«Conta più la fortuna che il merito», la Regione Lombardia: «Basta alle gare con il click day»
Vittoria delle aziende. D’accordo i vertici Aria: «Basta un disservizio di pochi minuti e il bando è da rifare»
«Da qui in avanti ogni richiesta di click day deve passare dal mio tavolo perché io sono assolutamente contrario. Quindi se arriverà una richiesta di click day da qualche assessorato, ne parlerò con l’assessore e arriverò fino al presidente per fargli presente che questa cosa è controproducente». È il 24 maggio, sul finire della seduta della Commissione Bilancio del consiglio regionale, Christian Borrello, amministratore unico dell’Azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti (Aria), parla così del sistema di gestione dei bandi per il finanziamento alle imprese. E poco prima anche direttore generale Lorenzo Gubian non era stato meno esplicito: «Siamo contrari perché basta banalmente un disservizio di qualche minuto e il rischio di dover riemettere il bando perché si è sfavorito qualcuno per problemi tecnici, è veramente molto elevato». E ancora: «Spesso è veramente una questione di fortuna arrivare prima o arrivare dopo, perché tutte le richieste arrivano quasi contemporaneamente nei click day e quindi a decidere è il fato».
Insomma dopo che, attraverso il Corriere, aziende e associazioni imprenditoriali avevano sollevato il problema della «lotteria» del click day per l’assegnazione dei fondi in favore del tessuto produttivo lombardo, anche dall’interno della macchina regionale arrivano adesso parole nette. E anche se non è ancora una posizione ufficiale, anche dai piani alti del palazzo della Regione arrivano segnali chiari circa la volontà di «superare il sistema dei click day». In effetti, nella maggioranza politica e nella struttura amministrativa di Palazzo Lombardia viene riconosciuta la scarsa raffinatezza del meccanismo.
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Come ha ricordato lo stesso Gubian in commissione, i click day «sono un modo molto rapido di distribuire importanti risorse, evitando istruttorie, valutazioni progettuali che ovviamente richiedono tempo di persone». Ma non consentono valutazioni qualitative. A sollevare politicamente la questione è stato il consigliere del Pd Pietro Bussolati, che insieme alla collega Paola Bocci ha presentato anche una mozione urgente. Oltre all’aleatorietà del metodo telematico per la distribuzione di «risorse preziose per la vita e la crescite delle nostre aziende», il consigliere dem affronta anche il nodo dei controlli: «Finora sono stati utilizzati soltanto indicatori quantitativi e non mirati a misurare gli effetti economici di questi interventi e invece credo sia interesse della Regione verificare i risultati prodotti dai soldi che eroga». Anche le associazioni imprenditoriali chiedono cambiamenti: «È necessario valorizzare al meglio, attraverso i bandi regionali, i progetti di sviluppo proposti da imprese con piani complessi e importanti per il territorio — commenta Alessandro Scarabelli, direttore generale di Assolombarda —. Per farlo, la procedura valutativa a sportello può non essere la soluzione migliore, avendo come primo criterio di assegnazione dei fondi la velocità di presentazione della richiesta di contributo. È importante — aggiunge — poter contare su pochi bandi, ben fatti, possibilmente integrati tra assessorati, e con stanziamenti adeguati, poiché possano agire da volano anche per attrarre nuovi investimenti sul territorio».
Reazioni positive anche nel mondo delle aziende di dimensioni minori: «Il superamento del click day è una necessità che rivendichiamo da tempo perché crea sfiducia e non valorizza il merito dei progetti — dice Stefano Valvason, direttore generale di Api, che riunisce piccole e medie industrie —. I bandi regionali vanno concepiti come strumenti di politica industriale e devono essere progettati in modo da raggiungere l’obiettivo che ci si prefigge, attribuendo punteggi alla dimensione delle imprese beneficiarie, alla tipologia degli interventi, all’entità degli investimenti, alla qualità del progetto». «È una scelta coraggiosa e un’occasione preziosa per fare tre passi avanti», commenta Marco Accornero, segretario di Unione Artigiani , che chiede di introdurre «criteri oggettivi, standard minimi di qualità e controlli» e avanza alcune proposte: «Dividere i plafond dei bandi per le dimensioni delle imprese, perché un piccolo artigiano non può competere con la multinazionale. Servono finestre distinte per le micro imprese, per le piccole e per quelle medio-grandi. E occorre spingere le aziende a partecipare ai bandi solo con le fatture e gli investimenti già effettuati: c’è una quota inaccettabile di imprese che vincono i bandi e poi rinunciano ma nel frattempo le altre piccole attività restano con un pugno di mosche in mano».