Azioni per un packaging rigenerativo.
Adottare l’economia circolare come mindset significa spostare – e di molto – il punto di vista. Così il packaging non è più un semplice strumento asservito al prodotto e alla sua vendita, ma è esso stesso prodotto, esso stesso coinvolto nel processo che crea interconnessioni tra materie prime, processi, trasporti, uso e fine vita: diventa green packaging.
L’obiettivo di uno sviluppo sostenibile ha generato numerosi strumenti di ricerca, di esecuzione e normativi. Tra questi spicca senz’altro l’idea della transizione da un modello di economia lineare ad uno di economia circolare. La prima ha il rifiuto come scopo ultimo mentre la seconda si muove in direzione contraria e vuole ridurre a zero i volumi dei rifiuti, al punto da mettere in discussione il concetto stesso di consumatori quali siamo diventati.
Così non solo il prodotto ma anche il packaging – che sempre più vive una vita propria – chiede materiali che siano riutilizzabili, biodegradabili, riciclabili, non tossici, duraturi e riparabili.
Il passaggio concettuale da mero accessorio con funzione prevalentemente comunicativa a “soggetto economico” e quindi “responsabile” del green packaging ha evidenziato le gravi conseguenze di anni trascorsi a immaginare “confezioni accattivanti”.
Con l’Ecodesign il green packaging recupera l’attenzione che merita in quanto, in determinati mercati, vero problema non più sostenibile.
L’impatto è certamente ambientale, pensiamo al materiale più utilizzato che è la plastica, che diventa anche sociale quando le quantità indicibili di rifiuti che sfuggono alle tecniche di cattura, che chiamiamo raccolta differenziata, raggiungono paesi che della produzione di queli volumi non hanno responsabilità. Paesi che sono costretti a dedicare risorse, ammesso che ne abbiano, per risolvere quel tipo di problema invece che altri, socialmente più urgenti.
L’ideazione e la produzione di green packaging richiede quindi una rigorosa applicazione dei principi dell’economia circolare, in termini di origine dei materiali, campo in cui la ricerca e sviluppo può e deve dare ancora un contributo determinante, ma anche in termini di progettazione del fine vita. Che significa rendere un packaging riutilizzabile (come il vuoto a rendere) e veramente riciclabile, attività spesso impossibile perchè la confezione è realizzata con materiali riciclabili ma accoppiati in modo tale da non essere separabili e quindi differenziabili nella raccolta. Ad esempio la costruzione modulare del packaging e l’utilizzo di viti o ganci anziché la fusione o incollaggio delle componenti, facilitano le modifiche, gli adattamenti e gli aggiornamenti favorendone la riparazione e il riuso.
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Contano poi le norme, internazionali, nazionali e locali: servono norme che rendano onerosa la produzione di rifiuti, che consentano e incentivino il riuso specialmente in quei mercati che prevedono volumi immensi di confezioni monouso e che invece potrebbero essere usate più volte. Pensiamo all’alimentare e in particolare al fresco nella grande distriubuzione: la frutta prima sbucciata e poi confezionata in vaschette di plastica dovrebbe semplicemente essere inammissibile.
Conciliare i requisiti tecnici, funzionali ed economici riducendo al minimo l’impatto ambientale e sociale dell’intero ciclo di vita del packaging e delle sue componenti, resta una delle principali sfide dell’economia circolare. E in molti casi questo significa semplicemente puntare ad un packaging zero, cioè immaginare prodotti che non hanno bisogno di una confezione o la cui confezione è parte integrante del prodotto stesso… in natura si chiama guscio.
Una delle sfide più grandi da vincere per ridurre l’impatto che deriva dall’uso e abuso delle risorse naturali sarà poi quella di immaginare nuovi modelli di business che transitano dalla logica del prodotto venduto a quella del prodotto reso disponibile: passare dalla vendita di prodotti all’offerta di un sistema di servizi come lo sharing, il leasing o il noleggio, sostenuti da servizi di riparazione e rigenerazione.
Attuando nuove strategie che fanno del cambiamento il fulcro.
Questo paradigma ridefinisce completamente il ruolo del green packaging, ne cambia per sempre la natura e quindi le logiche di progettazione, rendendole sempre più circolari. A impatto sempre più prossimo allo zero.
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