Essere umani. Sempre
Se McLuhan, uno dei teorici della comunicazione più influenti del XX secolo, avesse esaminato l'era dell'AI generativa, avrebbe probabilmente sottolineato come questa tecnologia non solo cambia il modo in cui produciamo e consumiamo contenuti, ma anche la nostra percezione, il nostro pensiero.
McLuhan, vedeva i media come estensioni delle capacità umane (la ruota è un'estensione del piede, il libro è un'estensione dell'occhio, e il telefono è un'estensione della voce e dell'orecchio) che influenzano il modo in cui interagiamo con il mondo.
Di certo vedrebbe l'AI generativa come un'estensione del cervello umano, che amplifica le nostre capacità cognitive e creative. Tuttavia, come per ogni estensione, ne avrebbe previsto anche gli effetti collaterali o "amputazioni", come la possibile perdita di alcune capacità umane o la dipendenza dalla tecnologia stessa.
l'AI, con le sue reti neurali e algoritmi complessi, favorirà un pensiero non più lineare ma interconnesso e creerà contenuti altamente personalizzati per gli individui. Questo potrebbe portare all’accrescimento del già sovrabbondante individualismo e a una maggiore frammentazione della cultura, con ognuno immerso nella propria "bolla" di contenuti generati su misura. Sul piano emozionale inoltre potrebbero nascere nuove forme di interazione tra umani e macchine: sarà molto interessante vedere come reagiremo emotivamente e intellettualmente a contenuti generati da AI che rispecchiano profondamente le nostre preferenze e desideri…
Le AI basate su LLM, specialmente quelle utilizzate per il marketing, sono già oggi incredibilmente abili nel raccogliere e analizzare enormi quantità di dati sugli utenti. Questi dati possono includere comportamenti di acquisto, interazioni sui social media, preferenze di navigazione e molto altro. Utilizzando questi dati, l'AI può fare previsioni estremamente accurate su ciò che un utente potrebbe desiderare o sui suoi comportamenti in futuro, e queste previsioni possono spesso superare le capacità di previsione di un essere umano.
Tuttavia, ci sono aspetti dell'esperienza umana che sono profondamente soggettivi e non facilmente quantificabili. Emozioni, ricordi, sogni, desideri e altre sfumature della psiche umana non sono completamente catturati dai dati. Un brand potrebbe utilizzare l'AI per ottenere una comprensione molto dettagliata delle preferenze e dei comportamenti dei clienti, ma ci potrebbero sempre essere sfumature e profondità che solo un altro essere umano può veramente comprendere. Noi abbiamo la capacità di empatizzare, di "sentire" ciò che l’altro sta provando e di usare l'intuizione basata su esperienze passate e comprensione profonda. Qualità difficili, se non impossibili, da replicare in un'AI.
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Inoltre, gli esseri umani cambiano, crescono e si evolvono nel tempo. Anche se l'AI sapesse adattarsi ai cambiamenti nel comportamento dell'utente (io non ho visto nulla di ancora veramente convincente) non sarebbe in grado di comprendere pienamente le ragioni profonde dietro a questi cambiamenti.
Scrivo questo post per suggerire a tutti noi, mentre implementiamo progetti AI, di riflettere più profondamente su cosa significhi “essere umani” perché sono le qualità uniche e insostituibili dell'esperienza umana a fare la differenza. Sempre. In ogni progetto.
Non qui per raccogliere consensi ma per condividere idee. Fostering a community of collaborative idea exchange and intellectual exploration, valuing innovation over self-promotion.
1 annoResto combattuto tra la standardizzazione della comunicazione che, certamente l'AI può inculcare, e la praticità del poter la utilizzare, per comunicazioni "banali' e liberare le nostre energie mentali per poterle utilizzare in ambiti di maggiore "valore aggiunto culturale".
Direttrice CMI Customer Management Insights, Direttrice di HEI Human Experience Insights
1 annoMolto interessante la tua riflessione. L’AI ci permette di capire quali sono le qualità umane che vale la pena coltivare e far crescere. Chi ha rinunciato a una parte della sua umanità non può che temerla.