51 - Nessun impatto se non cambiamo prima noi
Autore foto: Nik. Fonte: Unspalsh.com

51 - Nessun impatto se non cambiamo prima noi

Una delle questioni che da consulente mi trovo sempre ad affrontare è quanto un'organizzazione debba cambiare affinché possa davvero aspirare a contribuire all'impatto che definisce la sua missione. Se ho ben chiara questa domanda fondamentale (e almeno come Board o come consulente dovrei averla ben chiara), un soggetto del Terzo Settore, della Pubblica Amministrazione o un'impresa possono già lavorarci impegnandosi con qualità e significativo investimento di risorse nello sviluppo delle seguenti fasi di crescita organizzativa, relative alla definizione di:

  1. Una visione e una missione chiare, condivise con i principali portatori di interesse interni ed esterni ed efficaci da un punto di vista comunicativo.
  2. Una pianificazione strategica ambiziosa e realistica al tempo stesso, articolata per outcome prioritari, annualità e risorse necessarie.
  3. Un sistema di monitoraggio e valutazione efficiente ed efficace per misurare la propria capacità di realizzare la strategia pianificata.

Inoltre, tutte queste 3 fasi, se frutto di un lavoro serio, partecipato e competente, già preparano al meglio la fase successiva: la "messa a terra" di quanto pianificato. È di questa fase che vorrei parlarvi in questo numero della newsletter.

CAMBIARE DENTRO PER CAMBIARE FUORI

Partiamo dalla fase 2 sopra descritta. La domanda guida che ne dovrebbe discendere è: ma noi, con le risorse attuali (di persone, di competenze, di fondi, di rete), siamo già "attrezzati" per cercare di contribuire alle priorità identificate? E se per alcuni outcome di breve periodo, per i quali si è deciso sostanzialmente di dare continuità al lavoro in corso o che partirà a breve, la risposta è relativamente semplice (sono quelli per cui siamo già "attrezzati"), per quelli che abbiamo identificato come aree di crescita, la risposta dovrebbe essere consapevolmente negativa: no, non siamo ancora pronti per arrivare fin lì. È su questa base che dovrebbe partire un lavoro parallelo, ma integrato, alle 3 fasi sopra descritte, per mettere le persone e l'organizzazione (risorse, processi, funzioni... ) nelle condizioni per arrivarci. Detta semplice: si rende necessario un percorso di cambiamento organizzativo, che è sia culturale che gestionale.

FACILITARE LA REALIZZAZIONE DEI PROPRI OBIETTIVI

Senza entrare in complicati studi di change management (ma citando un po' da John Kotter e un po' rielaborando riflessioni cresciute in Mapping Change), vi propongo alcuni punti chiave per facilitare la messa a terra di una strategia di medio-lungo periodo (dando per acquisite le fasi da 1 a 3 sopra citate):

  • motivare e coinvolgere attivamente il BOARD nei passaggi fondamentali, a partire da un forte sostegno ai processi di cambiamento che si attiveranno, in prima persona, mettendoci la faccia;
  • identificare e attivare quei soggetti che dentro l'organizzazione, dal livello direttivo in giù, possono guidare i processi a più livelli, motivare a loro volta tutto lo staff e tenere duro nei momenti difficili, che non mancheranno;
  • definire un piano esecutivo estremamente concreto e dettagliato, con chi deve fare che cosa quando con quali risorse;
  • mettere in piedi un sistema di monitoraggio costante per la gestione dei cambiamenti interni avviati, che includa cicli brevi di raccolta dei feedback da tutte le persone coinvolte e che co-costruisca piani operativi per affrontare le resistenze e attivare azioni mirate per superarle;
  • partire da obiettivi più semplici da raggiungere e di breve termine (low-hanging fruits), successi da festeggiare collettivamente e da utilizzare per motivare ai cambiamenti successivi e più impegnativi;
  • consolidare i risultati raggiunti lavorando sulla loro sostenibilità (culturale e di risorse) di medio-lungo periodo.

In particolare, nel primo anno di messa a terra della strategia la cura dei primi cinque punti chiave appena elencati risulta cruciale. Perché le cattive abitudini tendono a prevalere sulle migliori intenzioni e l'uscita dalla zona di comfort è particolarmente difficile da gestire, soprattutto da alcune persone e uffici/dipartimenti.

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Mapping Change è un'offerta di consulenza integrata, nata per rispondere in modo personalizzato e con approccio sistemico alla crescente necessità delle organizzazioni di ripensarsi nell'attuale contesto, carico di incertezze e caratterizzato da rapidi e continui mutamenti.

La qualità di Mapping Change è garantita dall'esperienza e dalla professionalità dei collaboratori che compongono la squadra: oltre a me e a Cecilia Rossi Romanelli, Responsabile del settore internazionale, i nostri consulenti sono tutti senior e accuratamente selezionati.

Qui trovate tutte le organizzazioni con cui abbiamo lavorato o stiamo lavorando: da ONG di Cooperazione Internazionale ad Agenzie Governative, da Consorzi di Cooperative Sociali a Fondazioni Bancarie, da Enti Locali a ETS di dimensioni e aree di intervento estremamente varie.

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Marco L. Girolami

Impact Marketing, Sustainability & Social Innovation

9 mesi

Condivido! La dimensione personale la poniamo anche noi al centro dei vari percorsi che facciamo (sostenibilità, modelli di business e così via). Si cambia da dentro, non da fuori infatti!

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