La comprensione della portata della riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione non è un esercizio meramente accademico e non interessa solo il diritto costituzionale, bensì è tema vivo per il diritto amministrativo e per i suoi interpreti e attori a vario titolo. Il significato che si attribuisce alla riforma ben può nel concreto condizionare il dialogo tra attori economici e Pubblica Amministrazione, chiamata al difficile contemperamento di interessi nell'esercizio della discrezionalità e ad assumere decisioni che si collocano, ancorchè impercettibilmente, sullo sfondo di una tensione dialettica costante tra antiumanesimo ambientalista e richiamo alla centralità dell'uomo in ottica solidaristica. La disamina del sistema è dunque più che mai necessaria all'operatore del diritto, per poter partecipare efficacemente a tale dialogo. In questa prospettiva appaiono interessanti le riflessioni di Fabio Cintioli, recentemente pubblicate su Il diritto dell'economia, n. 2/2024, che qui si condividono https://lnkd.in/d_Sz_j8S
Post di Studio Legale Giancarlo Tanzarella
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“L’ordinato funzionamento delle fonti interne” e il “concorso” degli strumenti di tutela dei diritti. Considerazioni sulla sentenza n. 15 del 2024 Qui le mie riflessioni su una interessante decisione della Corte costituzionale in tema di doppia pregiudizialità e tutela multilivello
S. Barbareschi, "L'ordinato funzionamento delle fonti interne" e il "concorso" degli strumenti di tutela dei diritti. Considerazioni sulla sentenza n. 15 del 2024. - Nomos
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Un passaggio della recentissima sentenza 203/2024 della Corte costituzionale (relatore il Prof. Viganò) in tema di mutamenti giurisprudenziali: «ogni revirement scuote gli affidamenti che la precedente giurisprudenza ha creato e, soprattutto a fronte di una giurisprudenza costante e risalente nel tempo, per giustificare un suo mutamento occorrono ragioni di particolare cogenza che rendano non più sostenibili le soluzioni precedentemente adottate». ✅ Il tendenziale rispetto dei propri precedenti – unitamente alla coerenza dell’interpretazione con il testo delle norme interpretate e alla persuasività delle motivazioni – è, per le giurisdizioni superiori, condizione essenziale dell’autorevolezza delle loro decisioni, assicurando che i criteri di giudizio utilizzati restino almeno relativamente stabili nel tempo, e non mutino costantemente in relazione alla variabile composizione della corte. ✅ Ciò vale anche, e forse in speciale misura, per il giudice costituzionale, le cui decisioni hanno una naturale vocazione a orientare la prassi operativa delle istituzioni della Repubblica, creando ragionevoli affidamenti su ciò che a ciascuna di esse è consentito in forza delle previsioni costituzionali. In particolare, il potere legislativo deve essere posto in condizioni di ragionevolmente prevedere se le proprie scelte saranno ritenute conformi alla Costituzione, ovvero siano verosimilmente destinate a essere dichiarate costituzionalmente illegittime. ✅ Naturalmente, a questa Corte non è preclusa la possibilità di rimeditare i propri orientamenti, e se del caso di modificarli. Tuttavia, ogni revirement scuote gli affidamenti che la precedente giurisprudenza ha creato. ✅ Soprattutto a fronte di una giurisprudenza costante e risalente nel tempo, alla quale il legislatore si è nel frattempo conformato, occorrono perciò – per giustificare un suo mutamento – ragioni di particolare cogenza che rendano non più sostenibili le soluzioni precedentemente adottate: ad esempio, l’inconciliabilità dei precedenti con il successivo sviluppo della stessa giurisprudenza di questa Corte o di quella delle Corti europee; il mutato contesto sociale o ordinamentale nel quale si colloca la nuova decisione o – comunque – il sopravvenire di circostanze, di natura fattuale o normativa, non considerate in precedenza; la maturata consapevolezza sulle conseguenze indesiderabili prodotte dalla giurisprudenza pregressa.
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_07 mag 18:32 - Askanews_ *Giustizia, Unaep: avvocato in Costituzione, con Nordio da parole a fatti* Trentini: Italia sconta ritardo notevolissimo su protezione tutori difesaRoma, 7 mag. (askanews) - "L`introduzione della figuradell`avvocato nella nostra Costituzione è una battaglia diciviltà che come Avvocati della Pubblica Amministrazione stiamoportando avanti da tempo e siamo finalmente soddisfatti nelvedere che con l`attuale ministro della Giustizia, Carlo Nordio,c`è la concreta intenzione di passare dalle parole ai fatti". Loafferma in una nota l`avvocato Antonella Trentini, presidentedell`Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici (Unaep), checommenta le parole del ministro Nordio pronunciate durante glistati generali dell`ordine dei commercialisti in corso oggi aRoma."L`Italia, benché culla del diritto, sconta un ritardonotevolissimo sulla protezione dei tutori della legalità e delladifesa, sia con riguardo agli altri Paesi europei, sia conriguardo a Paesi extraeuropei", afferma il presidente Unaep. "Ilriconoscimento del ruolo dell`avvocato passa solo dallaCostituzione, da attuarsi mediante una modifica o dell`art. 111 odell`art. 24, in cui inserire la libertà e l`autonomia delprofessionista e la necessità della difesa tecnica, da rendereparitetiche all`autonomia e libertà del giudice"."Le parole del ministro Nordio - conclude l`avvocato Trentini -ci fanno ben sperare che anche nei politici stia maturando laconvinzione che senza portare sullo stesso piano l`avvocatura ela magistratura qualsiasi riforma di qualsiasi processo nonotterrà mai una vera funzionalità in linea con i tempi, oramaimaturi per tale riforma, l`unica davvero innovativa in termini diciviltà giuridica e di effettività delle modifiche, perché se nonsi parte ponendo sullo stesso piano costituzionale - e dunque digaranzia - le parti del processo, quella che deve difendere equella che deve decidere, qualsiasi riforma sarà sempre destinataa non produrre gli effetti voluti".Red071832 MAG 24 Delivered by @telpress https://lnkd.in/dEscR_4b
Telpress NewsReader : Giustizia, Unaep: avvocato in Costituzione, con Nordio da parole a fatti
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Scheda sulla divisione dei poteri nel diritto costituzionale italiano
Scheda sulla divisione dei poteri nel diritto costituzionale italiano
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Con la sentenza n. 96 depositata in data odierna, la Corte costituzionale ha ribadito l'importanza del contraddittorio «quale primaria e fondamentale garanzia del giusto processo» che «chiama in causa non solo la dialettica tra le parti nel corso del processo, ma riguarda anche la partecipazione attiva del giudice», fornendo una serie di considerazioni in chiave di interpretazione adeguatrice dell'art. 171-bis cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022 (riforma Cartabia), che prevede, nell’ambito della nuova disciplina del processo ordinario di cognizione, l’emanazione di un decreto di fissazione dell’udienza da parte del giudice, prima del deposito delle memorie illustrative delle parti e della comparizione delle stesse; decreto con cui il giudice, prima dell’udienza stessa e senza sentire le parti, decide in ordine alle verifiche preliminari. La Corte chiarisce che «anche se le verifiche preliminari ex art. 171-bis cod. proc. civ. hanno ad oggetto questioni di rito normalmente “liquide” – e ciò giustifica la loro decisione con decreto del giudice prima dell’udienza di comparizione e trattazione in un’ottica di concentrazione e speditezza del processo, in coerenza con la ratio sottesa alla disposizione censurata e con lo spirito complessivo della legge di delega – per altro verso, non è sacrificato il contraddittorio delle parti nella misura in cui, quando emerga l’esigenza che questo debba dispiegarsi, il giudice possa adottare, nei modi indicati, provvedimenti che salvaguardino il diritto di difesa». L’intento perseguito dalla riforma è quello «di giungere, di norma, alla prima udienza con l’eliminazione o la sanatoria di eventuali vizi processuali emersi nella fase introduttiva del processo e con la delimitazione, tendenzialmente definitiva, del perimetro del quod decidendum e del quod probandum, stante le deduzioni delle parti formulate nelle memorie integrative». https://lnkd.in/dvHiUVuU
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Accolta l’eccezione di legittimità costituzionale formulata nel nostro atto di appello. Il Commissario per gli usi civici ha il potere di promuovere d'ufficio a sé medesimo domande giudiziali e di decidere su di esse. La Corte appello di Roma, in seguito alla nostra eccezione, con ordinanza del 23 settembre 2024, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, 2° comma, legge 16 giugno 1927, n. 1766 – norma attributiva di tale potere - con riferimento agli artt. 24, 111 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, e all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, la Corte ha ritenuto che il potere del Commissario per gli usi civici di promuovere d’ufficio i giudizi, previsto dall’ordinamento solo in via transitoria ed in vista di un generale riordino della disciplina degli usi civici, si sia tramutato, nel tempo, in una permanente violazione del diritto dei cittadini a difendersi nel processo e ad essere giudicati in condizioni di parità da un giudice terzo ed imparziale, che non coltivi un pregiudizio circa l’accertamento dei fatti oggetto del processo e non dia modo ad alcuna delle parti di nutrire al riguardo dubbi oggettivamente giustificati. Attendiamo ora il giudizio della Corte Costituzionale in una materia in cui il Legislatore si è mostrato sempre riluttante ad intervenire.
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🔴 🔴 🔴 𝐋𝐞 𝐯𝐞𝐫𝐢𝐟𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐥𝐢𝐦𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢 𝐞𝐱 𝐚𝐫𝐭. 𝟏𝟕𝟏 𝐛𝐢𝐬 𝐜.𝐩.𝐜. 𝐚𝐥 𝐯𝐚𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐂𝐨𝐫𝐭𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐢𝐭𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞!!!!!!!!!!!! 🔴 🔴 🔴 Nell'ambito del processo civile, le recenti verifiche preliminari sancite dall'ormai noto ex art. 171 bis c.p.c. hanno sollevato interrogativi significativi circa la loro conformità ai principi costituzionali. In particolare un'ordinanza emessa dal Tribunale di Verona, la n. 150 datato 23 settembre 2023, ha catalizzato l'attenzione sulle possibili censure di incostituzionalità legate a questo istituto processuale. Le verifiche preliminari, disciplinate dalla riforma Cartabia del processo civile, rappresentano un cardine della fase istruttoria, richiedendo al giudice di esaminare la regolarità della costituzione delle parti e del contraddittorio, nonché la presenza di questioni di merito e di rito, rilevabili d'ufficio, entro un termine di quindici giorni dalla costituzione del convenuto. Tuttavia, il Tribunale di Verona ha sollevato dubbi riguardo alla legittimità costituzionale di tali verifiche. In particolare, si è discusso se le stesse possano violare il principio di delega legislativa stabilito dalla legge n. 206/2021, che ha introdotto le verifiche preliminari. Secondo il Tribunale, l'inclusione di questo controllo potrebbe rappresentare un "eccesso di delega" rispetto ai poteri attribuiti al legislatore delegato. Inoltre, il Tribunale ha sollevato questioni sul rispetto del principio del contraddittorio e sull'adeguata tutela dei diritti delle parti del processo, come sancito dall'art. 24 della Costituzione Italiana. Il fatto che il giudice segnali alle parti le questioni rilevabili d'ufficio per consentire loro di discuterne nelle memorie successive, senza assumere alcuna decisione immediata, potrebbe sollevare dubbi sulla garanzia di un processo equo e contraddittorio. Infine, il Tribunale ha considerato se le verifiche preliminari possano violare il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione Italiana, in quanto potrebbero comportare una disparità di trattamento tra le parti del processo. La risoluzione di tali questioni sarà di fondamentale importanza per determinare la legittimità di questo istituto processuale nel contesto dei principi costituzionali italiani!
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Sulla (ir)rilevanza del mutamento giurisprudenziale quale fattispecie suscettibile di essere posta a fondamento di una istanza di revisione ai sensi dell'art. 630 c. 1 lett. a) e c) c.p.p. ✅ Secondo il ricorrente, si sarebbe dovuto tenere conto del mutamento giurisprudenziale determinatosi per effetto della sentenza delle Sezioni Unite del 2019 in materia di intercettazioni (e, segnatamente, di quelle eseguite in diverso procedimento) dal momento che i giudici di merito avevano ritenuto utilizzabili intercettazioni che non sarebbero state tali secondo la nuova interpretazione delle Sezioni Unite. ✅ La Cassazione ha ribadito che non può essere fatta valere come ipotesi di revisione la inutilizzabilità sopravvenuta delle intercettazioni poste a fondamento della decisione derivante dal mutamento giurisprudenziale di cui alle Sez. U. "Cavallo" del 2019, successivo all'irrevocabilità della sentenza, trattandosi del risultato di un'evoluzione esegetica, conducente ad una rivalutazione delle prove già assunte, inidoneo a travolgere il giudicato. ✅ Con l'occasione la Corte ha ribadito, richiamandola espressamente, quanto affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 230 del 2012 in punto di inidoneità dei mutamenti giurisprudenziali ad essere assimilati alle fonti del diritto, costituendo il risultato di una evoluzione esegetica che non può travolgere il principio di intangibilità della res iudicata, espressivo dell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici esauriti. ✅ La sostanziale irrilevanza dell'overruling giurisprudenziale è stata affermata con riguardo ai provvedimenti passati in giudicato in ragione della ritenuta non assimilabilità dei mutamenti giurisprudenziali alle modifiche normative
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Alcune mie considerazioni in ordine alla sentenza n. 157 del 2023 della Corte costituzionale, riflesso di un dibattito ancora irrisolto in materia di prerogative parlamentari ed intercettazioni.
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CERTEZZA DEL DIRITTO E GIURISPRUDENZA A tutti quelli che qui e altrove si lamentano quotidianamente del fatto che i giudici si sostituirebbero al Legislatore, vorrei ricordare che, piaccia o no, in un sistema "costituzionale", anche se di civil law, il Giudice ha un ruolo fondamentale nell'interpretazione applicativa della legge e nella esatta defizione della sua portata. Del resto quelli giuridici, in quanto astratti non sono concetti "statici", fissati una volta per sempre. Sono concetti "dialogici" che si compongono e scompongono di continuo, nel continuo dialogo appunto, tra Legislazione, Dottrina teorica e pratica (: le tesi sostenute in giudizio dagli Avvocati) e Magistratura. Quest'ultima, peraltro, quando afferma un principio, per lo più, non lo fa "inventandoselo" , bensì o accogliendo una tesi che gli è stata prospettata dalla dottrina pratica (l'Avvocato di quel giudizio) o che trae dalla dottrina teorica. Il quadro si complica ulteriormente se si tiene anche conto che il Nostro Legislatore ha un ruolo ulteriormente limitato dalle Fonti normative sovranazionali e dalle sue letture da parte dei Giudici Internazionali, alla luce delle cui determinazioni i Giudici italiani devono adeguare il nostro diritto interno. Questo non vuol dire che i Giudici abbiano sempre ragione e che loro sentenze siano sempre giuste. Giacché in un sistema in cui quel dialogo è sempre attivo, una decisione o anche un orientamento sono sempre e solo un momento di una discussione che continua ad essere sempre in evoluzione, in cui si può intervenire e a cui ognuno può dare il suo contributo. Proprio per questo, diversamente da quanto generalmente si sosietene, questo sistema è anche quello preferibile. Perché consente a chiunque (e quindi alle singole persone) di poter ambire a che il "suo" caso, così come è per tutte le cose della vita, sia trattato in ragione delle sue "specificità", e non secondo un approccio omologato. Possa fare "giurisprudenza"! Quindi tutti dovremmo batterci, oltre che per avere dei bravi Legislatori, soprattutto per avere dei Giudici e degli Avvocati bravi ed indipendenti, che sono l'ultimo baluardo di libertà e democrazia.
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