Balcani, blitz della polizia kossovara nei comuni del nord a maggioranza serba
Polizia kossovara a presidio di uno degli uffici chiusi ieri

Balcani, blitz della polizia kossovara nei comuni del nord a maggioranza serba

Torna a crescere la tensione in Kossovo all’indomani del blitz voluto dal premier Kurti in quattro comuni a maggioranza serba: la polizia di Pristina è intervenuta a Zvecan, Zubin Potok, Leposavic e il settore nord di Kosovska Mitrovica per procedere alla chiusura di alcuni uffici e istituzioni legati alla Serbia, tutti accusati di svolgere attività illegale. Nel mirino del governo kossovaro un ufficio del lavoro, la sede di un fondo pensione e altri uffici pubblici, tra cui alcune istituzioni socio-sanitarie, nei quattro comuni serbi. La polizia kossovara al momento continua a presidiare gli uffici chiusi, unitamente alle strade principali dei quattro comuni teatro del blitz di ieri, in un clima di crescente tensione.

 Unanime la condanna della comunità internazionale per la decisione del governo Kurti, accusato di rinfocolare la tensione con la comunità serba del Kossovo e, inevitabilmente, con Belgrado. Il tutto in contesto regionale che già vede la vicina Bosnia in una situazione tutt’altro che tranquilla, considerato il perdurante conflitto tra l’Alto Rappresentante internazionale e il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik. Conflitto che agita la spada di Damocle che pende sulla Bosnia Erzegovina: la secessione, più o meno pacifica, dell’entità serba.

 Se questo è il – preoccupante – quadro, facile comprendere come le recenti mosse di Kurti abbiano irritato anche il principale sostenitore, meglio ancora l’inventore del Kossovo indipendente: gli Stat Uniti. Il sottosegretario di Stato statunitense per l’Europa, James O’Brien, ha chiesto al premier kossovaro di porre fine ad “azioni non coordinate con i partner internazionali” che inevitabilmente “incidono negativamente sul nostro partenariato”. Dello stesso tenore le reazioni delle principali cancellerie europee.

 Secca la reazione del presidente serbo Aleksandar Vucic, secondo cui Belgrado “non consentirà una politica di terrore contro il popolo serbo”. E lo stesso Vucic in occasione della visita del presidente francese Macron a Belgrado, conclusasi ieri,  ha siglato un accordo dal valore di 2,7 miliardi di euro per la vendita di dodici aerei da combattimento Rafale all’aeronautica serba. Da tempo impegnate in un processo di ammodernamento delle proprie capacità di combattimento, le forze armate di serbe hanno solitamente in Russia e Cina i propri fornitori principali, dunque la decisione di dotare la propria aeronautica di velivoli francesi va ben oltre il dato meramente tecnico-militare.

È stato lo stesso Macron, del resto, a sottolineare l’importanza dell’accordo perché esso rappresenta un “cambiamento strategico” nella politica serba. Per Belgrado, con tutta probabilità, l’acquisto dei velivoli francesi oltre che un indispensabile aggiornamento della propria forza aerea è un nuovo, non certo l’ultimo, tentativo di mantenere il difficile equilibrio tra gli storici rapporti con la Russia e la necessità di non irritare gli Stati Uniti e i Paesi europei, interessati sponsor degli ingombranti e bellicosi vicini kossovari.

 Da notare come anche la Croazia nei mesi scorsi abbia deciso di dotare la propria aeronautica dei velivoli francesi: sei Rafale sono stati già consegnati, altrettanti ne dovrebbero arrivare nei prossimi mesi.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate