AI – alcuni punti fermi (se possibile)
Condivido qualche punto (quasi) fermo all’interno delle mie personalissime elucubrazioni su digitale a AI.
Il primo è che quando leggo articoli e ascolto talk in merito, mi piace anteporre il filtro del linguaggio, ricordarmi che le parole che usiamo non sono altro che strumenti che ci servono per descrivere cose tra noi umani ma che non definiscono le cose per come sono. L’intelligenza ad esempio è un qualcosa che noi stessi abbiamo definito (anche in modo molto piuttosto poco strutturato tanto che ognuno ha la sua propria definizione) che abbiamo vestito di valori positivi e che, da soli, ci siamo attribuiti.
Poi viene il punto sulla coscienza: non è assolutamente chiaro cosa sia la coscienza ma nonostante questo per qualcuno diventa punto quasi focale sull’AI. Come mio punto fermo ho la distinzione tra coscienza e intelligenza (che è separata anche in noi creature biologiche) che sono meccanismi assolutamente sé stanti tanto che anche noi uomini manifestiamo comportamenti intelligenti senza esserne coscienti.
Una macchina non sente così come lo intendiamo noi e soprattutto non serve assolutamente che lo faccia (e non serve neanche chiederselo).Emozioni, desideri, paure, sogni ecc. appartengono al mondo biologico, alla sopravvivenza per cui siamo stati programmati da milioni di anni di evoluzione; le macchine non saranno (e non devono esserlo) programmate per temere o amare (come nel film AI per intenderci): sarebbe inutile (e criminale) farlo.
Un altro punto fermo, terribilmente semplice, evidente ma complicato perché ci impone un nuovo modo di interpretare le cose, è che non vediamo il mondo per com’è ma per come siamo. Che la nostra stessa stanza appaia in modo diverso a noi, al nostra gatto o a una zanzara è evidente ma ragionare con questo presupposto apre alla citazione (Anil Seth): il mondo esiste ma potrebbe essere molto diverso da come crediamo che sia. Aggiungo la considerazione che continuiamo a sopravvalutarci, a sentirci al centro dell’universo, i più intelligenti e furbi, e creativi, il meglio insomma.
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Per quanto noi umani abbiamo caratteristiche straordinarie, non siamo poi così speciali, come ci piace pensarci: esistono animali più capaci di noi, non credo sopravviveremo i 5 milioni che vive, in media, una specie, abitiamo un mondo fisico e mentale pieno di contraddizioni, fatto di intelligenze e stupidità, capacità e limiti che una mente aliena (digitale) può e potrà leggere credo senza difficoltà (suggerisco di leggere Harari in merito e/o di ragionare sugli algoritmi di raccomandazione che ci tengono così legati ai nostri social).
Un altro punto è che caratteristiche che pensavamo solo umane (il pensiero simbolico ad esempio) le stiamo trovando in animali semplicissimi con cervelli milioni di volte più semplici del nostro. Chiederci dove sta la nostra intelligenza, a cosa servono i nostri 86 miliardi di neuroni, quanto siano davvero complesse le cose che crediamo complesse, è un interessantissimo compito a cui l’AI, biotech, neurologia ecc. ci stanno costringendo.
Un ultima considerazione è che abbiamo costruito strumenti più veloci di noi, più potenti di noi, più precisi di noi e probabilmente riusciremo a costruire strumenti più abili di noi a comprendere il mondo, più “sapiens” di noi come afferma Nello Cristianini.
Nel mondo che le macchine capiranno meglio facciamo parte anche noi: così mentre noi continueremo a dire e a dirci che andremo in palestra, inizieremo la dieta e smetteremo di fumare, ma domani, un AI saprà che 97,84% (per dire) non lo faremo e, intelligente o non intelligente che sia, molto probabilmente avrà ragione.
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