aperti al cielo, liberi dal male
René Magritte, L'acte de foi

aperti al cielo, liberi dal male

XXVI Domenica del tempo ordinario, anno B / Vangelo: Mc 9,38-43.45.47-48

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

 

Papa Francesco, concludendo ieri il suo Discorso rivolto ai rappresentanti ecclesiastici del Belgio, in occasione della sua visita pastorale, così diceva: “E nel salutarvi vorrei ricordare un’opera di Magritte, vostro illustre pittore, che si intitola ’L’atto di fede’. Rappresenta una porta chiusa dall’interno, che però è sfondata al centro, è aperta sul cielo. È uno squarcio, che ci invita ad andare oltre, a volgere lo sguardo in avanti e in alto, a non chiuderci mai in noi stessi, mai in noi stessi. Questa è un’immagine che vi lascio, come simbolo di una Chiesa che non chiude mai le porte – per favore, non chiude mai le porte! –, che a tutti offre un’apertura sull’infinito, che sa guardare oltre. Questa è la Chiesa che evangelizza, vive la gioia del Vangelo, pratica la misericordia.” Queste parole del Papa ci aiutano a comprendere anche il senso di ciò che Gesù dice all’evangelista Giovanni, che lo aveva sollecitato affinché impedisse a un uomo di scacciare i demòni nel suo nome. Gesù lo invita ad andare oltre gli steccati dei riconoscimenti ufficiali riguardo alla vera identità dei discepoli. Quando Papa Francesco parla di una Chiesa aperta e non autoreferenziale, che sappia farsi vicina a tutti con misericordia, che ritorni ad annunciare con gioia il Vangelo, sta in pratica confermando l’insegnamento di Gesù. Giovanni invece diceva: «… volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (cfr v. 38). Un’espressione questa che manifesta la tentazione della chiusura, dell’autoreferenzialità («… non ci seguiva»), della pretesa cioè di avere un controllo sull’azione dello Spirito Santo nel cuore degli uomini. L’immagine dell’opera di René Magritte, citata dal Papa, è in pratica uno squarcio sul cielo, quel cielo che a volte con le mostre rigidità rischiamo di oscurare alla vista degli uomini, perché anche noi l’abbiamo perso di vista a forza di ripiegarci su modelli pastorali autoreferenziali, che pretendono di conservare una tradizione di cui non si comprende più neanche il senso. Nel suo Discorso il Papa fa una lucida analisi del tempo di crisi in cui si trova la Chiesa in Occidente, ed afferma che è proprio questo il tempo speciale della speranza per un ritorno ad un annuncio gioioso ed essenziale del Vangelo. Perciò la crisi interroga la coscienza di ognuno di noi, come Papa Francesco molto chiaramente ci fa capire nel suo Discorso: “E cosa ci fa vedere la crisi? Siamo passati da un cristianesimo sistemato in una cornice sociale ospitale a un cristianesimo ‘di minoranza’, o meglio, di testimonianza. E questo richiede il coraggio di una conversione ecclesiale, per avviare quelle trasformazioni pastorali che riguardano anche le consuetudini, i modelli, i linguaggi della fede, perché siano realmente a servizio dell’evangelizzazione (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27).” Quando il prossimo 24 dicembre, alla vigilia di Natale, Papa Francesco aprirà la porta santa della Basilica di San Pietro e avvierà il Giubileo ordinario del 2025 saremo chiamati ad essere “pellegrini di speranza” in questo tempo di desolazione, pellegrini che sanno puntare al cielo e lo sanno indicare anche agli altri, un po’ come la porta squarciata di Magritte.

Gli scandali e i tagli a cui Gesù fa rifermento nella seconda parte di questo brano evangelico anch’essi ci interrogano profondamente, richiamandoci all’esigenza di una conversione continua. Ancora il Papa nel suo Discorso, ad un certo punto ha smesso di leggere il testo scritto e parlando a braccio così si è espresso: "La Chiesa è peccatrice, è santa e peccatrice. In questa perenne coesistenza fra santità e peccato, questa coesistenza di luce e ombra, vive la Chiesa, con esiti spesso di grande generosità e splendida dedizione, e a volte purtroppo con l’emergere di dolorose contro-testimonianze. Penso alle drammatiche vicende degli abusi sui minori, una piaga che la Chiesa sta affrontando con decisione e fermezza, ascoltando e accompagnando le persone ferite e attuando in tutto il mondo un capillare programma di prevenzione.” Lo Spirito Santo scacci dai nostri cuori la tentazione dell’abuso di potere e di ogni perversa inclinazione al male, nel nome di Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore. Amen!

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