CONCETTO DI ARTE PER L'INFANZIA
CREATIVITA’ ED ESPERIENZE DI
“ARTE PER L’INFANZIA” IN ITALIA
I tentativi di avvicinare il mondo dell’infanzia a quello dell’arte sono, al giorno d’oggi, sempre più frequenti. I genitori si dimostrano molto attenti a questo aspetto dell’educazione dei propri figli e numerosi musei si sono attivati per organizzare iniziative di fruizione dell’arte rivolte ai bambini. La nascita della didattica museale per bambini, la diffusione della didattica dell’arte e dei laboratori creativi nelle scuole, l’apertura di sempre nuovi Children’s Museums in tutto il mondo sono fenomeni che stanno prendendo sempre più piede.
Tuttavia bisogna andare un po’ più indietro negli anni per individuare le radici italiane di questo fenomeno relativamente recente, ricordando due personalità di enorme valore umano e di fama internazionale, che per primi introdussero il concetto di arte per l’infanzia dedicandovi buona parte dei propri studi. Si tratta del pedagogista e psicologo Loris Malaguzzi e dell’artista e designer Bruno Munari. Se a quest’ultimo dobbiamo la creazione del primo laboratorio per bambini in un museo (nel 1977, a Milano, presso la Pinacoteca di Brera), al primo va riconosciuta la paternità dell’introduzione di ateliers e laboratori nelle scuole per l’infanzia. Entrambe le esperienze hanno rappresentato (e tuttora rappresentano) esempi di eccellenza, studiati e presi a modello in tutto il mondo.
Bruno Munari, che fu precursore nella comunicazione visiva, nel design e nella didattica, adottò nei propri studi un approccio interdisciplinare, che univa creatività, tecnica e psicologia. Egli dichiarava espressamente di sentirsi molto vicino al metodo Montessori, di cui condivideva appieno il motto “aiutami a fare da me”, come invito rivolto al bambino alla sperimentazione, alla libera scoperta e all’autonomia.
Gli obiettivi del suo metodo sono finalizzati a coltivare la spontaneità e la curiosità infantili, a sviluppare la fantasia, la creatività e la libertà di pensiero, a favorire la diffusione di una nuova sensibilità estetica. In questo scenario ideale, il “gioco” diventa un mezzo insostituibile per agevolare la conoscenza delle tecniche di espressione artistica e della comunicazione. Il laboratorio invece assume il ruolo di luogo preservato del “fare per capire”, dove si fa “ginnastica mentale”, di luogo di incontro educativo e collaborazione, in cui imparare ad osservare le realtà con tutti i sensi, non solo con gli occhi. Per fare arte, oltre ad essere creativi, è importante imparare la tecnica perché non è possibile comunicare senza conoscenze tecniche.
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Nel suo saggio del 1977 dal titolo eloquente – Fantasia –, Munari esprime un concetto illuminante, espressivo di un forte impulso democratico. Secondo l’architetto infatti l’unico modo per produrre fantasia, creatività ed invenzione è quello di “creare relazioni” fra ciò che già conosciamo, in quanto non è possibile stabilire relazioni fra ciò che è sconosciuto. A tal fine, è necessario che le persone – e in particolare i bambini, la cui mente è affamata di novità – possano memorizzare più dati possibili. Questo permetterà loro di creare più relazioni possibili, di sviluppare la propria creatività e, dulcis in fundo, acquisire un’autonoma capacità di risoluzione dei problemi che si presenteranno nel corso della propria esistenza. Munari sottolinea come il processo di espansione della conoscenza debba avvenire nell’infanzia, periodo in cui l’individuo si forma e in cui, in base all’educazione ricevuta, potrà mettere le radici di un’esistenza “libera” piuttosto che “condizionata”.
Questo il pensiero di Munari: “Io ho tenuto diversi incontri e conferenze a livello universitario, in scuole medie, in scuole elementari e adesso, finalmente, sono arrivato alla scuola materna. È lì che bisogna operare, altrimenti i bambini sono già condizionati a un pensiero distorto, a un pensiero chiuso; sono soffocati nelle loro possibilità creative e fantastiche. Quindi, se si vuole cambiare la società, è proprio lì che si deve operare per sperare in un mondo migliore fra qualche generazione”.
Ciò che i bambini apprendono non discende necessariamente da quanto viene loro insegnato, ma è in gran parte il prodotto dell’attività degli stessi bambini e dell’impiego delle risorse di cui sono dotati. In questa ottica innovativa, l’apprendimento diventa un processo “auto-costruttivo” e i bambini sono parte attiva nel proprio processo di crescita.
“Creatività”, “incertezza”, “intuizione”, “curiosità” sono elementi tipici dell’approccio conoscitivo infantile, il quale poi si alimenta laddove coesistano la motivazione e il piacere dell’apprendere. Ogni bambino possiede tutta una serie di potenzialità di natura affettiva, relazionale, sensoriale ed intellettiva e le scambia incessantemente con il proprio contesto socio-culturale. Attraverso capacità di cooperazione e di interazione tra linguaggi diversi, essi sono in grado di sviluppare la propria abilità nel trovare autonomamente nuove strategie di adattamento alle problematiche che la vita pone loro davanti.
L’evoluzione individuale e del vivere civile non può prescindere da una capacità espressiva a tutto tondo, acquisita dall’individuo in modo consapevole, a partire dalla più tenera età e che riconosce alla pratica artistica un ruolo cruciale.