Commento settimanale ai mercati
E’ già finito tutto. Almeno per i mercati. La guerra si fa sempre più cruenta con devastazioni immani che richiederanno poi tempi lunghi per sistemarle, il petrolio che sale di nuovo sopra i 110 dollari e la Fed che annuncia un programma di rialzo dei tassi che non si vedeva da una generazione. Oltre alla pandemia che rimane ancora presente. Per tacere del dato sulla fiducia dei consumatori tedeschi Zew che registra un calo record anticipando una possibile recessione della locomotiva europea, oltre alla tensioni Usa Cina in quello che la guerra in Ucraina sta disegnando come nuovo ordine mondiale
In questo contesto gli indici azionari spiccano il volo segnando la miglior performance settimanale dal novembre 2020 in poi con guadagni intorno al 7%. La possibilità di raggiungere un accordo che ponga fine alla guerra, a quasi un mese dall’inizio del conflitto, e di cui si parla insistentemente da settimane, oltre alla chiarezza della Fed hanno galvanizzato gli investitori che dispongono sempre di una arma fondamentale come la fortissima liquidità che richiede di essere utilizzata, in particolare sui ribassi dei mercati in quanto “buy on the dip” è stata sempre la strategia vincente negli ultimi anni
In un clima di calma apparente con un occhio sempre all’Ucraina, l’elemento fondamentale della scorsa ottava è stata la tanto annunciata riunione della Fed, segnata da tempo sul calendario con il circoletto rosso, in quanto era previsto il primo rialzo dei tassi dopo quasi 3 anni. Per molto tempo si è parlato dell’entità del rialzo con le previsioni che vedevano anche un aumento di 0,50% proprio per contrastare un’inflazione ai massimi dal 1982. La scelta è stata invece di procedere per gradi con rialzi di un quarto di punto in modo da poter constatare le conseguenze della guerra sui prezzi, anche se è situazione che sta penalizzando principalmente l’Europa
Nonostante una opposizione all’interno del Board che vorrebbe un atteggiamento più restrittivo sulla politica monetaria, Powell continua nella sua navigazione a vista sperando in un rientro veloce dei prezzi della materie prime in particolare se la guerra, come tutti speriamo, durerà ancora per poco. Non aver concluso il Tapering, come per altro annunciato, e avere un target di rialzo dei tassi per il 2022 che comporterà un intervento da 0,25% ad ogni riunione non depongono esattamente a suo favore, mostrando ancora una volta l’equilibrio precario in cui si muove la Banca Centrale americana, divisa tra affrontare in maniera decisa il rialzo dei prezzi ed il terrore di affossare una ripresa che stenta a consolidarsi. Conseguenza diretta di quel cambio di ruolo attuato in occasione della crisi Lehman del 2008 quando la Fed è diventata una parte attiva del gioco perdendo di fatto la sua equidistanza. La forte immissioni di liquidità in tutti questi anni e le conseguenti politiche di “buy back” delle principali aziende hanno contribuito non poco a modellare un mercato azionario sempre più distaccato dall’economia reale che in teoria dovrebbe rappresentare
Di interessante c’è sicuramente un nuovo ritorno di interesse per i titoli tecnologici. Le conseguenza della guerra, per non parlare della pandemia che rimane ancora sulla sfondo, vanno ad impattare sui titoli legati alla crescita e alle materie prime riportando l’attenzione sui big tech che oltre a rappresentare il futuro grazie alla rivoluzione tecnologica in atto beneficiano di essere estremamente solidi e ben forniti di liquidità, ed a prezzi interessanti in particolare dopo la forte correzione partita a fine novembre 2020.
In Europa la situazione si presenta ancora più complessa non solo perché l’impatto della guerra si fa sentire anche in termini di profughi con le conseguenze sociali facilmente prevedibili. Il nuovo assetto mondiale che scaturirà dallo scontro Stati Uniti contro Russia/Cina ci vede esattamente nel mezzo, essendo legati anche come valori democratici alla potenza americana, peraltro in crisi da tempo e che guarda maggiormente al proprio ombelico, e la necessità di continuare i rapporti con Mosca e l’est Europa in generale, non solamente per la componente energetica. I piani della Commissione Europea, faticosamente messi in atto per il sostegno alle varie economia europee colpite dalla pandemia, Italia in primis, che dovevano occuparsi di rinnovamenti e riforme si stanno ora velocemente spostando verso l’emergenza energetica, nervo scoperto della popolazione europea come stiamo vedendo con le proteste sui rincari dei carburanti, con conseguenze che impatteranno nei prossimi anni sulla situazione climatica una volta al top dell’agenda politica. E con una presidente della Bce Madama Lagarde che pur con la scusante di tempi effettivamente molto complicati, continua a mandare messaggi contraddittori ai mercati evidenziando una volta di più la sua inadeguatezza per un ruolo che deve essere maggiormente economico e con capacità di lettura dei mercati rispetto a quello politico di cui è rappresentante. E facendo mancare cosi un punto di riferimento affidabile nella complessa discussione di mettere in comune il debito europeo attraverso l’emissione di obbligazioni per trovare la copertura finanziaria ai vari piani di sostegno all’economia
Gli eventi economici della settimana vengono dagli indici manufatturieri PMI dove in particolare in Europa giovedi mostreranno l’impatto della guerra in Ucraina sull’economia Europea. Sempre giovedi In America verrà pubblicato l’indice PMi sia manufatturiero che dei servizi assieme agli ordinativi di beni durevoli mentre venerdi sarà il momento del classico dato settimanale sul sussidio di disoccupazione, termometro del grado di surriscaldamento del mercato del lavoro
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Filippo Ramigni
Analista tecnico e consulente finanziario indipendente