L'internazionalizzazione in Asia per le PMI italiane

L’internazionalizzazione, oggi un mantra sempre ripetuto in Italia anche se pochi riescono a realizzarlo, può rappresentare una strategica chiave di crescita e di sviluppo della performance per le PMI capaci di guardare oltre confine per ottimizzare opportunità di mercato e potenziale di business.

Mentre l’export, definito in Italia anche come “internazionalizzazione light”, rappresenta per le PMI la ricotta più semplice per uscire dalla palude della recessione economica nei mercati tradizionali, progettualità più complesse e strutturate come joint-venture o investimenti diretti (FDI) in determinati mercati possono offrire interessanti soluzioni di internazionalizzazione.

Il modello italiano di sviluppo si basa su una rete di PMI che oggi devono evolvere dal “distretto” ai “mercati internazionali”, passaggio che implica l’allargamento dal territorio familiar a quello del new business, una sorta di navigazione in acque inesplorate, che occorre conoscere per procedere in sicurezza.

I dati sull’export delle imprese italiane mostrano la fotografia di un grande squilibrio (si veda la tabella). Infatti, quasi il 50% dell’export è realizzato dall’1% delle aziende e il restante 50% dal 99% delle aziende tra micro e PMI.

Ciò non significa che i problemi esistano solo per una determinata dimensione aziendale, perchè la presenza di fattori che ostacolano la competitività è un elemento di difficoltà comune, seppur con valenze differenti a seconda della dimensione aziendale.

Quali sono le PMI che riescono a navigare attraverso queste acque inesplorate?

1. quelle con un dinamismo e una cultura aziendale aperta verso i nuovi mercati internazionali, che comprendono l’importanza di applicare azioni di marketing;

2. che dimostrano una attitudine a valutare differenti soluzioni di presenza nei mercati esteri sotto forma di export diretto (tramite un ufficio di rappresentanza o trading company propria), joint-venture (per esempio, tramite un’alleanza sul fronte della distribuzione) e FDI (nella forma di delocalizzazione produttiva);

3. che hanno investito nell’innovazione del processo produttivo, con un prodotto di valore e con tangibile vantaggio competitivo.

Come si cresce? Dando valore al prodotto offerto e cercando la nuova domanda nei nuovi mercati di riferimento (oggi in Asia in particolare) dove le demografiche del consumatore hanno caratteristiche differenti (middle class, target giovane, reddito disponibile per spese non primarie) rispetto a quelle del mercato domestico o dei mercati tradizionali oggi in stand-by.

La celebre frase di Coco Chanel, “il lusso è una esigenza che comincia dove la necessità finisce”, è davvero molto rappresentativa dell’evoluzione dei nuovi mercati del lusso.

Internazionalizzare il proprio marchio e prodotto in uno o più mercati esteri richiede una rigorosa analisi del mercato per identificare opportunità e potenziale di business, un passaggio primario per la strategia di business internazionale di ogni azienda.

Come declinare la strategie di approccio ai mercati delle PMI del Made-in-Italy?

I modelli sono tre:

• difensivo-conservativo: qui l’azienda ha un focus sull’export più difensivo che espansivo. Si tratta spesso di aziende poco dinamiche, sovente a conduzione familiare, senza una particolare competenza manageriale e che mantengono l’attività produttiva in Italia (sicuramente la soluzione meno rischiosa ma anche meno proficua);

• export diretto dinamico: l’azienda mostra un dinamismo verso i mercati esteri in alcuni dei quali vuole operare attraverso un proprio ufficio di rappresentanza o trading company per promuoversi e gestire il mercato locale o una macro-regione più allargata

• dinamico-multinazionale: l’azienda è attivamente presente in uno o più mercati sia delocalizzando alcune attività di produzione o di distribuzione che con proprio network produttivo, distributivo e commerciale in più mercati.

L’Asia è indubbiamente la regione che oggi guida la crescita economica globale e non c’è Paese, dai macromercati della Greater China ai mercati emergent e in forte crescita della regione ASEAN quali Indonesia e Malaysia, che non offra incentivi e strumenti per attirare investitori stranieri e facilitare operazioni di internazionalizzazione nelle varie forme.

Singapore rappresenta il centro del Luxury per tutti i mercati emergent della regione ASEAN, nonchè un hub primario nell’area Asia-Pacifico, con un valore di mercato nel 2013 di 2,5 miliardi rispetto ai 5,5 miliardi dell’area ASEAN e ai 27,4 miliardi del mercato della Greater China (Cina, Hong Kong, Taiwan e Macao) in ordine di valore.

Singapore è, insieme al grande vicino Indonesia, la maggiore economia tra i 10 mercati dell’ASEAN e la terza in termini di crescita nel gruppo del G20.

I due insieme costituiscono il cosiddetto mercato del lusso di “Singonesia” stimato da Credit Suisse con un valore di circa 5.8 miliardi al 2015.

Nel mercato del lusso c’è ampio spazio per l’eccellenza del Made-in-Italy, che rimane un’icona sinonimo di tutti quegli aspetti che caratterizzano il lusso: tradizione, lavorazione artigianale, attenzione ai dettagli, materiali di pregio, qualità distintiva, creatività nel design, immagine di lifestyle, utilizzabili come leve per un posizionamento con prezzo premium.

L’eccellenza del Made-in-Italy, declinata in settori quali design, moda, agroalimentare, arredamento e meccanica di precisione, è riconosciuta a livello mondiale, ma deve sapersi innovare mettendo a frutto l’esperienza acquisita e pensando in modo originale.

Per farlo occorre esaltare il valore del brand al fine di dare valore al prodotto e di attivare le leve del marketing e della comunicazione, ambiti che incontrano forte attrito da parte di molte PMI che vedono queste due funzioni solo come una inutile spesa, un costo aziendale, e non come il driver per la costruzione e lo sviluppo del business.

Dal nostro osservatorio di Singapore rileviamo continuamente le differenze di approccio ai mercati e al business da parte di aziende di differenti Paesi che guardano a oriente per la loro strategia di crescita internazionale.

Mentre aziende di Paesi spesso diretti competitor del Bel Paese, specie la Francia, e aziende di un mercato cresciuto con la cultura dello spirito imprenditoriale, come gli USA, arrivano in Asia con l’idea di sviluppare un progetto strutturato e con una chiara visione strategica, occorre purtroppo constatare una crescente confusione e improvvisazione da parte di molte aziende italiane che credono basti clonare il modus operandi del mercato domestico per avere successo in Asia o si aspettano di ottenere un significativo ritorno da un nuovo mercato dopo solo 2-3 mesi.

L’Italia vanta un settore vinicolo particolarmente di pregio, e Singapore è un primario hub di import/export oltre che dei consumo di lusso, ma cifre alla mano il vino italiano rappresenta solo il 6% in valore e il 7% in volume contro una massiccia presenza francese pari al 43% in valore e al 26% in volume.

In vista dell’accordo di Free Trade tra EU e Singapore, si aprono una serie di opportunità verso Singapore e i mercati ASEAN, così come il governo di Singapore offre una serie di incentive fiscali alle aziende che vi si registrano, che vanno da zero tax per i primi 3 anni a riduzione di imposta a seconda dei settori di business.

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articolo pubblicato su Harvard Business Review, Italia - settembre 2014

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Antonio Acunzo (antonio@marketingthatworks.us) è CEO di Marketing that Works! (www.marketingthatworks.us), società di consulenza fondata a Miami e con sede a Singapore, che offre consulenza e servizi di Market-Entry & Business Strategy, Brand Marketing e Corporate ad aziende con potenziale di crescita in selezionati mercati in Asia e negli USA.

Domenico Onorio

Controlling / Administration / Finance / Organization / HR / Business Development Manager / Founder "jobTalentMe & Co."

10 anni

Complimenti, molto interessante. Parteciperò senz'altro al Suo Workshop di Bergamo o di Milano. Cordiali saluti. Domenico Onorio Founder jobTalentMe & Co. & Business Development Manager Treis srl

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