Cosa può fare la politica per ridare fiato al mondo delle TLC

Cosa può fare la politica per ridare fiato al mondo delle TLC

Le telecomunicazioni sono un settore cruciale per l’economia moderna: sono la base da cui dipendono migliaia di servizi che cittadini, imprese e pubblica amministrazione usano tutti i giorni. La riprova della loro centralità è la rapidità con cui i consumatori reagiscono nei rari momenti in cui c’è un disservizio o quando non funziona uno dei servizi che sulle tlc si reggono, la tv in streaming, i servizi di messaggistica o le piattaforme per lo smart working. Eppure, un comparto così fondamentale, è dato troppo spesso per ‘scontato’, sia dai clienti, pubblici o privati, grandi aziende o persone, che dalle istituzioni che ne regolano lo sviluppo, con regole che, anche in Europa, da troppo tempo lasciano le Tlc intrappolate in un modello competitivo che presenta profonde inefficienze, ahimè tipiche solo del contesto europeo. La spinta verso la massima concorrenza per abbassare i prezzi e favorire i consumatori, figlia di un quadro regolatorio nato all’epoca delle privatizzazioni e dell’avvio della concorrenza nel settore, si scontra con una realtà strutturale che rende questo approccio insostenibile: non possiamo normare il presente - e meno ancora il futuro – guardando nello specchietto retrovisore.

Grazie agli ingenti investimenti degli operatori di telecomunicazioni, che in Italia negli anni scorsi sono arrivati, secondo i dati Asstel, a superare i 7 miliardi di euro all’anno (escluse le licenze per l’acquisto delle frequenze 5G, per cui gli operatori del nostro Paese hanno pagato un prezzo fra i più alti al mondo), tutti hanno potuto godere di prestazioni sempre più elevate, erogate – nonostante la loro vitale importanza per la società moderna – a prezzi in costante calo, un paradosso che ha portato il nostro Paese ad essere tra i più economici al mondo nei servizi di telefonia sia fissa che mobile. Basti pensare all’uso che facciamo degli smartphone, uno strumento sempre più trasversale: da un lato la quantità e la qualità dei servizi offerti (velocità di connessione, traffico dati, copertura) sono aumentate di centinaia di volte, dall’altro i prezzi sono scesi significativamente e oggi i consumatori pagano anche meno di 10 euro al mese, un costo irrisorio se paragonato alla centralità del servizio.

Questa dinamica è molto diversa da quella registrata sia da altri beni di consumo sia da altre utility, come luce, acqua e gas, che tra l’altro sono avvantaggiati da un’aliquota IVA inferiore. E anche come si sono evoluti i settori è completamente differente. Un esempio è l’energia, che rispetto alle tlc è quasi un ‘gemello’. I due settori hanno vissuto percorsi paralleli: uno, quello delle tlc, rivolto verso l’obiettivo di minimizzare il prezzo finale per i consumatori; l’altro, quello dell’energia, costruito per garantire gli investimenti necessari a creare un comparto efficiente. La differenza è sotto gli occhi di tutti. Per non parlare poi di prodotti non essenziali, dove l’inflazione degli ultimi anni ha portato ad aumenti di prezzo elevati, mentre un servizio cruciale come le telecomunicazioni subisce una continua compressione dei margini. Il prezzo dei principali servizi di streaming è aumentato più volte negli ultimi anni, con aumenti che sono arrivati anche al 50%, e anche quello di prodotti di consumo quotidiano, come il pane, è lievitato, salendo di oltre il 30% dal 2017. Al tempo stesso, i ricavi del settore italiano delle telecomunicazioni, sempre guardando al rapporto Asstel, negli ultimi 13 anni sono scesi circa del 35%, un valore che non ha paragoni fra i grandi Paesi europei.

C’è poi anche un tema di regole e rapporti: penso, ad esempio, alle piattaforme Over The Top (OTT), come Netflix, che utilizzano le reti degli operatori senza contribuire ai costi infrastrutturali, o a quelle, come WhatsApp, che di fatto offrono un servizio di telefonia, ma senza sottostare agli stessi obblighi stringenti imposti agli operatori tradizionali, come trasparenza, privacy, intercettazioni o call center gratuiti con operatore umano 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.

Questo crea uno squilibrio competitivo, aggravato da normative che penalizzano solo le Telco, mentre sarebbe necessario un livellamento delle regole o una revisione complessiva per garantire equità.

A tutto questo si aggiunge poi una struttura dei costi rigida, con molti aumenti che sono automatici: i contratti con gli operatori infrastrutturali, come le società delle torri, prevedono generalmente rincari annui legati all’inflazione, che non vengono trasferiti ai clienti finali; i prezzi delle licenze software sono salite, in poco tempo, del 25-30%; sul fronte energetico, nonostante i grandi consumi, gli operatori di TLC pur essendo aziende energivore non hanno agevolazioni e sono esposte a costi in crescita con minime possibilità di rinegoziazione. C’è poi il tema del lavoro, in Italia caratterizzato da rigidità molto forti che impediscono anche l’adozione di modelli operativi più efficienti. Possiamo accettare il liberismo e il “liberi tutti”, ma dev’esserci coerenza: non è possibile applicarlo solamente ai ricavi, in quel caso è necessario applicarlo anche ai costi.

Questa combinazione di rigidità sui costi, pressione sui prezzi e asimmetrie regolatorie crea un “mostro” economico. Gli operatori si trovano schiacciati tra ricavi statici e costi in aumento, senza la possibilità di reagire in modo adeguato. Questo modello ha già eroso il valore del settore, e, a lungo termine, porterà a una riduzione degli investimenti in infrastrutture strategiche come la fibra ottica e il 5G. Inoltre, è un modello che penalizza i consumatori, con una qualità del servizio che inevitabilmente risentirà della mancanza di risorse. Infine, mette a repentaglio la sostenibilità economica, con operatori che potrebbero uscire dal mercato.

È una strada segnata? Ovviamente no, ma è necessario un intervento a 360 gradi da parte di tutti gli attori coinvolti, che, assieme, devono partire da un assunto: le telecomunicazioni non sono solo un settore economico, sono un servizio essenziale che permette il funzionamento di gran parte della società moderna e digitale. È necessario riconoscerne il valore reale e intervenire per garantirne la sostenibilità. Il Governo italiano è molto attento al tema e negli ultimi incontri pubblici di settore per la prima volta gli amministratori delegati delle principali aziende di TLC si sono mostrati compatti sulla necessità di prevedere misure robuste per la ripresa del settore.

Anche in Europa, negli ultimi mesi, molti autorevoli osservatori, a cominciare da Mario Draghi con il suo rapporto sulla competitività del continente, hanno preso atto del significativo gap che va colmato e della necessità di creare un contesto normativo e regolatorio "fair" che consenta a tutti gli attori in campo di giocare la partita sul mercato del digitale senza squilibri. Nel Regno Unito, nell’autorizzare la fusione fra Vodafone e Three UK, la scelta è stata di utilizzare un approccio diverso dal passato, chiedendo, come remedies, più investimenti nel 5G, con l’impegno a spendere 11 miliardi di sterline per migliorare la rete mobile. Si tratta di un approccio nuovo e positivo, che segue, ad esempio, l’aver legato i prezzi finali per i consumatori all’inflazione.

Come TIM, negli ultimi tre anni, abbiamo fatto importanti passi avanti e il nostro piano prevede ulteriori cambiamenti rispetto al nostro business tradizionale. In molte occasioni mi sono già soffermato sul ruolo di TIM Enterprise, la nostra business unit dedicata ai grandi clienti e alla pubblica amministrazione; c’è tuttavia un’altra anima del Gruppo che sta cambiando pelle, ed è quella più nota, che si rivolge al mondo delle famiglie e delle piccole imprese.

TIM Consumer si sta infatti evolvendo in un’ottica di Customer Platform, andando ad affiancare ai servizi tradizionali di comunicazione elettronica tutta una serie di nuove proposte sempre più evolute. Lo facciamo mettendo a disposizione dei partner quelli che sono i nostri asset distintivi, ovvero la nostra capacità gestionale e relazionale, il rapporto con i clienti, la base di negozi su tutto il territorio, con tutti i dipendenti che ci lavorano. Tutto questo può aiutare a generare più innovazione, andando a raggiungere anche le persone meno digitali, che hanno ancora necessità di un rapporto diretto, ma anche a creare più valore, e a farlo in Italia, con una presenza stabile e solida, a servizio del Paese. Le telecomunicazioni, infatti, non servono solo alle grandi aziende ma servono a sostenere la transizione digitale e a diffonderla nella società, arrivando a tutti.

Non si tratta di un percorso semplice, stiamo investendo e puntando per creare valore per il nostro Gruppo e per l’Italia. È necessario quindi avere una politica industriale che porti il settore a essere più solido per stimolare sviluppo e innovazione.

Per farlo però servono regole che consentano di arrivare ad avere prezzi equi, che tengano conto di investimenti e inflazione, come avviene in altri settori regolamentati. Possiamo immaginare prezzi minimi? Scelte che, come nel modello adottato nel Regno Unito, favoriscano gli investimenti sugli obiettivi che l’UE stessa si è data? Le stesse regole per servizi comparabili? Servono norme che consentano a tutti gli attori in campo di giocare la partita sul mercato del digitale con le stesse regole, senza squilibri o asimmetrie, con investimenti infrastrutturali condivisi fra tutti i soggetti che ne traggono beneficio e favorendo l’atteso consolidamento del mercato. Le Telco stanno cambiando, è necessario che tutti facciano la propria parte per favorire la transizione in corso con azioni concrete e incisive, anche attraverso un dialogo con le istituzioni e l’opportuno coinvolgimento dei regolatori per creare un sistema che bilanci la tutela dei consumatori con la sostenibilità economica degli operatori.

Il settore delle telecomunicazioni è un pilastro fondamentale della società digitale: è necessario tutelarlo superando il modello attuale di competizione esasperata, che, unito a costi rigidi e normative squilibrate, ha già portato il settore verso una crisi di sostenibilità. Interventi mirati e un cambio di paradigma sono essenziali per garantire che le telecomunicazioni possano continuare a crescere, innovare e fornire servizi di qualità a consumatori e imprese. Inaction is not an option.


Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2024 su Il Foglio Quotidiano. 

Paolo Orlando

Head of Operations presso Noovle

1 giorno

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Fogazza Claudio

libero presso pensatore

1 giorno

il settore delle telecomunicazoni è in affanno perché non si è aggiornato, si è passato dal 3G al 5G per il futuro è olografico e con l'IA ora è possibile, i televisori e i telefonini olografici sono sul mercato ma mancano solo coloro che si lamntano gli imprenditori delle telecomunicazioni e la rete 8G che è già pronta -

Eugenio Nappi

Manager Commerciale e Socio Fondatore di Open Solution s.r.l. | Specialista nello Sviluppo Software per le Telecomunicazioni e la telefonia VoIP | Esperto protocolli di rete |

2 giorni

Concentrarsi solo sui prezzi e sui ricavi rischia di distogliere l’attenzione dal vero problema: la qualità dei servizi offerti. Oggi i consumatori non cercano solo una connessione internet veloce o economica; chiedono molto di più: Assistenza professionale e competente per risolvere rapidamente problemi tecnici. Servizi integrati di alta qualità, che includano supporto alla configurazione, protezione della rete, soluzioni smart per la casa e il lavoro. Esperienze personalizzate, che si adattino alle loro esigenze specifiche, sia per privati che per aziende. Il mercato si sta evolvendo. In un mondo sempre più digitale, il prezzo della connessione internet sta diventando una priorità secondaria rispetto al valore aggiunto che le telco possono offrire. Oggi i clienti sono disposti a pagare di più se ricevono un servizio affidabile, efficiente e supportato da personale preparato e qualificato. Troppo spesso i servizi sono gestiti da personale non adeguatamente formato e le esperienze dei clienti risultano frustranti. Tempi lunghi di risposta, assistenza che non risolve i problemi e mancanza di chiarezza nella comunicazione allontanano gli utenti, generando insoddisfazione e sfiducia.

Andrea Mazzei

Network Professional Expert |Technical account manager | Solution Architect | Product Manager | Technical Consultant | Radio Network Consultant | Client Delivery Manager | Customer Success Manager

2 giorni

Una soluzione per arginare questa tendenza potrebbe essere far pagare le BIG company per i contenuti che veicolano attraverso le reti degli operatori.

ciro scognamiglio

Chairman of the board presso WHITE 3 s.r.l

3 giorni

I servizi indispensabili di pubblica utilità devono tornare a essere fuori dalle speculazioni e dalla compressione dei costi di gestione. Le reti devono essere, non solo diffuse, sviluppate e migliorate, ma soprattutto gestite, manutenute e costruite per minimizzare i disservizi. Per fare ciò, occorre tenere fuori gli incompetenti, di qualunque natura, dai processi decisionali e operativi.

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