Ascolto Attivo [2/7]: l'Arte di ascoltare, filosofia antica
Ascoltare in silenzio: filosofia antica
Se pensiamo che il tema dell’ascolto sia contemporaneo o quantomeno discusso solo nella civiltà moderna, forse dovremmo fare un salto in un passato lontano, più esattamente nell’Antica Grecia, per trovare alcune tracce lasciate da Plutarco [1] nei suoi scritti dove, oltre a definire alcune norme generali e comuni dell’ascoltare, ne descrive sapientemente le caratteristiche, definendo tale processo: Arte. Secondo Plutarco, le parole prima di essere emesse vanno recepite correttamente ma, comunemente, le persone non sanno disporsi all’ascolto, né sono capaci di porgere la dovuta attenzione a chi parla, né riescono a stare in silenzio: “insegnare ai ragazzi ad ascoltare molto e parlare poco li rende inclini a dar retta alle parole” [2].
La parola è vista come risorsa per chi ascolta così da concentrarsi e immergersi nel senso del discorso e nell’atteggiamento di chi parla, senza dimenticare che la qualità dell’ascolto parte da sé stessi, dalla propria predisposizione, volontà e interesse. L’ascolto, al contrario del pensiero di molti, è fondato sul “fare” e non sul “non dover far nulla”. È un dovere ascoltare senza pregiudizi, antipatie o favoritismi e lo si deve fare secondo un’opinione orientata all’imparzialità. Altresì è importante il come porsi davanti a un interlocutore, ovvero: schiena dritta e postura composta, occhi rivolti a chi parla e atteggiamento vivamente interessato, viso che abbia un’espressione chiara, da cui non devono trasparire non soltanto supponenza o fastidio, ma anche pensieri e occupazioni di altra natura. Essere aperti all’ascolto dell’esposizione altrui è segno di educazione e di interesse, dimostrato attraverso l’equilibro tra ascoltare, intervenire, domandare e stare in silenzio: contenersi e attendere che l’interlocutore abbia concluso di parlare, evitare di intervenire subito replicando seduta stante lasciando del tempo per aggiungere, cambiare o levare qualcosa, stare quindi in silenzio e replicare poi senza intervenire troppo o troppo spesso, porre le giuste domande, calibrate sulla preparazione o sulla predisposizione innata di chi parla.
“Uno che va ad ascoltare e beneficia della parola altrui senza pensare di dover accendere la propria luce e la sua mente, ma compiacendosi solo di ascoltare se ne sta al suo posto incantato, trae solo un’opinione parziale delle parole” [3]
L'arte di ascoltare
Se dovessimo descrivere l’ascolto come una “competenza percettiva-valutativa”, ovvero come la presa di coscienza di una realtà che si considera esterna, attraverso stimoli sensoriali, analizzati e interpretati mediante processi intuitivi, psichici e intellettivi, potremmo definire l’ascolto un Arte. Oltre alla definizione e alle regole (di cui parleremo in modo più approfondito nelle pagine successive) riferite all’ascolto, quindi descritte in un contesto tecnico-metodologico, possiamo definire l’ascolto come un processo creativo-artistico, dove abilità, intuito, empatia, sensibilità, umorismo e poesia sono fattori determinanti per sviluppare e allenare l’ascolto, l’arte di ascoltare.
L’ascolto: modi e finalità
Secondo William Glasser [4] esistono diversi modi di ascoltare, ad esempio lo si può fare con lo scopo di rispondere o di capire; la cultura dominante contemporanea è guidata dalla prima delle due motivazioni, rispondere per esprimere noi stessi attraverso un’opinione, un consenso, una critica o altro. L’ascolto finalizzato al cogliere e comprendere invece ha come scopo aiutare l’altro a esprimersi, manifestandogli vicinanza ponendo, quando necessario, domande che possono incoraggiarlo a chiarire il suo pensiero, a sé stesso e a noi. Sempre secondo Glasser, noi impariamo:
Estraendo le percentuali relative all’ascolto (impariamo il 20% di ciò che ascoltiamo e il 50% di ciò che vediamo e ascoltiamo) ci si rende conto di quanto sia importante e necessario “ascoltare consapevolmente”.
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Se veramente stiamo perdendo la capacità di ascoltare perché bombardati da stimoli sonori e perché siamo diventati più impazienti e incapaci di cogliere sviluppi e sfumature, ricordiamoci che: ascoltare è un’attività che coinvolge il nostro sistema sensoriale, le nostre cognizioni, le nostre emozioni e la nostra volontà, ascoltare è un’Arte.
L’insieme di quanto scritto fino ad ora e di quel che leggeremo nelle prossime pagine prende il nome di Ascolto Attivo e prevede la totale assenza di distrazioni, l’osservazione del linguaggio del corpo e della prossemica, una speciale attitudine ad accogliere e memorizzare senza preconcetti qualsiasi informazione emerga. È un tipo di ascolto che non ammette la fretta, il narcisismo e il giudizio. Questa particolare competenza viene incoraggiata ed utilizzata in svariati ambiti, tra cui: relazioni personali e professionali, soluzione dei conflitti, mediazione culturale, pacificazione delle comunità e dei gruppi, e come “strumento” nel processo di Coaching, definito come la “capacità di far silenzio dentro di sé, attivando uno stato di partecipazione attiva […] ascoltare attivamente racchiude azioni specifiche: osservare, partecipare, accogliere, allearsi, accettare ed essere autentici” [5] . Tale abilità è fondamentale per instaurare dinamiche umane e relazionali positive e costruttive creando così un contesto propositivo e stimolante.
Le sette regole dell’arte di ascoltare
Marianella Sclavi [6] , pioniera dell’ascolto attivo nel nostro Paese, nel libro “Arte di ascoltare e mondi possibili” descrive “Le sette regole dell’arte di ascoltare”:
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[1] Plutarco è stato un biografo, scrittore, filosofo e sacerdote greco, studiò ad Atene e fu fortemente influenzato dalla filosofia di Platone; fu uno degli scrittori più prolifici di tutta la Grecia Antica.
[2][3] Plutarco, L’arte di ascoltare (e di tacere), Garzanti (ed. 2020), Milano.
[4] William Glasser (11 maggio 1925 - 23 agosto 2013) è stato uno psichiatra americano, ha sviluppato la teoria della realtà e la teoria della scelta.
[5] Prometeo Coaching - Che cos’è l’ascolto attivo?
[6] Marianella Sclavi (Rimini, 1943), laureata in sociologia, ha insegnato Etnografia urbana, Arte di ascoltare e Gestione creativa dei conflitti al Politecnico di Milano, e collabora da anni a progetti di risanamento dei quartieri in crisi.