The Good Lobby Italia e l’intera Coalizione italiana anti-SLAPP esprimono piena solidarietà ad Antonio Tricarico di ReCommon! Eni ha denunciato per diffamazione a mezzo stampa Antonio Tricarico di ReCommon a seguito delle sue dichiarazioni rilasciate nella puntata di Report dello scorso 5 maggio. Nel corso della puntata, Tricarico aveva evidenziato una sovrapposizione temporale tra l’assegnazione della licenza per lo sviluppo del giacimento di gas di Zohr in Egitto da parte di Eni e il tragico rapimento e omicidio del ricercatore Giulio Regeni. Le affermazioni di Tricarico risultano però del tutto obiettive e sono state ampiamente confermate dal secondo servizio di Report, trasmesso il 17 novembre, che ha reso pubblici documenti confidenziali di Eni, ribadendo quanto dichiarato da Tricarico. La denuncia di Eni nei confronti di Antonio Tricarico e dell’intera ReCommon rappresenta, dunque, un ennesimo caso di SLAPP: una causa legale infondata, volta unicamente a silenziare voci critiche. Purtroppo, Eni non è nuova a questo tipo di azioni. Il colosso dell’oil & gas non ha mai digerito “La Giusta Causa”, la climate litigation promossa da ReCommon e Greenpeace per i danni climatici derivanti dalla condotta spregiudicata dell’azienda negli ultimi decenni. È fondamentale continuare a denunciare pubblicamente questi tentativi di intimidazione e difendere il diritto di informare e di essere informati, proteggendo chi si batte per la giustizia climatica, sociale e ambientale. La querela per diffamazione non può e non deve diventare uno strumento intimidatorio nelle mani di soggetti potenti e spregiudicati. Per questo chiediamo, a nome della Coalizione contro le SLAPP, di riformare quanto prima le leggi sulla diffamazione in Italia. Noi, intanto, continueremo sempre a dare voce a chi, come Antonio, ha “osato” criticare e denunciare chi detiene il potere. #SLAPP #querela #bavaglio #politica #politicaitaliana #Eni #clima #advocacy #ambiente #diffamazione
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🔴 Domani c’è la prima udienza della causa di Greenpeace e ReCommon contro #Eni: l’obiettivo è spingere il giudice a riconoscere le responsabilità climatiche storiche dell’azienda e farle cambiare il piano industriale. Le parti hanno presentato i consulenti. Eni ha scelto un esperto di energia e un economista liberista, ma nessun esperto di #clima. Un segnale preciso. Mentre Greenpeace e ReCommon puntano sulla scienza che lega gli effetti del #cambiamentoclimatico alle sue cause. LINK ALL'ARTICOLO NEL PRIMO COMMENTO
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🤫Nel silenzio (quasi) assoluto ieri #Exxon ha messo il bavaglio ad uno dei suoi “azionisti attivisti”, con l’intento di creare poi un precedente che permetterà di imbavagliare qualsiasi altra iniziativa si questo tipo di #azionisti nel richiedere all'azienda di accelerare la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. ⚖️Exxon aveva citato in giudizio Arjuna Capital a gennaio per impedire all'investitore di presentare una proposta sul clima durante l'assemblea annuale degli azionisti del 29 maggio: la paura che altri azionisti si sveglino e pretendano la decarbonizzazione é troppo alta ed i soldi possono farla passare. La causa di Exxon è diventata irrilevante solo dopo che Arjuna Capital ha fatto marcia indietro promettendo "incondizionatamente ed irrevocabilmente" di non presentare una proposta simile in futuro, rendendo così la causa priva di oggetto. 🔺Sì ma Exxon non si è accontentata di questa censura e usando la tecnica del “precedente giudiziario” ha deciso di proseguire la causa anche con altri azionisti attivisti che in seno al gigante petrolifero ne possano mettere in discussioni le in-azioni climatiche in futuro. Una potenza legale possibile grazie alla marea - nera - di utili che le petrolifere guadagnano sulla pelle di tutti: nel primo trimestre 2024 Exxon ha registrato guadagni per 1,4miliardi nel solo settore energia. Un argomento che vorrei approfondire con l’aiuto dell’amico Giovanni Giuseppe Savini sono gli “azionisti attivisti”, ovvero investitori che acquistano una partecipazione significativa in un'azienda con l'obiettivo di influenzare le decisioni della gestione aziendale. In alcuni casi, gli azionisti attivisti, come Arjuna Capital, si concentrano su temi di sostenibilità e responsabilità sociale, spingendo le aziende a adottare pratiche più ecologiche o socialmente responsabili. Spesso gli azionisti attivisti utilizzano la pressione pubblica e i media per sostenere le loro cause, mobilitando altri azionisti e stakeholders per ottenere supporto per le loro proposte. Esempi sono proprio Arjuna Capital: Famosa per la sua attenzione alle questioni ambientali e sociali, ha spinto diverse grandi aziende a migliorare le loro politiche di sostenibilità. Follow This | Shareholders change the world Un gruppo di azionisti che compra azioni di compagnie petrolifere con l'intento di spingere per politiche più severe di riduzione delle emissioni di carbonio. Elliott Investment Management L.P. Un fondo hedge noto per la sua aggressiva strategia di attivismo, spesso coinvolto in battaglie per il controllo di aziende al fine di migliorarne la redditività. Voi cosa ne pensate ?
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Sono molto lieto di aver partecipato ai lavori dell’Experts Talk #GoldenPower nella splendida cornice di Madonna di Campiglio. Abbiamo discusso in un’atmosfera rilassata, conviviale, con amici e colleghi interessati al tema, vari profili inerenti il Golden Power, istituto giuridico diventato di grande attualità politica e mediatica. Tra i tantissimi spunti emersi, segnalo: - la necessità di formalizzare compiutamente l'attività di monitoraggio delle prescrizioni imposte, alla luce del crescente ricorso all'adozione di misure come esito delle decisioni governative, anche questo per accrescere la prevedibilità del processo, a tutto vantaggio degli investitori destinatari delle decisioni - l’opportunità che le decisioni del Governo, depurate delle informazioni commercialmente sensibili, siano pubblicate per consentire il formarsi di una prassi applicativa di pubblica evidenza, che riduca così le incertezze interpretative, specie con riguardo all'individuazione in concreto degli assets qualificabili come strategici; - la necessità di considerare il golden power come solo uno degli strumenti a disposizione delle istituzioni nazionali e unionali per il perseguimento della sicurezza nazionale (concetto in continua evoluzione e dalle varie sfaccettature) unitamente alla trade policy, all'applicazione del foreign control e del merger control. Ringrazio per l'opportunità l'organizzatore Michele Carpagnano - Osservatorio Golden Power.
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Oggi, per la Rubrica ‘Diritto e Rovescio’ de Il Gazzettino, Alessio Vianello, Managing Partner di MDA - Studio Legale e Tributario, è intervenuto affrontando il tema del cambiamento climatico a partire dalle più recenti sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Un intervento, quello della CEDU, che segna un cambio di passo importante su scala internazionale: gli Stati sono vincolati a rispettare le normative internazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra e l’inerzia può costituire una violazione dei diritti umani. Nonostante sentenze epocali, come quella nei confronti della Svizzera, sembra però ancora lontana la possibilità per i cittadini italiani di veder tutelato il proprio diritto a una protezione efficace, da parte del proprio Stato, contro i danni significativi che il cambiamento climatico può causare alla vita, alla salute, al benessere ed alla qualità della vita degli individui. #StudioMDA #legale #tributario #CEDU #ClimateChange #cambiamentoclimatico #dirittiumani
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In questa puntata di Start parliamo della classifica dei paesi più vulnerabili dal punto di vista climatico stilata dal riassicuratore Swiss Re sulle conclusioni del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), delle strategie messe in atto dai lavoratori per combattere il carovita e della decisione del Garante della privacy di rimandare le nuove regole sulla conservazione delle email in azienda.
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La causa di ENI a Greenpeace Italia e ReCommon è una questione che chiama in causa i ritardi dell'Italia nell'approvare una normativa anti-slapp che sia coerente anche con la recente direttivo europea approvata nel marzo scorso. In Italia, come denunciano tutti gli osservatori (compresi noi della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD)), il numero di azioni legali temerarie che colpiscono giornalisti e organizzazioni della società civile è ormai una norma. Ed è un problema che riguarda la libertà di informazione e, di conseguenza, la tenuta democratica del paese. Perché ricevere una qualche azione legale di questo tipo può portare ad affrontare spese legali a volte ingenti, a vivere per anni con l'ansia di non vedere alla fine riconosciute le proprie ragioni e, in conseguenza di questo, ad evitare di affrontare quel tema. Una sorta di autocensura che non colpisce solo la persona (o l'organizzazione) che subisce l'azione legale, ma anche altre che potrebbero voler aprire una vertenza e evitano di farlo. Una legge contro le Slapp, in linea con la direttiva UE, sarebbe una tutela per chi è vittima di un'azione legale temeraria, introducendo tutta una serie di tutele di natura probatoria ed economica. E non toglierebbe nulla al giusto risarcimento che chiunque può pretendere nel caso di comprovata diffamazione.
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La #sostenibilità non piace a tutti. Atteggiamento plausibile, quando si tratta di cambi di paradigma così impegnativi per tutti: per le #filiere, per il #mercato, per i #consumatori. Ma mentre c’è chi decide di optare per il #cambiamento, tutt’altro che radicale e programmato sulla media distanza, c’è chi decide di fare muro e di rallentarne, o invertirne, il processo. “Tempi duri per l’azionariato responsabile” quindi, se si cominciano a intentare cause legali nei confronti di chi chiede una #trasparenza e uno sforzo maggiori. Per quanto ci riguarda più direttamente, così commenta il direttore della Fondazione Finanza etica: «Il Governo italiano per evitare il fastidioso (per loro) dialogo con gli azionisti responsabili, ha approvato nel Ddl “Capitali” la possibilità per il #management di tenere le assemblee “a porte chiuse”. Così gli #azionisti (tutti, non solo quelli responsabili o critici) non potranno più interloquire durante l’assemblea, non potranno porre domande (se non prima dell’assemblea in forma scritta e attraverso una società indicata dall’azienda)». Management vs. azionisti?
Tempi duri per gli azionisti responsabili - Vita.it
https://www.vita.it
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Oggi ENI sarà per la prima volta alla sbarra: davanti ai giudici dovrà rispondere delle sue responsabilità climatiche. A citare l’azienda in giudizio 12 cittadin* assieme a due organizzazioni ambientaliste: Greenpeace Italia e ReCommon . Il cane a sei zampe è il primo inquinatore italiano, il suo contributo alle emissioni di gas serra è enorme e nei prossimi anni continuerà ad aumentare la produzione di petrolio e gas. Recentemente è emerso il coinvolgimento di ENI anche nello sfruttamento di idrocarburi a largo delle coste di Gaza. Ma anche quando parla di soluzioni alla crisi climatica quelle che propone sono false soluzioni, come abbiamo raccontato nell’ultimo report dedicato allo stoccaggio di CO2 https://lnkd.in/dXGRFgUh Sono solo alcune delle ragioni per cui portare in tribunale la multinazionale più inquinante di casa nostra è una scelta doverosa che non si può non condividere. #stopfossilfuels #bastavelEni #stopclimatechange #bigpolluters
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In Italia conosciamo le minuzie, i dettagli e i cartigli di ogni singolo processo. Siamo un paese ossessionato da quello che succede nei tribunali. Eppure oggi comincia un processo dal quale dipendono i destini ultimi, la politica energetica e il futuro di questo paese, ma allo stesso tempo è un processo di cui non parlano i telegiornali, né i quotidiani (con le poche, note eccezioni), né le rassegne stampa. Oggi c'è la prima udienza della causa climatica di Greenpeace e Recommon contro Eni. Chiedono una cosa coraggiosa, una cosa enorme: che Eni cambi il suo piano industriale per rimetterlo in linea con l'accordo di Parigi, che l'Italia ha firmato ed è tenuta a rispettare. Per renderci conto della scala: per emissioni di gas serra, Eni supera il resto di tutta l'economia italiana messa insieme, includendo fabbriche, agricoltori, trasporti, tu, me, tutto. Per un giornale, sarebbe una bella storia da raccontare anche senza i contenuti ambientalisti, due ONG che citano un colosso in tribunale per parlare del futuro della civiltà umana, è una cosa su cui Steven Soderbergh potrebbe fare un film, è la materia di cui è fatto il successo di Erin Brokovich. Eppure, silenzio. In me non c'è un grammo di complottismo, eppure, come dire, fa riflettere. Come ogni processo, decideranno i giudici, ed è giusto che sia così. Però è un processo che ci riguarda, in un modo profondo e radicale, riguarda la destinazione che vogliamo dare alla nostra comunità umana, riguarda il complicato rapporto tra gli sforzi a cui siamo chiamati noi e quelli che dovrebbero fare aziende così grandi e di così grande interesse pubblico. Dovremmo parlarne dappertutto, ognuno dovrebbe farsi la sua idea, come ci facciamo un'idea su cazzate irrilevanti come i pandori e la beneficenza degli influencer. Ed è per questo motivo che il silenzio che c'è intorno a questo processo stride, mi preoccupa più dell'esito del processo in sé, e andrebbe spezzato.
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