Corte di Cassazione a Sezioni Unite: Sent. n. 13162 del 14 maggio 2024. Riconoscimento del diritto al rimborso dell’IVA per spese su beni di terzi
Introduzione
Con la sentenza n. 13162, depositata il 14 maggio 2024, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IVA corrisposta per la realizzazione di opere di ristrutturazione su beni di proprietà di terzi.
Tale pronuncia si pone in linea di continuità con la sentenza n. 11533 delle medesime Sezioni Unite della Corte di Cassazione, depositata l’11 maggio 2018, con la quale è stato riconosciuto l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA corrisposta per la realizzazione di opere su beni di proprietà altrui, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972.
L’ordinanza di rimessione e gli orientamenti giurisprudenziali
La questione interpretativa è stata rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 14975 del 29 maggio 2023, che descrive il contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla corretta interpretazione dell’art. 30, comma 3, let. c) del D.P.R. n. 633/1972, ai sensi del quale il contribuente può richiedere a rimborso l’IVA a credito limitatamente all'imposta corrisposta in relazione all' “acquisto o all'importazione” di beni ammortizzabili.
Secondo un primo orientamento, il dato letterale della disposizione indurrebbe a ritenere che, ai fini dell’esercizio del rimborso dell’IVA, debba necessariamente sussistere una stretta correlazione tra le spese sostenute dal contribuente e la possibilità di ammortizzare i beni, il che implicherebbe che tali spese afferiscano a beni posseduti in forza di un titolo di proprietà o di altro diritto che ne consenta la qualificazione di bene ad uso durevole dell’impresa (cfr. Cass. sent. n. 24779/2015; sent. n. 24518/2020).
Tale lettura troverebbe riscontro nel fatto che l’art. 183 della Direttiva n. 2006/112/CE (Direttiva IVA) rimette ai legislatori nazionali la possibilità di prevedere specifiche modalità per l’esercizio del diritto a rimborso dell’imposta, inducendo a ritenere che l’esercizio di tale diritto possa essere legittimamente soggetto a presupposti più stringenti rispetto a quelli previsti per l’esercizio del diritto alla detrazione, purché non determini alcun rischio finanziario per il contribuente (sent. Enel Maritsa Iztok 3, C-107/10, EU:C:2011:298, punto 33; sent. Glencore Agriculture Hungary, C-254/16, EU:C:2017:522, punto 20).
Secondo un diverso orientamento, invece, il diritto al rimborso dell’IVA – alla stregua del diritto alla detrazione - deve essere comunque riconosciuto in caso di esecuzione di lavori di ristrutturazione o manutenzione su beni di proprietà di terzi, in virtù del generale principio di neutralità di tale imposta, purché sia presente un nesso di strumentalità con l'attività d'impresa o professionale, anche se quest'ultima sia potenziale o prospettica (inter alia, Cass. sent. n. 8389/2013; sent. n. 27813/2022).
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Il ragionamento di fondo, posto alla base di queste ultime pronunce, sembra essere rivolto nel senso di una identità strutturale tra i presupposti applicativi del diritto alla detrazione rispetto al diritto al rimborso dell’IVA, fondata sulla considerazione che quest'ultimo diritto costituisce uno strumento alternativo e, quindi, non autonomo nei suoi presupposti strutturali, rispetto al primo, in aderenza al principio di neutralità di tale imposta.
Con l’ordinanza in oggetto, dunque, viene chiesto alle Sezioni Unite se i presupposti applicativi del diritto alla detrazione dell’IVA - riconosciuto nel caso di spese sostenute dal contribuente per l'esecuzione di lavori su beni di proprietà di terzi, qualora il contribuente abbia un titolo di godimento in forza del quale ha eseguito i lavori - siano sostanzialmente sovrapponibili a quelli che presiedono al diritto al rimborso della medesima imposta.
La pronuncia delle Sezioni Unite
Secondo le Sezioni Unite, la questione interpretativa in oggetto deve essere affrontata alla luce dei chiarimenti resi a livello europeo.
Secondo la giurisprudenza della CGUE, i Legislatori nazionali - nel disciplinare il diritto al rimborso dell’IVA - devono attenersi a precisi caposaldi, quali i principi di effettività ed equivalenza, la ragionevolezza del termine per il rimborso e la garanzia di assenza di rischi finanziari per il soggetto passivo; nonché, tra tutti, il principio di neutralità dell'IVA, che deve considerarsi di portata generale ed assoluta (Cfr. sent. C-107/10, Enel Maritsa Iztok; sent. C-431/12, Rafinaria Steaua Romana; sent. C-254/16, Glencore Agriculture Hungary).
Pertanto, all'espressione "acquisto di beni ammortizzabili", utilizzata dal Legislatore nell’art. 30, comma 3, let. c), D.P.R. n. 633/1972, va attribuito un significato ampio di “disponibilità” di tali beni, in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso (ovvero, la detenzione) per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo, ferma in ogni caso la necessaria "strumentalità" dei beni stessi all'esercizio dell'impresa.
Inoltre, la Corte ritiene che, al fine di inquadrare correttamente il significato dell’espressione “beni ammortizzabili”, sia necessario fare riferimento alla nozione - ampia e sostanzialmente economica - di "beni di investimento" utilizzata nella Direttiva (art. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, art. 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, art. 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE). Dunque la disposizione legislativa va estesa ai beni che, pur strictu senso, non sono ammortizzabili, ma sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, quali investimenti (beni strumentali).
Sulla base di tali premesse, le Sezioni Unite ritengono possa essere formulato il seguente principio di diritto: "L'esercente attività d'impresa o professionale ha diritto al rimborso dell'IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta".