La nobile arte dell'ascolto.

La nobile arte dell'ascolto.

Ciò che è utile in un contenitore è il vuoto, perché un contenitore pieno non può contenere più nulla.

 ‘’Chi non ascolta ben difficilmente verrà ascoltato’’ diceva Carl Rogers padre della psicologia umanista. Profezia che purtroppo s’è avverata dato che oggi, in epoca di informazioni ridondanti e urlate, il grande assente è proprio l’ascolto, che pur sarebbe utilissimo per facilitare il dialogo, le relazioni interpersonali, la risoluzione dei conflitti.

Perché l’ascolto è così poco praticato?  

Intanto perché in una fase in cui le informazioni viaggiano velocissime, sempre meno controllate, ascoltare è particolarmente difficile: richiede tempo, pazienza, attenzione, grande disponibilità, tutte cose che non si coniugano facilmente con i ritmi sempre più frenetici della nostra epoca. 

L’ascolto poi non presuppone risposte, né consigli -che oggi vanno tanto di moda- ed è per questo sottovalutato da molti, anche se sarebbe in grado di generare grande sollievo e di liberare potenzialità positive sia in chi è ascoltato che in chi ascolta.

Ascoltare profondamente inoltre, perlomeno nell’accezione indicata dal monaco buddista Tich Nath Han e dallo psicologo Jerome Liss, prevede la capacità di mettere da parte il proprio ego per accogliere l’altro nella sua complessità, con tutti i suoi dubbi, le sue incertezze, le sue paure.

Chi accoglie veramente non cerca d’imporre la sua esperienza, il suo punto di vista, il suo 'sapere' : accoglie e basta, al contrario di quanto spesso avviene sul web dove lo scontro sostituisce il confronto e domina un linguaggio aggressivo, autoreferenziale, narcisistico. 

La pandemia degli ultimi 2 anni inoltre sembra avere indirettamente contribuito ad una ulteriore involuzione del linguaggio, riscontrabile sui social, sui media, nella vita quotidiana. Tutti motivi che rendono difficilmente praticabile l’arte dell’ascolto.

Ascoltare rimane però fondamentale: senza ascolto non c’è comprensione, non c’é dialogo, non c’è comunicazione. 

Oggi, dopo il lungo isolamento imposto dal lock-down, c’è nell’aria una nuova voglia di socializzare, interagire, incontrarsi: una esigenza sana, incentivante, pienamente condivisibile, purchè il rumore e il chiacchiericcio di fondo non coprano completamente il silenzio, di cui abbiamo bisogno.

Il silenzio, che molti vivono con disagio, è infatti parte integrante della comunicazione, è necessario per l’ascolto, per affinare le nostre capacita’ intuitive, percettive e creative; può diventare una nuova forma d’energia, oltre che un ottimo modo per conoscere meglio noi stessi e gli altri.  

Certo c’è silenzio e silenzio: c’è quello pesante, giudicante, ostile e quello accogliente, intuitivo, rilassato. La differenza la fanno le persone e i momenti in cui lo si sperimenta.

Per ‘fare’ silenzio ogni tanto occorre ‘svuotarsi’, diceva Miles Davis uno dei jazzisti piu’ ascltati al mondo. Nelle sue affermazioni s’era spinto oltre: ‘’ Il silenzio -affermava- e’ la vera musica. Tutte le note non fanno che incorniciare il silenzio ‘’

Il valore del silenzio è ricordato anche in un noto racconto zen. 'Ascoltate'

Nan-in, un maestro giapponese dei primi del 900, ricevette la visita di un famoso professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. 

Nan-in servì il tè. ‘’Non ho sete di the, ho sete di sapere’’ disse stizzito il professore.

Nan-in silenziosamente riprese a versare il the fino a riempire la tazza del suo ospite e poi continuò a versare.

Il professore non riuscì più a contenersi. ‘’Ma cosa fa? Non vede? La tazza è ricolma. Non entra più nulla!’’

‘’Tu sei come questa tazza, rispose allora Nan-in, sei ricolmo delle tue opinioni e congetture, delle tue idee fisse e dei tuoi pregiudizi e vuoi che ti spieghi lo zen: come posso insegnarti qualcosa se prima non ti liberi? non vuoti la tua tazza, non fai silenzio?

Giuseppe de Paoli

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