Al peggio non c’è fine perché c’è sempre un modo semplice per arrivarci.
Onagrocrazia e Dottrina del Sistema.
L’onagrocrazia è un neologismo coniato da Benedetto Croce nel 1925 per indicare come il governo dei ministri Fascisti fosse composto da un manipolo di asini. L’immagine a noi più vicina di come si finisce sulla strada dell’esser asini è quella di Pinocchio che nella saga di Collodi vende il suo abbecedario per recarsi al teatro dei burattini (per Collodi “il legno, in cui è intagliato Pinocchio è l’umanità” e, da sempre, l’umanità sembra preferire l’essere intrattenuta piuttosto che tenersi allerta). Metafora molto simile di un’Italia in cui si disquisisce ferocemente sulle discoteche, mentre la cultura è abbandonata a sé stessa, l’educazione è nelle mani dei singoli (poveri noi), e l’istruzione in quelle di incompetenti con le rotelle.
Poco usato e conosciuto è un termine che può riassumere quasi tutta la storia della nostra politica, in particolare quella più recente (facciamo gli ultimi 40 anni). Gli asini non sono stupidi ma sono il simbolo dell’ignoranza fatta di testardaggine e cocciutaggine, quello che oggi potrebbe essere il “cieco ideologismo” che è sfrenatamente brandito per tutelare i propri interessi e quelli di pochi altri (magari già sfrenatamente ricchi), cercando sempre un “più ultimo” da mettere in fondo alla fila, o un “più pericoloso nemico” da affrontare e per cui immolarsi.
In Italia sta per accadere qualcosa che va nella direzione di creare una pericolosa miscela: il referendum sul numero dei parlamentari potrebbe segnare il passo della Repubblica Parlamentare, ovvero del peso del suo potere legislativo rispetto a quello esecutivo, lasciando finalmente campo aperto alle oligarchie tecnocratiche quali mercati e gruppi di potere (uno dei quali, la famosa piattaforma Rousseau ed i suoi rappresentanti, poi non così tanto nascosto).
La lotta di classe il capitale (e la tecnologia che lo genera) la ha già vinta. Ma evidentemente non gli basta, in una continua rincorsa di una maggiore potenza la cui volontà scatenante non ne considera conseguenze o responsabilità.
Già nel 2013 JPMorgan denunciava in un suo report sull’accessibilità ai mercati globali (e globalizzati) un ritardo da parte dei Paesi del Sud del Mediterraneo, quelli post-dittatoriali o con una marcata matrice socialista, dove il potere è troppo sbilanciato verso il parlamento piuttosto che verso l’esecutivo. Esecutivo che sarebbe più rapido nel dialogare, decidere, ed essere influenzato dai mercati stessi. Una semplice analisi basata sul principio di riduzione degli elementi di frammentarietà lungo la catena decisionale.
Non è che ti puoi alzare una mattina e decidere che devi dare più potere al governo perché così il suo potere è più facilmente influenzabile da interessi privati ed internazionali, in un disegno che vede sempre più l’Italia come terra di conquista o via di passaggio. Il processo deve mantenere una velo di credibilità (e di desiderabilità) agli occhi dei cittadini, affinché possa essere venduto come eseguito nell’interesse della collettività tutta (dalla Teoria dell’illusione finanziaria del 1903 di Amilcare Puviani).
Facciamo attenzione, i parlamentari e questa classe politica in particolare rappresentano un nuovo record di “sprofondamento” di valori, cultura, competenze e capacità, e forse l’immagine che meglio li rappresenta è quella di un banchetto pantagruelico in cui continuano a prodursi in qualsivoglia siparietto purché si continui a mangiare. Una perfetta ciclicità di istinti corporea che per Platone è la forma più lontana dall’esercizio del sapere e delle virtù incondizionate.
Dunque se non riusciamo a far loro rappresentare i diritti del popolo (piuttosto che prenderlo a calci), o a farli lavorare (in assenza di DPCM e voti di fiducia), e se non riusciamo nemmeno a ridurgli lo stipendio, riducendo l’enorme divario con la realtà economica del Paese che li vede percepire 13 volte lo stipendio di un operaio per produrre meno di quanto egli riesca in un giorno di duro labore, allora tanto vale ridurne il numero, risolvendo l’atavico problema della “centralità del Parlamento e delle Camere dei Deputati”.
Il problema è che così saranno sempre meno “deputati” a fare gli interessi del Paese, e sempre più deputati a “fare la colla” (tipica espressione del dialetto romano) sulle loro poltrone di legni finemente intagliati e foderate di pregiati tessuti, servendo interessi a loro più o meno chiari ma a noi certamente sempre più foschi ed opachi.
D’altronde durante l’Assemblea Costituente degli Stati Uniti d’America, James Madison affermò che compito, anzi interesse del governo fosse quello di “proteggere il benessere degli uomini della migliore qualità. La marmaglia in qualche modo si arrangerà”. Oggi, come allora, significa proteggere la minoranza opulenta dalla maggioranza, in uno società in cui però quella piccola dose di costante opulenza viene comunque garantita a tutti, democraticamente, in un mercato in cui trionfa il principio del #metoo consumistico.
La scelta comunque non è banale, votare per una loro riduzione ne ridurrebbe la tracotante pre-potenza (forse), ma sicuramente permetterebbe a qualcun altro di controllare meglio le decisioni di tutto il sistema. Tenerseli ed ingoiare il boccone di letame o togliersi la soddisfazione di dargli uno schiaffo morale che poi ci si ritorcerebbe ben presto contro?
Tecnicamente si chiama LEV “lesser evil voting”, votare per il male minore, anche se qui la prospettiva è quella di fare da un lato la figura degli “appecoronati” agli asini, o di essere “appecoronati” davvero nel prossimo futuro. Per le anime semplici di Putin è un dilemma che forse neanche si pone, prese dalle divisioni ideologiche e da una voglia di vendetta e pseudo giustizia sociale alimentata da ira e disprezzo per la classe politica stessa.
Capire a cosa servano i parlamentari oggi è comunque davvero una missione impossibile.
Questa occasione di voto è uno degli eventi in cui emerge anche la “dottrina del sistema” la quale promuove un coinvolgimento fallace del popolo ai processi decisionali: ogni tanto vieni chiamato a mettere una “X” da qualche parte nella speranza che faccia la differenza, mentre nella realtà stai demandando senza vigilanza e senza successiva responsabilità di controllare se quello che viene fatto corrisponde a ciò per cui hai dato loro fiducia.
Tu torni a casa, ti hanno detto che hai compiuto il tuo dovere di cittadino, e loro possono continuare a mantenere un controllo autoritario sopprimendo via via i diritti politici e costituzionali.
E’ una farsa, ma la farsa imita sempre la tragedia. Quella che sembra oramai inevitabile nel nostro Paese.
A meno che non si concluda con il pensare che forse a salvarci potrebbe essere proprio la schiavitù della tecnica, magari un bel MES, ultimo baluardo di sopravvivenza (perché di vita poca ne è rimasta) prima del collasso economico, politico e sociale.