Così cantava Lucio Battisti e così sembrano comportarsi alcune aziende, per le quali cambiare lo status quo appare quasi una scelta sovversiva.
Aziende che aspettano sempre che qualcun’altro faccia il primo passo per inserire una nuova tecnologia, soluzione o metodologia, con il terrore di osare, paventando un’infinità di problemi, piuttosto che cercare di capire quale nuova tecnologia o soluzione possa apportare un beneficio per la propria società.
La risposta è sempre la stessa: abbiamo sempre fatto così, perché cambiare?
Paradossalmente nell'ambito dell’IT si parla costantemente d'innovazione, si consumano fiumi d’inchiostro per perorare la necessità di rinnovamento, si organizzano eventi e seminari, ma alla fine i sistemi, le architetture e i servizi rimangono pressoché gli stessi.
È altrettanto vero che ci sono delle eccezioni, ad esempio, mi ha colpito molto l’iniziativa di uno dei più importanti istituti di credito italiani che ha recentemente lanciato un progetto rivolto all'innovazione. Un evento che ha coinvolto un certo numero di società, vendor consolidati, ma anche società recenti, poco più che start-up e alcuni VAR, con l’obiettivo di delineare per il prossimo futuro la trasformazione digitale della Banca attraverso l’innovazione.
Un programma di lavoro che nasce per contribuire attivamente all'evoluzione complessiva dell’IT, coinvolgendo società esterne alle quali si richiede di suggerire tecnologie e soluzioni innovative per la trasformazione della Banca verso modelli più efficaci, efficienti ed economici.
All'opposto, nella stragrande maggioranza dei casi, le aziende affidano le loro scelte tecnologiche, architetturali e lo sviluppo delle proprie infrastrutture IT a vendor con loghi altisonanti, convinti che scegliere nuove tecnologie sviluppate da start-up sia troppo rischioso, perché solo i big possono garantire l’innovazione e un servizio post vendita adeguato.
Contrariamente, se guardiamo dietro la facciata e osserviamo attentamente, la tanto millantata innovazione è stata quasi sempre “acquistata”. La vera innovazione, quella che rompe con il passato, non arriva mai dai loro laboratori di ricerca e sviluppo.
I big vendor sono troppo impegnati nel gestire le loro organizzazioni di vendite e marketing, al massimo, le loro divisioni di R&D si preoccupano di migliorare l'esistente, oppure di integrare (soffocare) le start-up acquisite all'interno dei loro processi di razionalizzazione.
Così, quando ormai è chiaro che certe tecnologie non possono mancare nel loro portafoglio, tra "make or buy" scelgono quasi sempre il buy, inglobando l'innovatore, con buona pace dell'innovazione.
Nell'ambito dello storage gli esempi sono eclatanti, ci sono realtà che hanno costruito il loro portafoglio prodotti e la loro fortuna economica quasi esclusivamente attraverso le acquisizioni.
Certamente anche in questo ambito ci vogliono delle grandi abilità per diffondere sul mercato l’innovazione “acquistata” facendola capire a chi, prima dell’acquisizione, non ne aveva compreso il beneficio.
Per incanto, apponendo il loro altisonante logo, la nuova tecnologia diventa improvvisamente attraente per i clienti. Fino ad un istante prima era considerata una tecnologia troppo nuova! Non vi erano referenze, la start-up non aveva molti anni alle spalle e non vi erano molte installazioni in Italia. Però, come per magia, con il nuovo logo, tutti questi presunti problemi spariscono.
Frequentemente, questa mancanza di visione, ma direi anche di coraggio da parte di molti clienti, non è solo verso l’acquisizione di nuove tecnologie, ma anche per le metodologie di lavoro.
Soffermiamoci ad esempio sul consolidamento dello storage, leit motiv degli ultimi anni. Cosa ha portato? È stato sostituito dello storage con dell'altro storage, si, forse più efficiente, performante, scalabile, più conveniente economicamente, ma i dati continuano a crescere disordinatamente, così, le aziende, anno, dopo anno, devono mettere a budget l’acquisto di altro storage. (Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, ho pubblicato un articolo nel mio LinkedIn con il titolo: “Don't continue to buy new storage, what you have is more than enough!”).
Tra gli aspetti più dispendiosi nell'ambito del consolidamento dello storage vi è quello relativo alla migrazione dei dati dal vecchio storage a quello nuovo. Sapete cosa accade nella stragrande maggioranza dei casi?
Sono migrati sul nuovo storage file non più acceduti da anni. Dati che spesso non sono nemmeno più riconducibili alle applicazioni e agli utenti.
Eppure, tutti noi, prima di effettuare un trasloco selezioniamo cosa portare nella nuova casa. Un’attività scontata direi, tuttavia, nell'ambito dello storage questo non avviene.
Quanto esposto, accade per ogni migrazione. Mi è capitato di scoprire, dopo un assessment, file datati 1992. Dati “vintage” che occupavano decine di terabyte di spazio disco inutilmente e che erano perfino sottoposti al backup.
Quando ai miei clienti racconto questi episodi, alcuni di essi rimangono increduli, non di rado chiamano il responsabile dello storage chiedendogli se era stata effettuata un’analisi dei dati prima dell’ultima migrazione, dal loro sguardo capisco già quale è stata la risposta dall'altro capo del telefono.
Per non trovarsi in queste situazioni, il primo passo da compiere è proprio quello di classificare i dati in funzione della loro importanza e frequenza di accesso attraverso un assessment nell'infrastruttura storage. (Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, ho pubblicato un articolo con il titolo: “Assessment delle infrastrutture storage”).
Guardiamo invece cosa accade nell'ambito del backup, sapete che la stragrande maggioranza del tempo dedicato all'esecuzione del backup è sprecato per salvare dati inattivi, file che non sono variati nell'arco di mesi e perfino anni?
Uno vero spreco di tempo e risorse che razionalmente diventa difficile giustificare.
Anche in questo caso la risposta è sempre la stessa: abbiamo sempre fatto così… (Anche in questo caso, per chi fosse interessato ad approfondire l'argomento, ho pubblicato un articolo: “Come ottenere una riduzione drastica dei tempi di backup”).
Gli esempi di pratiche scorrette sono numerosissime, per questioni di spazio mi fermo solo a queste due semplici dimostrazioni per comprovare che solo già rivedendo delle prassi consolidate, ma errate, è possibile ottenere dei sensibile benefici in termini di ottimizzazione e riduzione dei costi.
Fino ad oggi, le imprese hanno acquistato tecnologie tradizionali, anche se con caratteristiche tecniche sempre più elevate in termini di prestazioni e capacità, non comprendendo che questo approccio porta solo ad acquistare sempre più memoria rendendo felice solo il fornitore di turno.
Come tutti noi sappiamo, i dati continueranno a crescere, per limitare il fabbisogno di storage, ridurre drasticamente i costi e le risorse per il loro mantenimento è necessario affrontare questi problemi attraverso un approccio radicalmente nuovo: metodologie innovative, strumenti software efficaci e nel contempo semplici da implementare, una reale visione d’insieme per aiutare le imprese nel vincere questa sfida.
A mio avviso, per innovare veramente, bisogna avere il coraggio di dimenticare il passato, con le sue regole e le sue consolidate abitudini, bisogna pensare in modo differente da come è sempre stato fatto. Esistono tecnologie e soluzioni in grado di ridurre drasticamente i costi e aumentare l’efficienza delle infrastrutture. Basta essere solo un po' curiosi e non avere preconcetti per rendersene conto. Il mercato offre un'ampia gamma di tecnologie e soluzione che permettono di rivedere totalmente la modalità di progettare le infrastrutture.
Oggi è possibile progettare un nuovo data center non solo spendendo un terzo rispetto al passato, ma anche di poter garantire affidabilità e prestazioni inimmaginabili rispetto alle tradizionali architetture.
Il mio punto di vista
Non solo per evolvere in meglio è necessario conoscere le nuove tecnologie, bisognerebbe anche evitare di affidare nuovi progetti evolutivi a chi finora, seguendo i comodi binari della "tradizione" ha contribuito all'esorbitante crescita dei costi di gestione, all'incremento della complessità, all'aumento disordinato dei dati, alla mancanza di compliance, all'extra lavoro da parte del personale tecnico per svolgere attività di basso profilo per sistemi non più allineati alle odierne necessità operative. Ma questo è solo il mio punto di vista.
Di seguito ho elencato alcune tecnologie e soluzioni, che reputo molto interessanti da valutare per lo sviluppo di architetture in linea con le odierne necessità delle imprese :
- Object Storage in grado di archiviare miliardi di dati senza degrado prestazionale, si è svincolati dai sistemi operativi, offrono una gestione semplificata (non esistono, volumi, LUN, RAID, eccetera) e maggiore sicurezza rispetto ai sistemi storage tradizionali, ad una frazione del loro costo.
- Hyper Converged per armonizzare le risorse di computing e storage in un pool unico (integrazione completa delle VM con lo storage).
- Architetture scale-out per la deduplica dei dati in grado di garantire prestazioni inimmaginabili per il backup e soprattutto per il restore (RTO) dei dati rispetto ai sistemi presenti da alcuni anni sul mercato, non più in linea con le odierne esigenze operative (il restore di alcuni TB può richiedere alcuni giorni perché i dati devono essere reidratati, se nel contempo un hard disk si dovesse guastare, il tempo di ricostruzione, unito alla reidratazione dei dati deduplicati, diventerebbe intollerabile).
- Architetture Active Archive tier 2 e tier 3 per l’archiviazione dei dati, in grado di abbattere drasticamente il costo dello storage e della sua gestione operativa e che non necessitano del backup.
- Sistemi All Flash storage (da non confondere con sistemi RAID che usano SSD) per sostituire gli obsoleti storage tier 1 basati ancora su hard disk.
- Software Defined Storage per creare il proprio storage attraverso prodotti commodity, in grado di garantire funzionalità più avanzate rispetto agli storage tradizionali, senza lock-in e ad una frazione del loro costo.
- Sistemi storage enterprise che non utilizzano l’architettura RAID per la protezione dei dati, un approccio “paleolitico”, ma ancora ampiamente in uso.
- Soluzioni per il backup e la protezione dei dati innovative e svincolate dal tradizionale e antiquato approccio client-server, nato oltre 30 anni fa in contesti operativi ben differenti da quelli attuali.
- Cloud Gateway in grado di integrare le infrastrutture tradizionali all'interno del cloud privato, pubblico e ibrido in modo totalmente trasparente alle applicazioni e agli utenti. Attraverso queste tecnologia è possibile estendere virtualmente la propria infrastruttura IT all'interno del cloud senza apportare alcuna modifica all'ambiente esistente. Si installano all'interno delle infrastrutture in poche ore, garantendo un accesso al cloud (privato, pubblico e ibrido) in modo semplice e sicuro.
Una sola raccomandazione, quando vi proporranno queste nuove tecnologie e soluzioni, non chiedete quante installazioni ci sono in Italia…