrenata, nello sfruttamento, nell’indifferenza verso la sofferenza altrui. 𝐂𝐨n𝐭𝐢n𝐮𝐚 : 👇👇👇 https://lnkd.in/dTikbiKs #UmanesimoDigitale #DigitalHumanism #TecnologiaETerra #InnovazioneSostenibile #EticaDigitale #CulturaDigitale #SocietàDigitale #FuturoSostenibile #IntelligenzaArtificiale #EducazioneDigitale #DigitalizzazioneResponsabile #TecnologiaPerIlBene #SviluppoUmano #CittadinanzaDigitale #HumanTech #RiflessioniDigitali #EmpatiaDigitale #SocietàConnessa #NuoveTecnologie
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Il mio nuovo articolo sulla Turchia ✍ 🇹🇷 #Çannakale #1915
Mustafa Kemal Atatürk a Gallipoli: l’inizio della leggenda Nel 1915 l’alleanza franco-inglese decise di colpire quello che loro credevano fosse il ventre molle durante la Prima Guerra Mondiale: l’Impero Ottomano. Il piano ideato dalle potenze dell’Intesa era semplice: sbarcare sulla penisola, prendere il controllo dello stretto dei Dardanelli e costringere alla resa gli ottomani. Tuttavia, un giovane ufficiale ottomano riuscì a fermarli, divenendo l’ultimo eroe di un impero in declino: Mustafa Kemal Atatürk. A cura di Gabriele Avallone
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God Bless America Si può celebrare in tanti modi la Liberazione dell’Italia nel 1945 ma ci sono dati, numeri e vite che non si possono smentire e che sono la base necessaria e oggettiva per dare una giusta dimensione storica all’evento. Dunque, per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri su suolo italiano, da Udine a Siracusa. Secondo i dati dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, furono 6882 i partigiani morti in combattimento. Facciamo la comparazione numerica: per ogni partigiano caduto in armi ci furono almeno 13 soldati americani caduti per liberare l’Italia. Senza considerare i dispersi americani che, insieme ai feriti, furono circa 200mila. E il conto risuona in modo ancora più stridente se si comparano i 120mila militari tedeschi caduti in Italia, soprattutto nelle grandi battaglie - Cassino, Anzio e Nettuno - contro gli Alleati e sepolti in gran parte in quattro cimiteri italiani. Naturalmente, diverso è parlare di vittime italiane della guerra civile, fascisti e no, di cui esiste un’ampia documentazione, da Giorgio Pisanò a Giampaolo Pansa, per citare le ricerche più scomode e famose. Ma non sto parlando di fascismo e guerra civile, bensì di Liberazione d’Italia, ovvero di chi ha effettivamente liberato l’Italia dai tedeschi o se preferite dai “nazifascisti”. Per essere precisi, la Liberazione non si concluse il 25 aprile a Milano come narra l’apologetica resistenziale, ma l’ultima, aspra battaglia tra alleati e tedeschi si combatté nel comune di San Pietro in Cerro, nel piacentino, tra il 27 e 28 aprile. A San Pietro c’era anche il regista americano John Huston, inviato col grado di Capitano, a girare docufilm. Ma i filmati erano così duri che gli alti comandi americani decisero di non diffonderli fra le truppe se non in versione edulcorata. Sulle lapidi dei cimiteri di guerra disseminati su suolo italiano ci sono nomi di soldati e ufficiali hawaiani, australiani, neozelandesi, perfino maori, indiani e nepalesi, francesi e marocchini, polacchi, greci, anche qualche italiano del Corpo di Liberazione, e poi brasiliani, belgi, militi della brigata ebraica; ma la stragrande maggioranza sono americani, caduti sul suolo italiano. Molti erano di origine italiana. È stata e continua ad essere una grande opera di mascheramento della verità e occorre far emergere dati e fatti oscurati ed ignorati. Naturalmente possono divergere i giudizi tra chi considera gli alleati come benefattori e liberatori, chi come occupanti e nuovi invasori; chi avrebbe preferito che fossero stati i sovietici a liberarci; e chi si limita a considerarli combattenti, soldati in guerra e non eroi, soccorritori o invasori. La memorialistica sulla liberazione d’Italia minimizza e trascura l’apporto americano; invece è evidente che furono loro i protagonisti della liberazione d’Italia. Viva l'Italia! Viva la verità! 25 aprile 2024
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4 novembre l’italia metteva fine alla sua partecipazione alla Prima guerra mondiale con l'armistizio di Villa Giusti. Una proprietà del conte Vettor Giusti del Giardino, senatore ex sindaco di Padova, in cui il comando del regio esercito italiano ha ip suo comando. È qui che la diplomazia di entrambi gli schieramenti è a lavoro da alcuni giorni ed è anche da qui che passano le ultime ore di guerra. Il giornalista Ugo Ojetti ne dà un giudizio implacabile sul Corriere della Sera. «Più brutta non si poteva trovare, ma gli austriaci la meritano. Brutta, sì, gialla, stinta e nuda. Milano, 5 novembre 1918. Le rotative del quotidiano Il Corriere della Sera hanno appena stampato una prima pagina dell’edizione pomeridiana che passerà alla storia. Il titolo è a dir poco sensazionale: «L’Austria ha capitolato». E’ la fine di una guerra durata quarantuno mesi, dal maggio 1915 al novembre 1918, l’Italia ha combattuto ininterrottamente e dalla quale circa 650mila italiani non hanno fatto più ritorno a casa. L’armistizio firmato fra il regio esercito italiano e l’imperial regio esercito austro-ungarico entra in vigore alle ore 15 del 4 novembre. Ottobre 1918 l’esercito italiano ingaggia un gigantesco scontro che passa alla storia come Battaglia di Vittorio Veneto. È l’ultimo conflitto armato fra i due schieramenti e segue un’altra gigantesca battaglia, combattuta a giugno e battezzata da Gabriele D’Annunzio come Battaglia del Solstizio, che ha visto il fallimento dell’offensiva austriaca. Ho un nonno cavaliere #cavalieredivittorioveneto Prima Guerra Mondiale non è assolutamente un evento del “passato”. È un evento le cui conseguenze sono ben presenti nel giorno d’oggi e nelle crisi peggiori che dobbiamo affrontare. È difficile, prima di tutto, trascurare le macro-conseguenze politiche della guerra. Il conflitto scoppiato in Europa pose fine alla prima globalizzazione e alla prima grande era liberale della storia, nota come Belle Epoque. Ci sono, invece, conseguenze pratiche, militari, che discendono direttamente dalla Prima Guerra Mondiale, crisi aperte nel 1914 e mai richiuse. La ex Jugoslavia è la prima che viene in mente. Soprattutto considerando che il pretesto per scatenare la guerra fu proprio l’attentato a Sarajevo, attuale capitale della Bosnia Erzegovina, allora protettorato austro-ungarico. La Jihad islamica venne proclamata il 14 novembre 1914 dallo sceicco ul Islam, allora la massima autorità religiosa dell’Impero Ottomano, cioè la prima potenza musulmana del mondo. L’Impero Ottomano non esiste più dal 1918, il califfato è stato ufficialmente abolito dalla Repubblica Turca nel 1923. Jihad contro le potenze occidentali (l’Impero Ottomano era alleato di Germania e Impero Austro-Ungarico) non venne mai formalmente Non solo: il collasso e lo smembramento dell’Impero Ottomano nel 1918, sono tuttora alla base del revanscismo islamico Elisabetta Failla "Economia & Finanza Verde®" ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
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#Italia In quale periodo esattamente gli italiani e la Repubblica Italiana hanno deciso di abbandonare i partigiani e soldati ebrei della Brigata Ebraica dell'esercito britannico che hanno contribuito ha porre fine al nazifascismo nel Paese? In quale periodo esattamente gli italiani e la Repubblica Italiana hanno deciso di escludere gli ebrei dalle manifestazioni della festa nazionale del 25 aprile? In quale periodo esattamente gli italiani e la Repubblica Italiana hanno deciso che i palestinesi, alleati dei nazisti tedeschi durante la seconda guerra mondiale, devono partecipare alla festa nazionale del 25 aprile che commemora la liberazione dai LORO alleati nazisti? In quale periodo esattamente gli italiani e la Repubblica Italiana hanno deciso che i nazifascisti che si autodichiarano "antifascisti" devono partecipare alla festa nazionale italiana escludendo gli ebrei che furono alleati delle forze alleate che hanno sconfitto i nazifascisti? Gli italiani e la Repubblica Italiana devono riflettere!
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Dal mio lavoro sulle lettere del cadetto Kurt Seewaldt Kurt Seewaldt fu coinvolto nella mobilitazione generale. Il giovane cadetto d’artiglieria, verrà impiegato nella sezione logistica dell’artiglieria della sua brigata, la 5a Gebirgsbrigade. Nelle sue lettere, Kurt, lascia trasparire due cose importanti: da una parte la grande disorganizzazione logistica delle armate imperiali e dall’altra la fiducia che la guerra durerà poco tempo. Per quanto riguarda il primo aspetto, vediamo che il giovane cadetto si lamenta sul fatto che non sa in nessun modo dove verrà inviato (cosa molto strana per essere comunque un ufficiale) e che la posta e i pacchi da parte della famiglia giungono spesso in ritardo. Riguardo invece alla convinzione che la guerra sarà breve sta il fatto che racconta ai suoi familiari dei successi sul fronte russo e anche francese, in questo ambito nutre molta fiducia negli alleati tedeschi. Anche nonostante i vari spostamenti o ripiegamenti la sua fiducia nella fine breve del conflitto rimane. Per quanto riguarda il suo atteggiamento nei confronti dei nemici serbi, la cosa è alquanto singolare, poiché se da una parte mostra un’antipatia nei confronti degli irregolari e dei soldati che usano anche metodi infimi nel combattimento, dall’altra ne elogia il valore e la determinazione nel difendere la loro terra. In questo senso, egli ha anche grande ammirazione nei confronti dei civili e non risparmia anche qualche racconto toccante. Una riflessione anche importante è il rapporto tra Kurt e i suoi “cari”. Con questo ci si addentra in una parte anche molto psicologica dell’autore, in particolare riguardo al fatto di ciò che lui racconta, o meglio, di ciò che vuole raccontare. In ciò che racconta, soprattutto negli avvenimenti bellici e non, vuole mostrare la sua umanità ma anche la sua serenità nei confronti di avvenimenti anche abbastanza violenti o che possono influire sul cambiamento dell’uomo. Molte volte è lui stesso a proporre queste riflessioni e in questo fa sicuramente trasparire la sua formazione umanistica; per Kurt la violenza della guerra non cambiano la natura dell’uomo e le sue abitudini, ma semplicemente cambiano la sua prospettiva di vedere le cose. Nella narrazione dei fatti, è abbastanza preciso e ciò che racconta alla famiglia, visto in relazione agli avvenimenti, è veritiero. Gli stessi aneddoti da lui raccontati, trovano riscontro in ciò che avvenne in quei mesi, in particolare le azioni degli irregolari (imboscate, spionaggio, attacco alla Croce Rossa…). Alcune volte accade che vengano riportate pagine o notizie dei giornali. Sempre riguardo a questi aspetti, è curioso come all’inizio Kurt si preoccupi della censura, poi, dopo un po’ non ci fa più caso, riferendo, senza prosi più tanti problemi, le sue posizioni e i suoi movimenti. #research #letters #greatwar #letweforget #diary #history #studies #serbia #militarhistory #ww1 #balkans #austriahungary #europehistory
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DISIMPEGNO MORALE SELETTIVO DI BANDURA APPLICATO ALLE GUERRE. Le otto componenti del disimpegno morale selettivo descritte da Albert Bandura possono essere applicate alle attuali guerre, come di seguito riportato: 1. GIUSTIFICAZIONE MORALE: "È bene usare la forza contro i nazisti"; 2. ETICHETTAMENTO EUFEMISTICO: "Operazione speciale militare" anziché "guerra"; 3. CONFRONTO VANTAGGIOSO: "Quello che fa l'esercito liberatore è niente rispetto a quel che stavano patendo i nostri concittadini"; 4. DISLOCAMENTO DELLE RESPONSABILITÀ: "Se gli attuali nemici si fossero comportati bene, non ci sarebbe stato bisogno di questa operazione"; 5. DIFFUSIONE DELLE RESPONSABILITÀ: "Chiunque si fosse sentito accerchiato dai nemici avrebbe agito cosi"; 6. DISTORSIONE DELLE CONSEGUENZE: "L'operazione militare è fatta rispettando i nemici: se si arrendono saranno salvaguardati"; 7. DEUMANIZZAZIONE DELLE VITTIME: "I nazisti meritano di essere trattati come sub-umani"; 8. ATTRIBUZIONE DI COLPA ALLA VITTIMA: "Le provocazioni subite rendevano necessario intervenire". Abbiamo scritto sul Disimpegno Morale Selettivo di Albert Bandura in "La negoziazione internazionale come processo psicologico"; qui ne ho proposto un'applicazione alle attuali situazioni di guerra e alla propaganda che ne deriva.
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