La conferenza stampa
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L’incontro diretto e personale con i giornalisti trova nella conferenza stampa uno dei più importanti strumenti per la costruzione del dialogo fra l’azienda e i media. Le caratteristiche proprie della conferenza stampa fanno sì che questa forma di scambio assuma aspetti di forma e di contenuti ben delineati e obbedisca a una sorta di cerimoniale, in cui entrambe le parti giocano un ruolo codificato dalla prassi. La conferenza stampa rappresenta un appuntamento non certo frequente giacché può essere impiegata in limitate circostanze. Infatti il richiamare i giornalisti fuori dalle redazioni, il convocarli chiedendo una disponibilità di tempo (basti pensare al disagio del percorso fino alla sede della conferenza e rientro in redazione), la distrazione dalle attività correnti (la “pressione” in redazione è spesso elevata per il succedersi di notizie e eventi da coprire, per le esigenze di chiusura, ecc..), la richiesta di una attenzione dedicata all’azienda e al tema proposto sono tutti elementi che devono essere suffragati da una validissima ragione, anche in caso di web conference in streaming, se infatti viene meno il disagio dello spostamento fisico fino alla sede della conferenza, resta comunque gravoso l’impegno di tempo e di attenzione dedicata.
L’azienda deve sempre valutare se non vi siano altri strumenti disponibili per canalizzare il tema e farlo giungere ai destinatari (il target finale designato), indipendentemente dalla mediazione dei giornalisti (come per esempio usando i social media, o un annuncio a pagamento su testate on/offline). Va anche considerato se non vi sia uno strumento che apporti ai giornalisti l’informazione (come il comunicato stampa, un dossier) senza richiedere loro l’impegno di partecipare alla conferenza stampa. Indire questa (nella realtà o via web) significa muovere i giornalisti verso la notizia. A fronte del disagio e dell’impegno che si chiede loro, l’azienda deve proporre un tema di rilevanza assoluta e una necessità inderogabile di comunicarlo de visu, sotto forma di incontro.
Non sono quindi frequenti le circostanze che richiedono una conferenza stampa. Per valutarle, bisogna far passare il tema, che si vorrebbe proporre ai media, attraverso una griglia di analisi atta a sondare la sussistenza dei termini di notizia e di notiziabilità e la loro consistenza (validità in chiave giornalistica). In mancanza di elementi forti è d’obbligo rinunciare alla conferenza stampa, optando per un’altra soluzione. La tabella illustra la griglia di analisi che può essere adottata per approfondire sussistenza e consistenza del tema in chiave di notizia e quindi valutare se ci siano punti di forza sufficienti per indire una conferenza stampa:
Se il tema ha solide basi di notizia e ha potenzialità di notiziabilità (diffusione della notizia) bisogna inquadrarlo nel contesto delle peculiari caratteristiche che delineano la conferenza stampa e che di seguito esaminiamo. Iniziamo, considerando l’aspetto dell’annullamento prossemico, ovvero l’eliminazione della distanza e dello spazio fisico fra le persone dell’azienda e i rappresentanti dei media. Annullamento che è più evidente e di immediata percezione nella conferenza stampa tradizionale, ma che esiste anche per quella via web, trasmessa in streaming, che si pone comunque come un “faccia a faccia” sincrono. Dunque azienda e giornalisti si trovano di fronte come in una conversazione, ma si tratta di una forma di conversazione del tutto particolare. Nella prima parte della conferenza stampa , quando è l’azienda che espone il proprio pensiero, si ha un monologo, nella seconda parte, quando si avvia il dibattito, si è più vicini all’intelaiatura dell’intervista e della relativa alternanza dei turni di parola. Nella gestione della conferenza stampa, l’aspetto conversazionale dovrebbe comunque prevalere per facilitare uno scambio il più possibile paritario. Si può così creare uno dei rari momenti che consentono all’azienda di annullare le distanze e di porsi in un atteggiamento di ascolto, di apertura, di dialogo vero con uno dei pubblici più importanti per i suoi fini comunicativi e che incide notevolmente sul suo media reputation index.
L’aspetto di conversazione, che dovrebbe improntare la conferenza stampa, sottende un principio di collaborazione, di avvicinamento delle parti. La collaborazione si deve estrinsecare nella disponibilità di rendere possibile il dialogo, ovvero di accedere a una forma di scambio. E’ infatti solo dal rapporto dialettico, dal mantenere aperti i canali di comunicazione che si può sollecitare negli interlocutori una risposta e quindi accertarsi che il messaggio sia giunto a destinazione e correttamente compreso. Se la comunicazione diventa solo unidirezionale, dall’azienda verso i media, cade la dimensione di conversazione e l’azienda perde l’opportunità di tenere più efficacemente sotto controllo l’esito del suo discorso poiché manca un immediato segnale di ritorno. Nella conferenza stampa, l’azienda (con il suo universo simbolico, il suo sistema di valori, di identità e di cultura) non solo si offre all’interpretazione dei giornalisti, ma sottopone loro anche un tema, un argomento specifico che è l’oggetto della conferenza stampa. L’azienda ha così la necessità di farsi comprendere e di far intendere l’argomento (i cui contenuti sono spesso non noti o poco conosciuti da parte dei media). Essa viene così a trovarsi in una posizione vulnerabile poiché rischia l’incomprensione, ma è proprio stabilendo una “conversazione” che può cercare un piano di intesa.
Il fatto che sia l’azienda a scegliere l’argomento, oggetto della conferenza stampa, mette i giornalisti in una posizione svantaggiata e crea una asimmetria cognitiva. Mentre l’azienda conosce il suo argomento e ha modo di elaborare un discorso persuasivo, la stampa deve apprenderlo, deve dunque compiere un percorso di conoscenza e di valutazione che richiede tempo e competenze.
Diventa doveroso per l’azienda riempire il tempo di risposta, fornendo ai giornalisti un’esposizione dell’argomento quanto più possibile ordinata, chiara, documentata (con fonti qualificate, certe, verificabili), dotata di coerenza interna fra gli argomenti ed inoltre pertinente, avvincente, ricca di riferimenti culturali che rientrano nel sapere condiviso fra azienda e media. Meglio ancora se l’azienda si premura di mettere i media in grado di informarsi sul tema fin dal momento dell’inoltro dell’invito a partecipare.
L’accettazione del messaggio da parte dei giornalisti sta in gran parte nella capacità dell’azienda di elaborarlo, parlando la stessa lingua dei media, assecondando le loro esigenze. Nel dipanare il discorso, il rapporto con la realtà di cui si parla deve essere immediato, la forma espressiva dei messaggi deve arricchirsi di elementi culturali comuni, deve colorarsi di espressioni familiari ad entrambi, evitando per quanto possibile tecnicismi. La narrazione deve curare l’esposizione verbale e l’intonazione dei relatori per tenere desta l’attenzione. Va dato rilievo al corredo di immagini o filmati che facilitano l’apprendimento.
Gli aspetti organizzativi di una conferenza stampa si devono concentrare sulla messa in scena della verità posseduta dall’azienda circa l’argomento oggetto della convocazione dei giornalisti. Sotto questo profilo, l’attenzione si incentra sui contenuti e sulla cornice. L’evento va infatti caricato di significato, va studiato nel minimo dettaglio per creare quella piattaforma comune che faciliti la comprensione, va reso produttivo nella sua finalità di scambio.
L’organizzazione pratica prevede un iter ancorato ad alcuni punti di riferimento. Iniziamo dal contenitore: la location. Va scelta obbedendo a tre semplici criteri:
#-deve esserci massima compatibilità e affinità fra la location e l’evento (ovvero fra gli elementi caratterizzanti della location e i messaggi che saranno comunicati nella conferenza)
#-la location deve essere un trasmettitore e un amplificatore dei messaggi (ovvero deve consentire la valorizzazione degli elementi simbolici)
#-essa deve anche agevolare lo svolgimento di tutte le fasi, ovvero deve essere razionalmente funzionale.
Molto spesso la miglior location è proprio la sede stessa dell’azienda. Il numero di giornalisti invitati e presenti non è mai molto elevato, una sala riunioni capiente può quindi rispondere ai criteri sopra indicati. La cornice va allestita sulla base di una sceneggiatura che indichi, in sequenza, come verrà usata ogni parte della location, da chi, quando e per quanto tempo. L’allestimento scenografico non deve sovrastare, né distrarre l’attenzione dal tema, né creare contrasti con la cultura, i simboli e i codici di riferimento dell’azienda, né tanto meno creare barriere (fisiche o psicologiche) di alcun genere. Se la posizione frontale relatori/pubblico è spesso inevitabile (per la configurazione stessa della location), si possono comunque attenuare gli effetti “imperativi”, evitando di mettere i relatori su una pedana che sovrasta il pubblico, usando invece un set di poltroncine a livello delle sedute dei partecipanti, disponendo questi, per quanto possibile, a semicerchio. Una soluzione ottimale, che apre al dialogo, è la disposizione di relatori e operatori dei media attorno a un grande tavolo.
L’allestimento tecnico deve facilitare al massimo la trasmissione e l’intelligibilità del messaggio (un adeguato impianto audio, una nitida proiezione di immagini, una perfetta ricezione dell’eventuale traduzione simultanea, ma anche una gradevole climatizzazione dell’ambiente, ecc..). L’iter organizzativo deve tenere conto di una sequenza temporale che consenta di pianificare e di eseguire il lavoro in modo da dedicare sufficiente attenzione e cura ad ogni aspetto. La conferenza stampa pianificata, in un momento scelto volontariamente dall’azienda, deve comunque tenere conto dello sfasamento temporale fra media on line e off line (in particolare la tempistica di settimanali e mensili, o anche bimensili frequenti nel B2B) così da allertare per tempo anche i giornalisti che operano in testate a lunga programmazione.
La formula di presentazione del tema, durante la conferenza stampa, dovrebbe obbedire a uno schema narrativo il più vicino possibile alla conversazione. L'enfasi sarà quindi posta su una sequenza del tipo:
#-esplicitazione del tema da parte dell’azienda
#-supporto di dati e di altri elementi conoscitivi o di testimonianze di esperti
#-sollecitazione delle domande dei giornalisti
#-risposte esaustive e chiare dell’azienda.
Gli approfondimenti da parte dei giornalisti avvengono abitualmente, finita la conferenza stampa, con singole interviste ai rappresentati dell’azienda (o esperti che hanno preso parte in qualità di relatori). In questo modo è anche possibile per il giornalista personalizzare il proprio articolo con elementi ricavati dall’intervista o da dichiarazioni rilasciate al momento, oltre che attingendo dalla documentazione del press pack.
Anche per le conferenze stampa, organizzate per far fronte ad emergenze e impellenze improvvise, è possibile e anzi auspicabile mantenere la dimensione di conversazione. Nei disaster/recovery plan che si inquadrano nella strategia di crisis management, è prassi preparare per tempo il progetto di conferenza stampa adatto a far fronte alle situazioni di emergenza (che vanno catalogate con l’aiuto di un risk manager e attraverso il risk management analysis), individuando una location sicuramente disponibile con brevissimo preavviso e adeguatamente attrezzata (ma anche considerando l’ipotesi di una sala stampa sul luogo stesso dell’incidente, usando per esempio un motor-van attrezzato con postazioni per i giornalisti), predisponendo la documentazione adeguata al momento e alla situazione, addestrando il management ad affrontare questo tipo particolare di conferenza stampa.
(estratto dal mio manuale e corso: "Ideazione, gestione e valutazione degli eventi strutturati")
Owner, AD PERSONAM®- public relations strategist - independent scholar - author
8 anniL’organizzazione pratica prevede un iter ancorato ad alcuni punti di riferimento. Poche regole, ma basilari.