25 Aprile : una ferita nel corpo sociale italiano rimarginata e un dolore dell’Anima tuttora insistente!
25 Aprile : una ferita nel corpo sociale italiano rimarginata e un dolore dell’Anima tuttora insistente!
Anche quest’anno il 25 Aprile è arrivato! con il suo carico di ricordi festosi e laceranti. Ne respiriamo l’aria, silenziosi, chinando il capo. Non sappiamo dare giudizi, non perché privi di senso morale, sotto il quale trasciniamo, in primis, l’attività politica! ma perché prima di giudicare occorre assolutamente conoscere e del 25 Aprile la catarsi è ancora in corso, lenta, a volte contradditoria. Una Nemesi che procede graduale, ma inesorabilmente implacabile!
Centinaia di migliaia di Ragazzi, nella piena fioritura della giovinezza, sono caduti, nel ‘900, sulle nostre scintillanti e nevose Alpi e sui nostri Appennini silvestri; altri ancora sui fronti cocenti africani o su quelli gelidi siberiani; una moltitudine è perita nei Campi di Sterminio e nelle fauci “foibiche”; schiere intere inghiottite dai flutti marini, similmente alla tragica sorte dei Disperati odierni, in cerca, su altri Lidi, di pace e di eguaglianza civile e sociale. Stranamente, su tali sponde sepolcrali scorre la fiumana turistica delle generazioni moderne occidentali come il fiume Lete d’oltretomba. Emettere un giudizio finale e compiuto non rientra nel potere nostro di esseri terreni e miserabili, esso attiene a CHI sta molto più in alto, con motivazioni fatali avvolte in un assoluto mistero!
Coloro che con ostentata sicurezza di valori giudicano il “passato del Novecento”, ci devono garantire, con altrettanta certezza, gli stessi valori con cui essi intendono costruire il futuro. Il nostro Futuro! che dipenderà esclusivamente da tutti noi e sul quale ci è naturale e lecito nutrire paurosi dubbi!
La “Scientific and Cultural Promotion”, negli anni passati, scrisse diffusamente sulla ricorrenza del “25 Aprile”, ponendo al centro eroismo, martirio, gioie e sofferenze di quel tempo, quest’anno essa ha scelto di soffermarsi un poco sulla “donna”, in particolare sulla “fidanzata”, alla quale i nostri Giovani scrissero pagine sublimi prima di ricevere, poco dopo, magari un raffica di mitra nel petto!
Fidanzata. Questo lemma per il vero oggi è entrato alquanto in disuso, in molti casi sostituito da ragazza, partner, amica, ecc., ma quel ficcanaso che è il linguaggio, sempre in movimento, per fortuna si occupa delle tinte e non della sostanza!
Abbiamo scelto un illustre autore della Letteratura Italiana, che del proprio ostinato “antifascismo” pagò lo scotto con il duro carcere e con lo sconsolato “confino fascista”: Cesare Pavese!
Grazie alla bellissima Opera di Lorenzo Mondo, “Cesare Pavese – Vita attraverso le lettere”, siamo in possesso di una missiva del “Cantore della Langa e del Monferrato”, appena diciannovenne, ad una sconosciuta fidanzatina di Santo Stefano Belbo. Ecco come ce la presenta Lorenzo Mondo: “Pavese scrive ad una ragazza, di cui ignoriamo il nome, durante un soggiorno a Santo Stefano Belbo: torna di rado al paese, ma ne conserva un ricordo tenerissimo. Raramente, nell’epistolario, parlerà delle Langhe con tanto abbandono”.
Grazie, Lorenzo Mondo, della Sua pregiatissima raccolta epistolare, mai un abbandono all’innamoramento è stato così intenso ed espresso con tanta sublime perfezione artistica. Esso è la sintesi spirituale di tutti i nobili sentimenti d’amore verso la “donna del cuore” dei nostri valorosi Giovani, sui fronti di guerra, tra spari, morte e dolore!
Ha corredo di questo documento uniamo alcune Immagini, tra cui spicca quella de “ Il Bacio”, dipinto di Francesco Hayez del 1859, elevatissima espressione romantica dell’Amore!
Trascriviamo pure i LINK della Cerimonia Ufficiale del 25 Aprile 2018 ad Acqui Terme e il LINK del nostro SITO.
26 Aprile 2018
Con tenero sentimento! Sergio Rapetti – president
P.S. Carissime Amiche Lettrici e cari Amici Lettori, non leggete di corsa la tenera lettera di Cesare Pavese alla sconosciuta ragazza! essa contiene una vena romantica che conduce direttamente al cuore. I'imperativo perfetto dell'Amore è questo: amare intensamente e di pari saper farsi amare. Provateci!
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LINK DELLA CERIMONIA DEL 25 APRILE 2018 IN ACQUI TERME:
Parte prima:
Parte seconda:
Parte terza:
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LINK del SITO “ SCIENTIFIC AND CULTURAL PROMOTION “ di
Sergio ed Enrico Rapetti ( padre e figlio ) – unici soci proprietari:
( N.B. Il presente LAVORO è a pagina 110 del SITO! )
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( dall’ Epistolario di Cesare Pavese )
A UNA RAGAZZA
Santo Stefano Belbo, 17 settembre 1927, notte
Per tutto il viaggio non ho pensato che a te. Al tuo volto e alla figura continua che tu hai sempre. Ma soprattutto, immerso in una nuvola di dolcezza segreta, ho
fantasticato e mi sono inebriato a lungo del dono dolcissimo e indicibile che ho avuto da te ieri senza avere osato sperarlo mai. Nei giorni passati tu mi avevi già confuso di cose belle, di doni semplici e meravigliosi, ma ieri tu mi hai donato nella tua intimità dolce e triste il culmine della vita. Mi hai mostrato nella grandezza appassionata e rassegnata del tuo sentimento di essere una creatura altissima che vive davvero di sogni e di dolore e hai saputo nei baci, nelle carezze, nella carezza più pura del tuo corpo, colmare di gioia e insieme convincere di rassegnazione il mio cuore. Sei tornata per me quella che per un istante l'odiosità degli altri e la viltà della mia anima avevano oscurato: un fiore di poesia, un fiore delicato e indicibile, pieno di dolcezza e tristezza, datrice di spasimi e di gioie, un'immagine affinata nella bellezza di un sogno, della vita immensa e umile, di tutte le cose più alte.
Mi fai soffrire, divinamente soffrire ancora, al pensiero di te, del tuo passato e del tuo avvenire, ma ora comprendo, comprendo come non mai. Ho sentito sotto la mia guancia battere il tuo cuore profumato e triste e ho compreso con tutta la mia rassegnazione l'altezza della tua anima che sa sacrificarsi cosi per donare intorno a sé, a un povero poetucolo inetto, tanta dolcezza di poesia, per il solo amore di regalare una cosa buona a un essere tanto triste e tanto fanciullo.
Tu mi hai fatto e convinto poeta, o mia grande bambina. Prima di te tutte le mie pagine non erano che sfoghi sforzati e tremendi, fulminei, di lunghe sofferenze grigie che a un tratto culminavano in una irresistibile potenza di spasimo, o cose morte stentate e sofferte in segreto e con immensa vergogna. Ma ora dopo la tua apparizione azzurra, che fu per me come una grande melodia, colle note gaie e serene dei tuoi capelli biondi, della tua fragilità di sogno, e con quelle più profonde e dolorose dei tuoi occhi spalancati, del tuo viso buono e sorridente della tua povera anima esile ma tanto dolce tanto dolce che rassomiglia solo alla tua voce e a tutta la tua vita... Vedi mi perdo bambina, a pensare e sognare di te.
Ora dicevo dopo la tua apparizione di sogno, la poesia è diventata una cosa sola colla mia esistenza, e ad ogni istante mi fioriscono in cuore tenerezze, scatti, struggimenti e contemplazioni, gioie vivissime e dolori tristi, spasimi, sogni, tutti fusi e vivificati nell'onda struggente di tenerezza che non mi lascia più e mi pare mi consumi lentamente il cuore. Intorno alla tua figura bella si riaggruppano tutte queste ebrezze del cuore, tu sei il loro corpo e la loro forma terrestre, sei il simbolo vivo delle tempeste e delle calme della mia anima e per te sbocciano tutti i miei canti.
Tu sei per me una cosa sovrumana, altissima e inesprimibile, bambina: sei per me la poesia e la vita, la poesia della vita. Vedi quanta gratitudine debbo avere per te. E ieri, ieri, tu mi hai dato nella rinuncia di te stessa i baci e le carezze e le parole di conforto che tu sola sai.
E tutto questo per me, per la pietà e un po' per l'amore del mio povero aspetto contristato e raggelato dalla vita ch'è dura e fredda e non s'arresta per nessuno che la voglia sognare.
Oh grazie grazie bambina.
Qua ho riveduti i colli fra cui sono nato nella dolce pianura del fiume, piena d'alberi e la terra dal largo declivio dolcissimo dove ho scorrazzato e vissuto bambino; ho riveduto i profili delle colline pallidi di lontananza dove bambino ancora, spaziavo lo sguardo col cuore gonfio, e con parole esaltate alla bocca in un'aspirazione struggente a mondi lontani, tanto lontani, dove si viveva soltanto della musica di quelle belle parole d'amore.
Amavo le nuvole in cielo, allora, a dieci anni. Da allora, di anno in anno, sempre più il cuore mi si è gonfiato e esaltato e ha goduto dei pochi trionfi, e tristemente sofferto con una gioia che altri non trova nemmeno pallidamente nei piaceri più vivi, e sempre si è agitato e contorto, dettandomi talvolta brevi parole della sua sofferenza viva, sconvolgendosi e stremandosi nel buio, piangendo, fino a ridursi tanto stanco tanto stanco da nemmeno più ricordarsi la sua fanciullezza.
E sei venuta tu bambina a riscuoterlo per un istante e a inebriarlo ancora, di quelle parole esaltate, a farlo vivere «soltanto » della loro musica. Come una di quelle nuvole che mi passavano nel cielo, bambina, io ti amo ora, mio esile sogno dagli occhi perduti nei capelli biondi.
Ciascuno dei ricordi più dolci di quella mia fanciullezza, mi ritorna al cuore con una sorpresa di gioia all'immagine presente di te, che ravvivi e fai bella ogni cosa più vile e dimenticata del mio passato.
E da ieri sei divenuta mia, per sempre, mia senza scampo come è mio tutto il ricordo evanescente tremante dei miei primi anni e delle mie lotte buie: tu sei ora la mia grande poesia, quella che mi è nata senza che io sapessi, in questa vasta pianura disseminata di grandi alberi e rinchiusa tra sognanti colline; quella poesia che ora, dopo lunghi anni di attesa disperata, ritrovo in te, chiara e straziante, e travagliata, armoniosa, indicibile e struggente, come te, te sola.
È questo bambina, l'amore che io ho per te.
Ma tu non dovrai mai (tu sei tanto buona, non lo faresti mai) dar cagione di dolore a Lui (tu sai) distruggergli anche un solo sogno per amore di me, per lenire anche di una sola sfitta le tristezze grigie della mia anima.
Pensa che, a questo, il mio dolore sarebbe forse più grande del suo. Tu ricordi, tu sai, con quanta dolcezza rassegnata ho cercato di avvicinarmelo, di conoscerlo e farmelo amico. Piangerei di vergogna e dolore fremente se lui dovesse soffrire per noi. Io che ti amo, ti adoro di una passione disperata so quanto sarebbe terribile una rovina così grande. Un colpo di rivoltella. Non altro.
E del resto dopo tutto questo tu potrai dire, con un sorriso, «Bah, i poeti son sempre stati così impetuosi, ma in breve si stancano di tutto». Io non risponderò a questo.
Sono triste triste e tanto vile. Ma credi, tutto quanto ti ho detto è la verità, la verità più pura. Tanto pura e tanto sincera che a scoprirla ho provato una gioia immensa.
Dovrò ancora soffrire tanto nell'avvenire, bambina!
E queste sono le mie sole gioie. Non distruggermele non fare anche tu come gli altri, odiosi.
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