Oggi vi parlo del bostrico e del futuro di certi boschi montani. Dopo la tempesta Vaia dell'autunno 2018 che ha provocato schianti dal vento alle foreste dei nostri boschi alpini, la questione fitosanitaria dei boschi è ha assunto una importanza cruciale. Durante le mie ultime passeggiate nei boschi, un mio caro amico zoldano mi ha spiegato come agisce un piccolo coleottero che si chiama Bostrico tipografo.È un piccolo insetto naturalmente presente negli ecosistemi forestali. In condizioni normali, il bostrico svolge un ruolo ecologico importante, attaccando le piante deboli o giunte alla fine del loro ciclo vitale. Dopo Vaia gli alberi schiantati nelle nostre montagne e che in prevalenza sono abeti rossi, hanno costituito un‘importante disponibilità di cibo per questo insetto. Questo si è riprodotto in massa e anche abbastanza velocemente aumentando l'attacco e quindi determinando la distruzione degli abeti rossi e quindi di porzioni più o meno vaste di bosco. Il bostrico ha avuto la possibilità di riprodursi in massa, aumentando il suo potenziale di attacco e di danno agli abeti rossi. Vasti gruppi di piante si presentano completamente disseccati e il colore delle chiome vira repentinamente dal verde scuro al giallo e quindi al rosso ruggine. Agisce scavando un fitto reticolo di gallerie sotto la corteccia degli alberi e interrompe il flusso della linfa degli alberi che si seccano in piedi. Questa infestazione rappresenta, nella sua straordinarietà, un fenomeno naturale che va gestito per contrastarne il dilagare. Il problema riguarda le difficoltà di operare perché queste piante sotto attacco sono ampie e il Bostrico passa da una pianta all'altra. Gli interventi di gestione del bosco possono solo in piccola parte contenere la popolazione in aumento del Bostrico. Prima o poi certamente le piante diventeranno più resilienti e aumenteranno le loro difese adattandosi alle mutate condizioni ambientali. Nella zona di Zoldo Alto, i boschi della Staulanza e Palafavera sono in sofferenza. Anche sotto il paese di Coi, sopra Mareson, molti abeti sono stati colpiti. I larici sopravvivono e il Bostrico non li colpisce. Ecco perché nella zona più bassa di Zoldo, come per esempio i boschi attorno a Fornesighe non sono colpiti. Sono foreste diverse che si sono sviluppate in altitudini diverse e molto ricche di altre varietà di alberi che al Bostrico " non interessano". I boschi quindi cambieranno. Cambierà il paesaggio. Un cambiamento molto veloce. In soli due anni alcune zone sono veramente trasformate.. #bostrico #boschi #Dolomiti #Vaia
Post di Roberta Lazzarini
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🌳 In questi giorni siamo tornati a visitare il #boscourbano di Poirino (TO), inaugurato un anno e mezzo fa nell’area nord della cittadina, tra la circonvallazione e il centro abitato. Dopo le #curecolturali e gli sfalci delle erbe infestanti realizzati durante l’estate, abbiamo verificato lo stato di salute del nuovo bosco e la presenza di fallanze, ovvero di giovani piante che, in queste fasi delicate di sviluppo, non sono riuscite ad attecchire. Si tratta di un fenomeno naturale dovuto proprio al fatto che alberi e arbusti sono esseri viventi e alcuni tra loro, per quanto scelti tra le specie autoctone meglio adatte al terreno e al clima dell’area, possono avere più difficoltà ad adattarsi. Facendo un censimento pianta per pianta abbiamo quindi constatato che alcuni esemplari di frassino e ligustro stanno facendo fatica a svilupparsi, mentre nell’area adibita a filare abbiamo trovato tre piante spontanee, un ottimo segno del benessere del bosco! Queste osservazioni ci aiuteranno, da un lato, a formulare una proposta di ripristino con le specie che si sono meglio adattate all’area e, dall’altro, a migliorare costantemente le nostre strategie di #forestazioneurbana per creare nuovi polmoni verdi sani e resistenti. 🌳🌲🌳 Il bosco di Poirino, esteso quasi 2 ettari, consentirà a regime di assorbire fino a 319 tonnellate di CO2 in 20 anni e di rilasciare fino a 233 tonnellate di ossigeno nel medesimo arco temporale, assorbendo fino a 226 Kg di PM10 all’anno. Scopri di più su questo progetto 👉 https://lnkd.in/drtkBDYs #diamoradicialfuturo #diariodicampo
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Dalla zanzara tigre, alla robinia, allo scoiattolo grigio: alcune specie di animali e piante, introdotte per vari motivi, stanno cambiando il volto della nostra biodiversità e causando gravi problemi ecologici ed economici. Scopri di più nell'ultimo articolo di Editoriali di Andrea Bellati. #EquilibriMag #EquilibriMagazine #Equilibri #rivista #svilupposostenibile #sostenibilità #magazine #editoriale #animali #milano #biodiversità
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L'altro giorno un collega mi citava un passo di 𝐌𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐑𝐢𝐠𝐨𝐧𝐢 𝐒𝐭𝐞𝐫𝐧 dal libro "Stagioni" del 2006 che mi sembra particolarmente attuale e che si applica in alcune situazioni che mi sono familiari, quando il lavoro e la competenza di chi si occupa di selvicoltura restano un po' sullo sfondo. Lo riporto sotto, citando testualmente e senza ulteriori commenti un pezzo magnifico che si commenta da sè. «Camminando per i nostri boschi vi potrebbe sorprendere un’abbattuta d’alberi, ma prima d’indignarvi o di andare a protestare, guardatevi attorno e cercate di capire il perché del taglio: osservate le piante al suolo, quelle rimaste in piedi, quelle che stanno crescendo e il sottobosco. Forse potreste arrivare a intuire da soli le ragioni di quello che ritenete “un disastro”, ma se trovate nei dintorni un boscaiolo o un guardaboschi chiedetele a lui. Vi sentirete rispondere che quel “disastro” era previsto dal piano 𝑠𝑖𝑙𝑣𝑜𝑐𝑜𝑙𝑡𝑢𝑟𝑎𝑙𝑒 e che i motivi di questi interventi possono essere diversi: di sfoltimento per permettere alla luce di raggiungere gli alberelli sottostanti che altrimenti rimarrebbero soffocati e non potrebbero crescere; per l’utilizzo degli alberi maturi, giunti al loro limite di vigore vegetativo e quindi sul finire del loro ciclo vitale, o di piante deperite o secche, o con il cimale decapitato dalle nevicate primaverli, o sradicate per colpi di vento; ma anche di prelievo di certe specie per permettere ad altre di migliorare lo sviluppo al fine di armonizzare la foresta. Questi tagli colturali hanno grande importanza nella cura del bosco; se bene praticati favoriscono la copertura arborea più adatta a quell’area, stimolano l’accrescimento della massa legnosa permettendo di utilizzare legnami d’opera e prodotti secondari per uso di riscaldamento domestico non inquinante; si può migliorare pure la fertilità del suolo. Queste operazioni apparentemente semplici richiedono invece preparazione e studio; oltre a conoscere lo stato di quel particolare bosco, occorre tenere conto delle condizioni della micro e macro fauna, delle componenti e della fertilità del suolo, dell’insolazione, della pendenza degli impluvi. Insomma gli interventi devono tendere a correggere le forze negative della natura e a stimolare quelle positive. Non assistito dagli interventi degli esperti, il bosco si inselvaticherebbe tanto da diventare ostile e impraticabile a noi e agli stessi animali silvestri. Questo dovrebbero ricordare coloro che guardano ai nostri boschi con occhio di cittadini senza avere conoscenza del buon governo con la natura.[...]»
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La Salamandra di Lanza (Salamandra lanzai) è un anfibio #endemico delle Alpi #Cozie, descritto per la prima volta nel 1988. Questa specie è stata dedicata all'erpetologo fiorentino Benedetto Lanza. Ecco alcune informazioni interessanti su questa specie: Ha un colore nero liquirizia e misura tra i 12 e i 20 cm di lunghezza. La testa è più larga e appiattita rispetto ad altre specie simili, e la coda è arrotondata sulla punta. Habitat: È endemica delle Alpi Cozie, in particolare sul massiccio del #Monviso, in val Germanasca, valle Po, val #Pellice e nella valle del Guil. Si trova tra i 1200 e i 2600 metri di altitudine in boschi misti di latifoglie o conifere e praterie. È un #anfibio di alta montagna, viviparo, con un tasso di riproduzione molto ridotto (1-6 piccoli ogni 3 anni). È molto sensibile alle alterazioni ambientali. La Salamandra di Lanza è classificata come specie in pericolo critico dalla IUCN Red List. Le popolazioni sono diminuite a causa degli interventi antropici È principalmente notturna, anche se può essere attiva durante il giorno in condizioni di elevata umidità. Durante i periodi di siccità o di temperature estremamente basse, la Salamandra di Lanza si rifugia sotto rocce, tronchi o nella lettiera del suolo per evitare la disidratazione e il freddo. Dieta: La Salamandra di Lanza è un #predatore opportunista che si nutre principalmente di invertebrati, come insetti, ragni, lumache e vermi. La sua dieta può variare a seconda della disponibilità di prede nel suo habitat montano La riproduzione avviene in primavera e inizio estate. Essendo vivipara, la Salamandra di #Lanza dà alla luce piccoli completamente formati, senza passare attraverso una fase larvale acquatica come altre specie di salamandre Le principali minacce per la Salamandra di Lanza includono la perdita e la frammentazione dell'habitat a causa dell'attività umana, come lo sviluppo turistico e l'agricoltura intensiva. Il cambiamento climatico rappresenta un'altra significativa minaccia, alterando i microhabitat essenziali per la sua sopravvivenza. Sono in corso sforzi di conservazione per proteggere gli #HabitatNaturali della Salamandra di Lanza e per monitorare le popolazioni esistenti. Questi includono programmi di ricerca e monitoraggio, nonché progetti di educazione ambientale per sensibilizzare il pubblico sull'importanza della specie. Longevità: Le #salamandre possono vivere per molti anni, e alcune possono superare i 20 anni in natura.
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Sempre spunti interessanti. Emerge la chiave di lettura che la correlazione fra tutela della biodiversità e resilienza a tutti i livelli sia un nesso imprescindibile. Non sempre facile puntare ad una progettazione ricca di specie nella realtà! Ma sempre provarci! 👊
LA RESILIENZA DELLE FORESTE ALLE TEMPESTE DIPENDE DALL’INTERAZIONE TRA COMPOSIZIONE FUNZIONALE E CLIMA: APPROFONDIMENTI DA SIMULAZIONI SU SCALA EUROPEA (Art. originale Barrere et al., 2024 Funct. Ecol. 38.3: 500-516). La composizione delle specie arboree è nota per influenzare la produttività delle foreste, ma il suo effetto sulla resilienza delle foreste di fronte ai disturbi, come le tempeste, rimane in gran parte inesplorato. Inoltre, il clima è probabilmente un fattore che influenza direttamente la resilienza delle foreste, ma che influisce anche sull'effetto della composizione delle specie arboree sulla resilienza dell’intera foresta. In Europa, la mortalità degli alberi causata dalle tempeste è in aumento in tutti i biomi climatici. Capire quali sono i fattori che guidano la resilienza delle foreste alle tempeste e la loro costanza attraverso i vari climi appare cruciale per prevedere le conseguenze dei cambiamenti climatici per le foreste europee. Lo studio, ha utilizzato un approccio di simulazione con un modello di proiezione integrale, calibrato con i dati dell'Inventario Forestale Nazionale a livello europeo. Le simulazioni sono state ristrette a insiemi di specie arboree osservate nei dati dell'inventario, coprendo un gradiente di diversità di specie all'interno di un gradiente climatico La ricerca evidenzia come la resilienza delle foreste alle tempeste sia un fenomeno complesso, influenzato sia dalla composizione delle specie arboree che dalle condizioni climatiche. Il concetto di resilienza viene suddiviso in due componenti: la resistenza, ovvero la capacità di una foresta di resistere al disturbo durante l'evento, e il recupero, che è la capacità della foresta di riprendersi dopo il disturbo. Lo studio dimostra che insiemi di specie con maggiore diversità hanno una resilienza maggiore alle tempeste, e che la diversità funzionale può migliorare sia la resistenza che il recupero. Questo perché comunità di alberi più diverse utilizzano le risorse in modo più efficiente e contengono probabilmente specie che possono rispondere più velocemente al disturbo. Tuttavia, la relazione tra resilienza e clima è complessa: la diversità sembra aumentare la resistenza e la resilienza solo nelle aree climaticamente più marginali. Infine, il testo sottolinea l'importanza di comprendere questi meccanismi per anticipare gli impatti dei cambiamenti climatici sulle foreste europee. L'aumento della frequenza e della gravità delle tempeste richiede una gestione più attenta delle foreste, favorendo una maggiore diversità e specie funzionalmente resistenti. Questo studio fornisce importanti spunti per la gestione forestale in un contesto di cambiamenti climatici. Il fatto che la diversità delle specie e la diversità funzionale migliorino la resilienza delle foreste indica che le strategie di conservazione dovrebbero mirare a mantenere una composizione mista di specie per affrontare futuri disturbi climatici, come tempeste sempre più frequenti e intense.
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#FEEM | #EquilibriMagazine ➗ Equilibri Magazine ➗ 𝑅𝑖𝑣𝑖𝑠𝑡𝑎 𝑜𝑛-𝑙𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝐹𝑜𝑛𝑑𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝐸𝑛𝑖 𝐸𝑛𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑀𝑎𝑡𝑡𝑒𝑖 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑜 𝑆𝑣𝑖𝑙𝑢𝑝𝑝𝑜 𝑆𝑜𝑠𝑡𝑒𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 🦟 𝐀𝐧𝐢𝐦𝐚𝐥𝐢 𝐞 🎍 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐭𝐢𝐜𝐢 𝐚 𝐌𝐢𝐥𝐚𝐧𝐨 🏙️ 𝑆𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑜𝑟𝑚𝑎𝑖 𝑖𝑛𝑣𝑎𝑠𝑖 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑒 𝑎𝑙𝑖𝑒𝑛𝑒. 𝑆𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑖𝑡𝑖𝑣𝑒, 𝑣𝑜𝑟𝑎𝑐𝑖 𝑒 𝑎𝑔𝑔𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑒, 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑜𝑛𝑜 𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑢𝑛𝑎 𝑒 𝑓𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑙𝑜𝑐𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑝𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑎𝑙𝑖 𝑐𝑎𝑢𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑏𝑖𝑜𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑡𝑎' ✏️ di 𝐀𝐧𝐝𝐫𝐞𝐚 𝐁𝐞𝐥𝐥𝐚𝐭𝐢, Fondazione Eni Enrico Mattei ❝Le specie aliene sono tra le principali cause della perdita di biodiversità a livello globale. Hanno un ruolo chiave nel 60% delle estinzioni di piante e animali. E non solo, le alloctone causano gravi perdite economiche. Le specie invasive hanno un costo complessivo di 423 miliardi di dollari all’anno. Leggo questo dato nel nuovo rapporto scritto dalla Piattaforma Intergovernativa sulla Biodiversità e Servizi Ecosistemici (IPBES) pubblicato di recente [...]❞ #️⃣ #Equilibri #magazine #magazineonline #animali #piante #funghi #batteri #insetti #organismi #ambiente #fauna #flora #biodioversità #Milano #speciealiene #speciealloctone #specieinvasive #clima #cambiamentoclimatico #cambiamenticlimatici #riscaldamentoglobale #zanzaratigre #robinia #xilella #zoologia 🔗 𝐿𝑒𝑔𝑔𝑖 𝑙'𝑎𝑟𝑡𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜 👇🏻 https://lnkd.in/dgx5gyCn
Animali e piante fantastici a milano. Una guida aggiornata - Equilibri Magazine
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LA RESILIENZA DELLE FORESTE ALLE TEMPESTE DIPENDE DALL’INTERAZIONE TRA COMPOSIZIONE FUNZIONALE E CLIMA: APPROFONDIMENTI DA SIMULAZIONI SU SCALA EUROPEA (Art. originale Barrere et al., 2024 Funct. Ecol. 38.3: 500-516). La composizione delle specie arboree è nota per influenzare la produttività delle foreste, ma il suo effetto sulla resilienza delle foreste di fronte ai disturbi, come le tempeste, rimane in gran parte inesplorato. Inoltre, il clima è probabilmente un fattore che influenza direttamente la resilienza delle foreste, ma che influisce anche sull'effetto della composizione delle specie arboree sulla resilienza dell’intera foresta. In Europa, la mortalità degli alberi causata dalle tempeste è in aumento in tutti i biomi climatici. Capire quali sono i fattori che guidano la resilienza delle foreste alle tempeste e la loro costanza attraverso i vari climi appare cruciale per prevedere le conseguenze dei cambiamenti climatici per le foreste europee. Lo studio, ha utilizzato un approccio di simulazione con un modello di proiezione integrale, calibrato con i dati dell'Inventario Forestale Nazionale a livello europeo. Le simulazioni sono state ristrette a insiemi di specie arboree osservate nei dati dell'inventario, coprendo un gradiente di diversità di specie all'interno di un gradiente climatico La ricerca evidenzia come la resilienza delle foreste alle tempeste sia un fenomeno complesso, influenzato sia dalla composizione delle specie arboree che dalle condizioni climatiche. Il concetto di resilienza viene suddiviso in due componenti: la resistenza, ovvero la capacità di una foresta di resistere al disturbo durante l'evento, e il recupero, che è la capacità della foresta di riprendersi dopo il disturbo. Lo studio dimostra che insiemi di specie con maggiore diversità hanno una resilienza maggiore alle tempeste, e che la diversità funzionale può migliorare sia la resistenza che il recupero. Questo perché comunità di alberi più diverse utilizzano le risorse in modo più efficiente e contengono probabilmente specie che possono rispondere più velocemente al disturbo. Tuttavia, la relazione tra resilienza e clima è complessa: la diversità sembra aumentare la resistenza e la resilienza solo nelle aree climaticamente più marginali. Infine, il testo sottolinea l'importanza di comprendere questi meccanismi per anticipare gli impatti dei cambiamenti climatici sulle foreste europee. L'aumento della frequenza e della gravità delle tempeste richiede una gestione più attenta delle foreste, favorendo una maggiore diversità e specie funzionalmente resistenti. Questo studio fornisce importanti spunti per la gestione forestale in un contesto di cambiamenti climatici. Il fatto che la diversità delle specie e la diversità funzionale migliorino la resilienza delle foreste indica che le strategie di conservazione dovrebbero mirare a mantenere una composizione mista di specie per affrontare futuri disturbi climatici, come tempeste sempre più frequenti e intense.
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Gli ulivi non sono semplici alberi, ma veri e propri custodi dell'#ecosistema. Il motivo? Svolgono delle funzioni fondamentali per l’ambiente: 1. Contribuiscono all’aumento della #biodiversità: gli uliveti rappresentano un rifugio per molti #animali, insetti e per molte altre specie vegetali che contribuiscono, a loro volta, al mantenimento dell'#equilibrio #ambientale. 🌱🦋 2. Aumentano la #produttività dei suoli e la riducono la #desertificazione: gli alberi di ulivo hanno un’elevata capacità di resistenza alla siccità e di adattamento a climi aridi. 🌳 3. Contribuiscono alla lotta contro il #cambiamentoclimatico, purificando l’aria tramite l’assorbimento di #anidridecarbonica e la produzione di #ossigeno. 💨 4. Producono le olive: un frutto da cui si ricava il nostro preziosissimo #olio #EVO 🫒
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L'importanza della divulgazione scientifica sta tutta qui:
CTP per il Monitoraggio delle Risorse Idriche con particolare riferimento alla convenzione Marine Strategy Framework Directive (2008/56/CE, D.lgs. 190/2010)
Spesso ho parlato delle banquettes di Posidonia oceanica, cioè gli accumuli delle foglie morte di questa preziosa pianta - pianta, non alga! - marina che arricchisce le acque del Mar Mediterraneo. Esattamente come le piante erbacee terrestri, ricopre ettari di substrato sabbioso formando delle vere e proprie praterie che si accrescono fino a diversi metri di profondità. Sempre analogamente alle piante terrestri, perde le foglie che, inevitabilmente, finiscono per accumularsi lungo le spiagge. Nel corso degli anni se ne spiaggiano grandi quantitativi, formando le cosiddette banquettes, cioè spessi strati di foglie morte di Posidonia. Si creano così dei piccoli ecosistemi che ospitano una ricca biodiversità in cui coesistono specie terrestri e specie marine e, nel contempo, questi accumuli trattengono la sabbia sottostante, limitando l'erosione costiera in modo del tutto naturale. Certo, le banquettes rendono le spiagge meno "instagrammabili" e le decomposizione di queste foglie può rilasciare odori sicuramente non deliziosi, ma sarebbe sufficiente un po' di corretta informazione per far capire anche ai bagnanti quanto queste foglie siano preziose. E invece no, non è così. Anzi, c'è addirittura chi le usa come strumento politico, facendo passare un messaggio opposto rispetto a quello che sarebbe necessario trasmettere. È notizia di pochi giorni fa il caos mediatico causato da questi accumuli lungo gli arenili di Alghero, in Sardegna. Il consigliere comunale della Lega, Michele Pais, così si è espresso: "La situazione è inaccettabile e sta causando disagi e danni, soprattutto ai concessionari e agli operatori turistici, che stanno subendo anche disdette delle prenotazioni anche a causa di pubblicità ingannevole", aggiungendo che anche l'immagine della città ne starebbe risentendo. Io non credo sia necessario aggiungere altro, ma è indubbio che un approccio fondato sulla sostenibilità e sulla corretta informazione sarebbe indubbiamente più utile anche da un punto di vista comunicativo, invece, come troppo spesso accade, si sceglie la via più semplice e, soprattutto, più allarmistica e sensazionalistica. Tristezza. #science #scienzenaturali #scienze #posidonia
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Le mangrovie rappresentano una barriera naturale cruciale per la protezione delle coste dall’erosione. Con le loro radici robuste e intricate, formano una sorta di muro biologico in grado di rallentare e dissipare la forza delle onde, proteggendo il litorale dalla costante azione erosiva del mare. Questo meccanismo naturale è particolarmente efficace nelle zone tropicali e subtropicali, dove le mangrovie si sviluppano in aree di marea regolare, generando un sistema di difesa contro l’erosione simile a un sistema di frangiflutti naturale. La struttura complessa delle radici, spesso dotate di “radici accessorie” che emergono dal fango per consentire alla pianta di ancorarsi saldamente, cattura e rallenta le onde prima che raggiungano la costa, proteggendola così dalla perdita di sedimenti. Inoltre, le mangrovie contribuiscono alla stabilità del suolo e alla formazione di nuovi sedimenti. Le radici, infatti, non solo rallentano le onde, ma intrappolano sedimenti e materiale organico trasportato dall’acqua, favorendo la deposizione di sostanze nutritive e incrementando così la formazione di nuovo terreno costiero. Questa capacità di accumulare e consolidare il suolo riduce notevolmente i danni dovuti all’erosione, specialmente durante le tempeste e i maremoti, fenomeni che possono distruggere rapidamente le coste prive di una protezione adeguata. Grazie alla loro funzione di stabilizzatori ecologici, le mangrovie sono spesso definite “ingegneri dell’ecosistema” poiché la loro presenza modifica e arricchisce l’ambiente circostante, rendendolo più resiliente agli eventi estremi. Oltre a proteggere le coste dall’erosione, le mangrovie offrono anche rifugio a una vasta biodiversità. Esse rappresentano un bioma essenziale per la sopravvivenza di numerose specie marine e terrestri, garantendo spazi protetti per la riproduzione e il nutrimento. Fonte: “Mangroves”, WWF; "International Day for the Conservation of the Mangrove Ecosystem", UNESCO, 2023 Credit video: licypriyakangujam, Instagram #ambiente #divulgazione #curiosità #different
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