L'Approccio Capacitante per le demenze
Oggi vorrei parlare di un approccio assistenziale alle demenze che mi sta a cuore: l’Approccio Capacitante di Pietro Vigorelli.
Anni fa mi associai all’A.M.A. Associazione Malattie Alzheimer di Arzignano, con loro potei fare esperienza come uditrice all’interno dei GAMA (Gruppi di Auto Mutuo Aiuto) a sostegno dei parenti di malati di Alzheimer (e di altre demenze). E’ stato molto utile per me ascoltare le storie di sofferenza dei caregiver, i loro racconti alla ricerca di conforto e confronto, su come meglio adattarsi alla nuova condizione, come poter aiutare i loro cari, talvolta anche la consapevolezza di non riuscire sempre ad accettare la malattia del proprio caro. Ricordo alcune storie come se fosse ieri e non fossero passati ormai 5 anni.
In associazione ho anche avuto la possibilità di fare il Corso sull’approccio Capacitante del dott. Pietro Vigorelli.
Qual è lo scopo principe di questo approccio?
Riuscire a riconoscere e tenere vive le competenze elementari degli anziani con Alzheimer anche quando ci si trova difronte a pazienti con problemi cognitivi molto gravi.
Quali sono queste competenze?
- C. a PARLARE: produrre parole indipendentemente dal loro significato;
- C. di COMUNICARE: sia sotto l’aspetto verbale, sia non verbale;
- C. EMOTIVA;
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- C. a CONTRATTARE sulle questioni quotidiane;
- C. di DECIDERE anche quando siamo difronte a deficit cognitivi importanti e ridotte capacità decisionali.
Stiamo quindi parlando di superare il tradizionale approccio assistenziale che parte dall’analisi dei bisogni (quelli che si pensa essere tali) e cerca di soddisfarli senza il coinvolgimento dell’assistito. Manca però un pezzo importantissimo che fa parte della dignità della persona: la risposta ad un bisogno, quello di poter “dire la sua”, di essere stato considerato parte della soluzione.
Il caregiver o l’operatore hanno una scelta, quella che l’anziano con demenza non ha, poter scegliere le parole affinché siano risolutrici di una situazione di disagio. Purtroppo l’anziano con demenza, soprattutto quando grave, se ha parole, esse sono immutabili. Non si può pensare di cambiare le sue, cercando di convincerlo ad una realtà oggettiva. La realtà è sempre soggettiva e spesso la cosa difficile è immergersi nella sua.
Questo approccio mi piace perché scende ad un livello molto pratico, che risulta più facile anche per i molti caregiver (coniugi, figli, badanti) che non hanno nessuna base teorica assistenziale, ma che spesso comprendono meglio di chiunque altro i bisogni dei loro cari, fosse anche solo perché passano con loro la maggior parte del tempo.
In questo approccio si parla di AMBIENTE CAPACITANTE, quello in cui gli anziani possono svolgere ciò di cui sono capaci, così come sono capaci, senza mai sentirsi in errore, in cui l’unico scopo è sentirsi felici nel fare quello che riescono nel contesto in cui si trovano
Trovo che ciò sia bellissimo e la cosa meravigliosa è che ci si può arrivare! Io sono riuscita ad applicarlo e mi ha dato grandi soddisfazioni. Quando ero tirocinante in Casa di Riposo mi ricordo di una ospite con cui dovevo portare avanti un lavoro di narrazione autobiografica. Spesso le sue difficoltà cognitive ed emotive mi impedivano di proseguire. Un giorno decisi che non aveva senso dover dirigere, ma dovevo lasciarmi dirigere da lei, dal suo bisogno anche di guardarmi e dirmi che mi voleva bene e di accarezzare la bambola che spesso aveva con sé. Da allora fui io a cambiare le parole che le dicevo, ad entrare nella sua realtà a pormi davvero al suo servizio. In una parola, a donarle dignità.
Per quanto riguarda gli anziani ospiti in strutture residenziali, questo approccio risulta essere davvero a favore degli operatori in quanto non li aggrava di ulteriori mansioni o allungamento di orari. Difatti OSS, ma anche infermieri e altri operatori assistenziali che ogni giorno hanno contatti con gli anziani con demenza istituzionalizzati, possano tranquillamente mettere in atto questo approccio durante lo svolgimento delle loro normali funzioni.