Calore, abbracci, eroina.

Quanta attenzione occorre dare alle parole per comprendere le persone? Non basta mai e, soprattutto, quanta ne dobbiamo dare agli aggettivi ed alle metafore che usiamo nel linguaggio corrente? Spesso nascondono più significati di quelli che illustrano. Occorrerebbe fare un corso di base su quanto possono rivelare, imparando a meditare su di esse, come premessa dell’apprendimento della psicoterapia.

Lo spunto è offerto da quanto scrive John Bargh in A tua insaputa: La mente inconscia che guida le nostre azioni a proposito di ciò che le neuroscienze hanno dimostrato:


“… quando una persona fa un’esperienza di freddezza sociale (come il tradimento della fiducia) entrano in gioco le stesse strutture neurali che si attivano quando si tocca qualcosa di freddo, ci si sente infreddoliti, o come quando si esce all’aperto in inverno senza cappotto.


Analogamente, un’esperienza di calore sociale, come quando si scambiano messaggi con familiari e amici, attiva la stessa particolare area cerebrale che viene stimolata quando si tiene in mano qualcosa di caldo. Il nostro cervello nasce già programmato per fare queste associazioni…”


e precisa:


“esperimenti di imaging cerebrale hanno mostrato che la medesima piccola regione del cervello umano, la corteccia dell’insula, si attiva in risposta a entrambi i tipi di calore: quando si tocca un oggetto caldo, per esempio un cuscino termico, e quando si scambiano messaggini con amici o familiari.


Inoltre, Yoona Kang e Jeremy Gray, neuroscienziati di Yale, insieme alla psicologa sociale Margaret Clark e al sottoscritto, hanno dimostrato che una piccola area distinta dell’insula reagisce sia quando si stringe in mano qualcosa di freddo, sia quando si viene traditi da qualcuno nel corso di un gioco.”

La prima considerazione che questi dati mi suscitano, se è in gioco il caldo o il freddo, è su quanto sia accidentata e ricca di trappole l’esperienza di un accudimento sufficientemente buono, ma, al contempo, rivedo con l’immaginazione un gesto che si ripete: una madre che copre il suo bambino con una copertina. La vedo rimboccare le coperte, la vedo avvolgere una sciarpa intorno al collo del suo piccolo, assicurarsi che sia sufficientemente coperto, rivedo il gesto di far indossare la maglietta di lana, e la sera prima di dormire, rimboccare le coperte.

Al contempo penso quante volte può capitare che una madre poco attenta, negligente, faccia sentire un bambino solo ed infreddolito ed è facile comprendere come ciò possa rappresentare un’esperienza di tradimento che mina la fiducia e la stessa capacità di aver fiducia. Gli aggettivi caldo e freddo veicolano ben altro rispetto ad una valutazione termica; sappiamo tutti cosa si intende quando si dice che una persona è fredda e distante o al contrario capace di infonderti calore. Ma è il caldo che, quando non avevamo ancora parole e scarsità di cognizioni, ha impresso nel nostro corpo una sensazione di protezione e sicurezza così come il freddo ha impresso nel corpo insicurezza e mancanza di protezione. Queste opposte sensazioni corporee hanno avuto nello sviluppo il suggello di parole che le definiscono e permettono associazioni con esperienze dello stesso segno corporeo e cognitivo. Si dice “avere i brividi di paura”, “raggelare” per descrivere un’esperienza negativa e pericolosa trasmettendo attraverso una ben nota esperienza corporea cosa sta materialmente vivendo chi la comunica. Per spiegare ciò che si è vissuto come esperienza affettiva positiva: “ho sentito il calore del tuo affetto…delle tue parole, della tua presenza, del tuo pensiero…”. Quando si parla di caldo o di freddo si dice molto di più. Sono tante le associazioni e le tonalità affettive che vengono comunicate, come sono tante le esperienze in cui sono implicate le parole caldo e freddo nelle esperienze diametralmente opposte di sicurezza e insicurezza, cura e abbandono, vicinanza e solitudine, simpatia e distanza… in molte malattie il corpo è caldo ma si possono battere i denti dal freddo. C’è dell’altro e lo troviamo parlando di droga, in particolare l’eroina. Quasi tutti i tossicodipendenti con i quali ho avuto a che fare mi hanno parlato, per descrivermi gli effetti che li legavano a quella sostanza, di una diffusa sensazione di calore, che si accompagnava ad un sentimento di pace, paradossalmente di sicurezza. La crisi d’astinenza era segnata da intensi brividi, da una incoercibile sensazione di freddo. Alcuni sembravano afflitti da una solitudine senza fine, immersi nel freddo come i dannati dell’ultimo cerchio dell’inferno, il Cocito, immenso lago di ghiaccio, reso tale dai venti gelidi prodotti dalle immense ali di Lucifero. Bargh sottolinea l’intuizione dantesca che condanna i peggiori peccatori, i traditori in questo carcere di ghiaccio eterno. L’eroina ha costretto i più a tradire tutti, gli affetti più cari, la famiglia, gli amici, se stessi e la crisi d’astinenza sembra l’assaggio di una pena infernale. Mi colpì, la prima volta che visitai la comunità Le Portage in Canada, il confortevole calore che si godeva all’interno di quella grande casa nei boschi dei Monti Laurentides. Era dicembre, fuori faceva meno 15, gli alberi erano di cristallo con i rami coperti da una brillante guaina di ghiaccio. Dentro era tepore, vicinanza, fratellanza, sostegno, sicurezza.

Il “calore” del gruppo era il primo conforto che facilitava una comunicazione benevola. Ci si abbracciava con innocenza dopo ogni gruppo, soprattutto si imparava ad abbracciare e, cosa non meno importante, ad essere abbracciati. Calore degli abbracci. Intimità che si traduceva in calore. Capivo che solo quello poteva essere il sostituto benefico dell’eroina. Si partiva da quello e forse nessuno lo sapeva. Ma si sentiva… non c’era bisogno di saperlo….


Giuseppe Dibenedetto

Servizi salute mentale presso DSM Asl Bt

5 anni

Ciao Furio. Mi rispondi al messaggio per favore?

Verissimo, è riuscito a trasmettere vividamente la sensazione del calore ..

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate