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FERRARI Progetto 645 #PROVAMO36 #Barnard #Quattroruote Gli appassionati ricorderanno le monoposto #Ferrari nominate con i numeri di progetto, nell’arco temporale a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90. Le monoposto a partire dal 1992 tornarono a seguire nomenclature con logiche già ampiamente usate in precedenza. La F92A gareggiò appunto nello stesso anno (progetto 644), la #F93A corse nel 1993 (progetto 644/B), la 412T nel 1994 (progetto 646); e questi sono solo degli esempi. Tuttavia, non sono casualmente citati perché emerge un buco di un progetto che non tutti conoscono e che sicuramente non ha mai visto la luce. Il post si incentra proprio sul #Progetto645. Dopo ampie ricerche raccolte da varie fonti, cerco di descriverne la parabola. John Barnard, allora chief designer della Ferrari, era considerato dal circus un genio nella progettazione delle F1 avendo introdotto, citando alcuni esempi di maggior successo e che poi hanno fatto scuola, il primo telaio in fibra di carbonio con la McLaren MP4/1 nel 1981, il restringimento a collo di bottiglia al retrotreno (soprannominato poi a Coca-Cola per l’appunto) sempre sulla McLaren nel 1983 e il cambio semi-automatico sulla Ferrari 640 nel 1989. All’inizio del suo secondo mandato, dal 1993 al 1995, Barnard godeva di completa fiducia da parte del #Cavallino e completa indipendenza, avendo mantenuto il suo quartier generale in Inghilterra. Le sue idee innovative e futuribili spesso andavano in contrasto con le tempistiche serrate dei campionati di F1, mettendo a rischio la stessa partecipazione delle monoposto. Tale rischio si palesò proprio con il progetto 645. Secondo fonti #Quattroruote dell'epoca, l’idea del progetto 645, gestito in totale segretezza, si sviluppò su un concetto innovativo di posizionamento di ali tra il corpo vettura e le ruote in sostituzione delle tradizionali sospensioni, aprendo nuove frontiere nell’aerodinamica delle #F1. L’innovazione esigeva tempi lunghi di sviluppo non compatibili con l’inizio del campionato del mondo del 1993 e Barnard dirottò risorse per apprestare una vettura intermedia per affrontare la prima metà della stagione (la F93A), ipotizzando un esordio della 645 dal giugno di quell’anno. La sfida partiva dalla riprogettazione completa del telaio, in particolare in corrispondenza delle sospensioni, non più a quadrilatero. I tradizionali bracci oscillanti sarebbero stati sostituiti da travi rigide, con profilo alare, solidalmente collegate al telaio. La vera sospensione fu pensata in corrispondenza del porta mozzo che scorreva su un perno verticale controllato da un attuatore per rendere attiva la sospensione. L’estremizzazione del concetto di miniaturizzazione delle sospensioni, seppur di grande eleganza e di concezione ingegneristica affascinante, avrebbe incontrato diversi problemi di natura strutturale e meccanica. Altro punto fermo era la posizione degli scarichi nel diffusore... Read more: https://lnkd.in/dqrDjfbR
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La F1? Nuovo faro per le supercar Il lancio della McLaren W1, la più potente di sempre, apre un nuovo fronte nel mondo delle supercar che dopo anni di insensata caccia a prestazioni sempre più inarrivabili ora cercano legami con il mondo della Formula 1. Sia dal punto di vista storico che tecnico. Non è un caso che – per quanto riguarda il primo punto – la macchina sia stata svelata proprio il giorno del 50° anniversario della vittoria di McLaren nel suo primo Campionato del Mondo Costruttori di Formula 1 quello della vittoria di Emerson Fittipaldi nel 1974 nel Campionato del Mondo Piloti. Per il secondo punto, poi, il trasferimento del know-how dalla F1 alla strada emerge chiaro nella ricerca ossessiva di leggerezza, senza dimenticare la più raffinata aerodinamica e lo sfruttamento della power unit ibrida. Si arriva così ad una supercar che ha un V8 ibrido da 1275 CV e 1340 Nm di coppia massima, che la fa diventare la McLaren con la potenza più elevata di sempre. Nello specifico, il motore a combustione V8 sviluppa 928 Cv e raggiunge i 9.200 giri/min, mentre il modulo elettrico ad alta densità di potenza produce 347 CV ed integra il propulsore elettrico e l’unità di controllo, in modo da ridurre il peso, come dimostra la massa complessiva del veicolo di 1.399 kg. Sul fronte dell’aerodinamica, poi, qui ci si spinge perfino oltre la F1 visto che si è ricercato il vietatissimo effetto suolo: prendendo spunto dalla Formula 1, la W1 in modalità McLaren Race consente di abbassare l’altezza di 37 mm all’anteriore e di 17 mm al posteriore, oltre a generare fino a 1.000 kg di deportanza. Particolare, poi, l’ala sulla coda “Active Long Tail” capace di estendersi di 300 mm. Prestazioni quindi record (scatta da 0 a 200 km/h in 5,8 secondi e da 0 a 300 km/h in meno di 12,7 secondi; mentre velocità massima è limitata elettronicamente a 350 km/h) ma quello che conta oggi è la guidabilità. Così, grazie alla ricerca aerodinamica e alle sospensioni McLaren Race Active Chassis Control III (con quelle anteriori ispirate alla Formula 1 e montate direttamente nella monoscocca in fibra di carbonio), la nuova W1 rifila un distacco di 3 secondi al giro alla McLaren Senna sul circuito di riferimento del brand… L’altro miracolo è il fatto che una macchina del genere – che fra l’altro ha bracci delle sospensioni anteriori visibili all’esterno e componenti chiave, di cui alcuni in titanio, stampati in 3D – sia omologata per uso stradale. Nessun miracolo invece sul fronte dei prezzi: stringere legami con il mondo della F1 da questo punto di vista è pericoloso. Molto pericoloso. E infatti la W1 cosa senza tasse 2,4 milioni di euro.
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#F1Story - La Ferrari F1-91 643, il “camion rampante” di Alain Prost Anno nuovo... ed ecco il primo appuntamento della rubrica Classic: stavolta sotto i riflettori si è messa in bella mostra la Ferrari 643 di Alain Prost Perchè proprio la Ferrari F1-91 643, visto che di vincente… ha avuto ben poco? Da una parte perchè, tra le vetture disponibili su Assetto Corsa, ce ne sono diverse dell’annata 1991 ma anche per il fatto che da piccolino questa monoposto mi era rimasta particolarmente impressa. Mi ricordo qualche foto che mi era stata mostrata, qualche video in cui sentivo il suo inconfondibile rombo… Quando il team di ASRFormula l’ha rilasciata (tra l’altro, è la prima macchina completa per il simulatore italiano), non ho resistito nel volerla provare. A tutti i costi. E quindi eccola qui. Da dove iniziamo nel raccontarla? Risposta ovvia: dalla Ferrari 640 del 1989, dal momento che la 643 è stata l’ultima evoluzione del primo modello aspirato introdotto proprio sul finire degli anni ’80 in seguito al divieto di utilizzo dei motori turbocompressi. Nel 1988 la F1-87/88C era rimasta praticamente nell’ombra dell’invincibile McLaren-Honda MP4/4 di Ayrton Senna, quindi per il 1989 la Scuderia dal Cavallino Rampante voleva rifarsi con un progetto completamente nuovo. Nell’estate dell’88John Barnard, famoso progettista che aveva ottenuto innumerevoli successi con il reparto corse di Woking, cominciò i test con una vettura laboratorio chiamata 639, molto simile a quella che avrebbe poi gareggiato. Il muletto in questione, tuttavia, aveva un abitacolo molto angusto che non permetteva il ritorno della leva tradizionale del cambio, ma tutto ciò era appositamente voluto per imporre l’utilizzo di quella trasmissione semi-automatica di cui la Ferrari fu pioniera nel grande Circo della Velocità. Nonostante ciò, problemi di affidabilità negli innesti e nella messa a punto generale rallentarono lo sviluppo, e per questo motivo la Casa di Maranello decise di prendere in prestito una vettura del 1987 chiamata ufficiosamente “F1-87/88A”. Si trattava di un ibrido, perchè al posto del motore turbo venne adattato il possente V12 aspirato che avrebbe montato la 640. All’esordio, la nuova Rossa ebbe diversi problemi di gioventù, e venne continuamente affinata nella stagione successiva con la 641 e con la 641/2, la cui competitività mostrata nel 1990 fece ben sperare i progettisti del Cavallino per un 1991 ancora più incandescente. Tuttavia, Barnard aveva deciso di lasciare la Ferrari per la Benetton e quindi l’intero progetto venne affidato ad un altro luminare della F1, quel Steve Nichols autore dell’invincibile MP4/4 marchiata McLaren-Honda. Fu in questo modo che nacque la 642, evoluzione della monoposto 1990 con la quale le differenze erano veramente minime: qualche modifica agli alettoni per via del nuovo regolamento, un‘aggiustatina al V12 grazie ad un upgrade della centralina Magneti Marelli e lo spostamento dei serbatoi dalle pance laterali ... (F1Race.it).
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Da Le Mans alla F1, dalla Clio alla A110: Alpine a tutto campo Per capire cosa significhi giocare a tutto campo nel mondo dell’auto basta guardare quello che sta facendo l’Alpine: “les bleus” come in gergo li chiamano i francesi, corrono in F1 e alla 24 Ore di LeMans che questo week end prenderà il via con la 92e edizione. Ma non solo: hanno a listino una leggendaria piccola supercar – la A110 – e una gamma incredibile di macchine sportiveggianti ma “normali, dalla Clio all’Austral, dall’Espace alla Capure. Nessuna casa automobilistica generalista al mondo è così eclettica. E poche sono tanto amate in patria. Basti dire che quando venerdì scorso dopo i controlli amministrativi e tecnici – appuntamento organizzato in Place de la République a Le Mans – Charles Milesi, Ferdinand Habsburg e Paul-Loup Chatin insieme a Matthieu Vaxiviere, Mick Schumacher e Nicolas Lapierre sono stati letteralmente travolti dall’affetto del pubblico. Un sostegno popolare confermato il giorno dopo con la sfilata in centro città, dove l’Alpine A424 è passata tra gli applausi di migliaia di spettatori. E pensare che la macchina che lotterà per un giorno intero sui terribili 13,626 chilometri del Circuit de la Sarthe ha una parente che corre in F1 e una serie quasi infinita di modelli a listino. Alla 24 Ore la battaglia sarà dura – schieramento pazzesco, con ben 23 Hypercar sulle 62 auto in pista – ma non è questo il punto. Il nocciolo della questione qui è riuscire a sfruttare la tecnologia delle corse per le auto di serie. Un percorso difficile che, però, all’Alpine sembra riuscire: dopo aver ucciso nella culla la Renault F1 (operazione contestata da molti) la casa francese è riuscita ad affermarsi nel salotto buono delle supercar. Fernando Alonso, prima di abbandonarli per l’Aston ci ha messo del suo, certo, ma è proprio il progetto complessivo ad aver funzionato. Così nella gamma Alpine accanto alla leggerissima e divertentissima A110 c’è dell’altro. Frutto della trasformazione del marchio Alpine in un allestimento sportivo dei modelli di serie. Con la raffinatezza in più che cerca di agganciarsi alla filosofia del brand sportivo: non a caso queste versioni si chiamano proprio “esprit Alpine”. Così, ad esempio, la nuova Clio “agghindata” fa davvero un’altra figura. Pochi numeri per capire il discorso: in soli 2 anni le vendite di Alpine sono raddoppiate, mentre l’A110 è stata coronata auto sportiva più venduta in Francia e si attesta nella Top 5 del segmento delle coupé sportive in Europa. Si arriva quindi all’Austral E-Tech full hybrid da 200 cavalli (ma in gamma ci sono anche le più tranquilla Mild Hybrid Advanced e Mild Hybrid) che miscela sportività all’ovvia natura di auto da famiglia. L’anima Alpine sportiva però volendo viene fuori in qualsiasi momento grazie al nuovo sistema 4Control advanced a 4 ruote sterzanti che rende le traiettorie molto precise e grazie al noto sistema multi-sense che propone fino a 5 diverse CONTINUA SU FORMULAPASSION
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#F1Story - Freccia Avvelenata Ovvero il Sodalizio Brabham BMW Dopo aver dominato il campionato di Formula 2 col proprio motore a 4 cilindri, la BMW ritiene che i tempi sono maturi per sfidare il gota dell’automobilismo mondiale debuttando in Formula Uno proprio con la propria unità dotata di turbocompressore. Dopo una trattativa estenuante con Ecclestone, proprietario del team Brabham, la casa bavarese si accorda col team inglese per fornire il proprio motore nei campionati 82 e 83. Nei primi test svolti da Piquet, pilota di punta del team e campione del mondo in carica, appare chiaro che la macchina ha degli ottimi spunti velocistici ma è molto molto fragile tanto che Ecclestone vorrebbe far debuttare solo una macchina sovralimentata per raccogliere punti con quella aspirata, sicuramente più lenta ma molto affidabile. In Sudafrica, nell’82, debuttano entrambe le vetture e in prova si comportano bene. In gara spariscono presto ed Ecclestone riesce a convincere la BMW a collaudare la macchina nei test privati fino a quando non diventerà affidabile; nel frattempo, la Brabham avrebbe corso con la versione aspirata. Dopo aver mancato la qualificazione a Detroit, la Brabham turbo domina il successivo GP del Canada, ricordato soprattutto per l’incidente mortale di Paletti. Nonostante il successo, la monoposto del team inglese non è ancora competitiva e, per riuscire a imporsi nelle gare estive, la squadra prova a inventarsi la tattica dei rifornimenti, con la quale i piloti partono con una macchina con metà serbatoio e a metà gara si fermano a rifornire sfruttando il tempo guadagnato grazie alle monoposto leggere. Sebbene l’idea sia ottima, la mancanza di affidabilità non permette alla Brabham di cogliere i frutti di tanta astuzia. Nel 1983, coi nuovi regolamenti volti a proibire l’effetto suolo, la Brabham presenta una monoposto bellissima a forma di freccia. La macchina è competitiva ma non dominante; improvvisamente, nella seconda metà del campionato la Brabham diventa velocissima e riesce a imporsi permettendo a Piquet di vincere il suo secondo titolo. Solo qualche mese dopo si scoprirà che la monoposto abbia fatto uso di benzine irregolari, ma in assenza di reclami ufficiali il titolo viene omologato. Dopo la vittoria dell’83, nel 1984 la Brabham, insieme alla Ferrari, viene data come favorita ma entrambe vengono surclassate dalla McLaren Porsche. Piquet, con bravura e fortuna, riesce a conquistare solo due gran premi e comincia a rendersi conto che la scuderia ha imboccato la parabola discendente. Nel’85 i risultati della scuderia sono ancora più modesti, nonostante il motore BMW sia sempre più potente. Piquet vince in Francia, anche grazie alle gomme Pirelli, e giunge secondo al GP d’Italia. Stanco della china discendente intrapresa dalla scuderia, Piquet si accasa alla Williams e la Brabham, per il 1986, decide di attuare una rivoluzione interna dando vita alla BT55, detta sogliola per essere bassa con una sezione frontale ... (F1Race.it).
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Le auto da competizione possono montare un dispositivo che è in grado di ridurre fino a sei volte gli attuali spazi di arresto e di poterlo fare sempre ANCHE CON QUALSIASI GUASTO migliorando tutte le prestazioni generali riducendo fino a 100 kg di massa inerziale sulla trasmissione. Brevetto rilasciato il 7.10.2020 col quale rivoluzionare i trasporti e abbattere i costi derivanti dagli incidenti stradali che ammontano mediamente al 3% del PIL. Non solo vincere, vincere sempre e in totale sicurezza e poi SALVARE VITE UMANE NELLE STRADE. Purtroppo dal 2018 nessun ingegnere meccanico conosce il dispositivo e intanto abbiamo una vittima da incidente stradale ogni tre ore nonostante l'Europa chiede che nelle strade dell'Unione venga dimezzato il numero degli incidenti stradali gravi entro il decennio in corso.
Da Le Mans alla F1, dalla Clio alla A110: Alpine a tutto campo Per capire cosa significhi giocare a tutto campo nel mondo dell’auto basta guardare quello che sta facendo l’Alpine: “les bleus” come in gergo li chiamano i francesi, corrono in F1 e alla 24 Ore di LeMans che questo week end prenderà il via con la 92e edizione. Ma non solo: hanno a listino una leggendaria piccola supercar – la A110 – e una gamma incredibile di macchine sportiveggianti ma “normali, dalla Clio all’Austral, dall’Espace alla Capure. Nessuna casa automobilistica generalista al mondo è così eclettica. E poche sono tanto amate in patria. Basti dire che quando venerdì scorso dopo i controlli amministrativi e tecnici – appuntamento organizzato in Place de la République a Le Mans – Charles Milesi, Ferdinand Habsburg e Paul-Loup Chatin insieme a Matthieu Vaxiviere, Mick Schumacher e Nicolas Lapierre sono stati letteralmente travolti dall’affetto del pubblico. Un sostegno popolare confermato il giorno dopo con la sfilata in centro città, dove l’Alpine A424 è passata tra gli applausi di migliaia di spettatori. E pensare che la macchina che lotterà per un giorno intero sui terribili 13,626 chilometri del Circuit de la Sarthe ha una parente che corre in F1 e una serie quasi infinita di modelli a listino. Alla 24 Ore la battaglia sarà dura – schieramento pazzesco, con ben 23 Hypercar sulle 62 auto in pista – ma non è questo il punto. Il nocciolo della questione qui è riuscire a sfruttare la tecnologia delle corse per le auto di serie. Un percorso difficile che, però, all’Alpine sembra riuscire: dopo aver ucciso nella culla la Renault F1 (operazione contestata da molti) la casa francese è riuscita ad affermarsi nel salotto buono delle supercar. Fernando Alonso, prima di abbandonarli per l’Aston ci ha messo del suo, certo, ma è proprio il progetto complessivo ad aver funzionato. Così nella gamma Alpine accanto alla leggerissima e divertentissima A110 c’è dell’altro. Frutto della trasformazione del marchio Alpine in un allestimento sportivo dei modelli di serie. Con la raffinatezza in più che cerca di agganciarsi alla filosofia del brand sportivo: non a caso queste versioni si chiamano proprio “esprit Alpine”. Così, ad esempio, la nuova Clio “agghindata” fa davvero un’altra figura. Pochi numeri per capire il discorso: in soli 2 anni le vendite di Alpine sono raddoppiate, mentre l’A110 è stata coronata auto sportiva più venduta in Francia e si attesta nella Top 5 del segmento delle coupé sportive in Europa. Si arriva quindi all’Austral E-Tech full hybrid da 200 cavalli (ma in gamma ci sono anche le più tranquilla Mild Hybrid Advanced e Mild Hybrid) che miscela sportività all’ovvia natura di auto da famiglia. L’anima Alpine sportiva però volendo viene fuori in qualsiasi momento grazie al nuovo sistema 4Control advanced a 4 ruote sterzanti che rende le traiettorie molto precise e grazie al noto sistema multi-sense che propone fino a 5 diverse CONTINUA SU FORMULAPASSION
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Macchine che agiscono come uomini e uomini che agiscono come macchine “L’unica cosa di intelligente sulla Williams di Mansell sono le sospensioni”: era il 1986 e così Nelson Piquet sbeffeggiava il suo compagno di squadra tirando in ballo un prodigio tecnico mai visto prima in F1: un sistema di ammortizzatori gestiti da un computer che adattava l’assetto della macchina a seconda dei punti della pista. Come andò a finire lo sappiamo tutti, la Williams FW11 vinse a mani basse il mondiale costruttori e l’innovazione della scuderia inglese fece storia. Una storia che – da allora – non si è più fermata, arrivando fino ai giorni nostri con una sofisticazione mai vista prima: l’auto da corsa senza pilota. Una sfida impossibile che dopo molti test si è realizzata addirittura in un campionato, l’Indy Autonomous Challenge che vede la partecipazione di 26 team, più del doppio di quelli della F1. E la partecipazione di due squadre italiane, la PoliMOVE-MSU (Politecnico di Milano, Michigan State University, University of Alabama) e la UNIMORE Racing – (University of Modena and Reggio Emilia). Un primato che non è l’unico per l’Italia visto che tutte le auto arrivano da Parma: sono le Dallara AV-21 a guida autonoma. Ma non solo: di Italiano c’è anche i fatto che il gruppo di ricerca di e-Novia ha sviluppato più di centocinquanta progetti in collaborazione con aziende del calibro di Ferrari, Lamborghini e Maserati, e ha dato origine alla fondazione di dieci società spin-off, principalmente nel settore veicolare. Tra queste: e-Shock, Blubrake, YAPE e HiRide, che oggi fanno parte del Gruppo e-Novia. Certo, le monoposto che corrono nell’Indy Autonomous Challenge, solo a guardarle, fanno paura perché l’abitacolo è completamente tappato. Ossia dove normalmente siede il pilota, nella monoposto, c’è un coperchio bianco. Lì sotto ci cela il cuore pensante della macchina che rende possibile far correre insieme un gruppo di vetture, in lotta fra loro, senza il comando umano. Un orrore rispetto al calore di un pilota, al suo cuore che mette nelle corse, alle sue strategie. Certo. Ma bisogna anche essere onesti e riconoscere che la folle sofisticazione della moderna F1 sta portando ad avere macchine che agiscono come uomini e uomini che agiscono come macchine. Alla fine, se questo concetto di Erich Fromm si estremizzerà ancora di più, passeremo alle monoposto a guida autonoma senza neanche accorgercene…
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#F1Story - Ferrari 640 F1: una macchina che aveva un'anima Il 26 marzo 1989, al GP Brasile, la Ferrari 640 F1 apriva il mondiale vincendo: era la prima nata dopo la morte di Enzo Ferrari, ma era soprattutto la prima vettura dotata del rivoluzionario cambio semi-automatico, una soluzione che avrebbe fatto scuola Non vi fidate di chi vi dice che le monoposto di Formula 1 sono solo un ammasso di tecnologia e pezzi di carbonio. Sono sofisticate, estreme, velocissime, uniche: ma pur sempre macchine. E invece no. Ci sono macchine che hanno un'anima. Impalpabile, impercettibile, forse pure nascosta. Ma ce l'hanno, come ce l'aveva la Ferrari 640 F1 del 1989. Trentacinque anni dopo, la sua soluzione più famosa è ancora alla base delle attuali F1. Chi segue le corse, non può non conoscerla: la 640 F1 è la macchina che introdusse per prima il cambio semi-automatico. Quello delle levette dietro al volante, per intenderci. Quello che mandò in pensione la soluzione della leva del cambio tradizionale e del pedale della frizione, una rivoluzione degna dei "buoi dietro al carro", cioè il motore al posteriore, oppure della comparsa delle appendici aerodinamiche sui "tubi" che erano le F1 alla fine degli anni '60. Ci sono macchine che hanno un'anima, appunto, ed alcune l'hanno venduta al diavolo come Dorian Gray, perché restano eterne. La 640 F1 è una di queste. Tutto nel libro di Fosco Le macchine hanno un'anima ed in loro c'è quella di chi le ha progettate, costruite, sviluppate. Nella 640 F1, per esempio, c'è l'animo ingegneristico di John Barnard e di Fosco De Silvestri, i due nomi più legati a questa vettura. John era il capo progettista, ma Fosco fu l'uomo che portò fino in fondo la soluzione del cambio sequenziale. E ne è talmente orgoglioso, Fosco, che ci ha fatto un libro per rendere immortali quei momenti: il libro si chiama "Ferrari - La realizzazione di un sogno", ed è il racconto di progetti incredibili e aneddoti indimenticabili. E' un libro che è un testamento professionale, un racconto lungo una carriera che con il cambio semi-automatico visse il punto apicale. Senza nulla togliere al prima ed al dopo della carriera di De Silvestri, quella resta una svolta senza precedenti. Per lui, per la Ferrari e per tutta la F1. 640 F1, macchina iconica per tanti motivi Si può anche fare finta che quest'anima non ci sia. Ma basta raccontarla, la storia della 640 F1, per rendersi conto di cosa abbia rappresentato. Fu, ad esempio, la prima macchina a nascere dopo la dipartita di Enzo Ferrari, scomparso nell'agosto del 1988. Fu la prima Ferrari gestita in pista da Cesare Fiorio, che forse a questa vettura ci è affezionato quasi quanto ad una delle sue Lancia del Mondiale Rally. Fu pure la prima Ferrari guidata dal Leone, Nigel Mansell, che con questa vettura scrisse la storia vincendo inaspettatamente il GP Brasile del 26 marzo 1989: 35 anni fa, appunto. Per non farsi mancare nulla, la 640 F1 dava il bentornato ad una creatura sempre ... (AutoSprint).
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Miti da corsa: torna la leggendaria Cobra di Carroll Shelby A volte ritornano: al SEMA Show di Las Vegas, rinasce un’icona del motorsport, la AC Ace, una vettura leggendaria che ha lasciato un’impronta indelebile sulle piste di tutto il mondo. Ma, soprattutto, ha sancito l’unione di due scuole tecniche, di due diversi mondi racing: quello inglese e quello americano. Proponendo il matrimonio fra un possente (e gigantesco) motore V8 Yankee e una leggera carrozzeria inglese. L’idea, come è noto, fu concepita da Carroll Shelby, che desiderava combinare l’agilità dei telai della piccola marca britannica con la potenza dei motori Ford. Si arrivò al punto, nel 1964, di piazzare il mostruoso Ford 427 su una Cobra, tutto per contrastare la supremazia della Ferrari. Parliamo di un poderoso 7 litri, originariamente sviluppato per le gare NASCAR, da 500 CV, un’infinità rispetto ai 350 cavalli del precedente motore 289. Ma non solo: con l’occasione, su consiglio di Phil Remington, capo progettista della Shelby American, la vettura abbandonò il sistema di sospensioni a balestra in favore di una configurazione a doppi triangoli, in grado di gestire al meglio la potenza del veicolo. Nacque così una vera macchina da gara. Il resto è leggenda, per questa iconica sportiva britannica, amatissima dagli americani e dai piloti privati visto che ha dominato la classe Production vincendo per tre anni consecutivi la 12 ore di Sebring. Ma non solo: il mito della Cobra è in qualche modo simile a quello della Ferrari GTO (perdonate il sacrilego paragone), perché effettivamente, come la Rossa, anche questa era “un’auto da corsa che si può comunque usare per la guida su strada”, come la definì la rivista Sports Car Illustrated dell’epoca. Così è con un certo clamore che in questi giorni la AC Ace fa il suo ritorno in una versione rivisitata e aggiornata, ma fedele – più o meno… – alla tradizione. Sotto il cofano delle nuove AC Ace Classics però niente V8. Gli americani, si sa, in fatto di cultura automobilistica sono un po’ scarsi: le nuove AC possono infatti avere solo un motore Ford EcoBoost 4 cilindri in linea da 2,3 litri che eroga oltre 300 Cv, abbinato a un cambio manuale a sei marce. Oppure un propulsore elettrico Tremec che eroga la stessa potenza di 300 Cv del modello a benzina utilizzando una batteria da 72 kWh e mantenendo il peso dell’auto sotto i 1.134 kg. Peccato, occasione persa. Non pretendevamo il ritorno di un 427, ma uno straccio di V8, di qualsiasi cilindrata si. D’altra parte, con un listino del genere (175.000 euro per le versioni a benzina e 256.000 euro per quelle a batteria) qualche sforzo alla moderna AC avrebbero pure potuto farlo. Evitando così di far ribaltare nella tomba il povero Carroll Shelby. continua su FormulaPassion
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Il 6 giugno la FIA ha annunciato nello specifico il nuovo regolamento che riguarderà le vetture di Formula 1 ed entrerà in vigore nel 2026. Poco prima dell'inizio del weekend del GP del Canada sono state annunciate ufficialmente le nuove regole per la stagione 2026. George Russell, pilota Mercedes, ha parlato di ciò che si aspetta e cosa cambierà rispetto a ora. ⬇️ Leggi le parole di George Russell. ⬇️ #F1 #Formula1 #F12026 #GeorgeRussell #Russell #Regolamento2026 #RegolamentoF1 #RegolamentoFIA2026 #RegolamentoF12026 #MercedesF1 #MercedesAMGPetronas #MercedesAMG #PowerUnit
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