Cosa rimane di “questa” esperienza digitale?

Porto nella mente le immagini della presentazione dei piatti, i colori delle vivande, ma non ricordo nessuna #persona , non ho memoria di lineamenti orientali che mi consigliassero una pietanza piuttosto che un’altra ed il perché!

L’esperienza è un processo che permette di sperimentare, di provare e di mettermi alla prova con aspetti concreti od ideologici che non conosco.    In settimana, è accaduto partecipando al pranzo conoscitivo de Le Voci del Mattino, luogo prescelto Carpi, siamo in provincia di Modena, location ristorante “giapponese e cinese con formula menù fisso o all you can eat” così si definiscono.

Mi sono ritrovata nella frase che Paolo D'Andrea - il digitale è un luogo ove vivere esperienze – ha condiviso durante una diretta live. In seguito, mi sono mentalmente posta “fuori dalla finestra” riguardando metaforicamente lo svolgersi di quel pranzo.  

Gli aspetti tecnici hanno mantenuto le aspettative. WI-FI funzionante, QR code immediati, dettagli di postazione tavolo, specifiche di postazione coperto con nomi orientaleggianti, menù ampio e ben descritto – anche per me che non sono frequentatrice di questo segmento ristorativo - .    

Gli aspetti di sostenibilità economica aziendale, costo personale, tempo preparazione, l’avvicinarsi il più possibile a zero spreco alimentare, informazioni sui tempi di uscita dei piatti dalla zona preparazione (stavo scrivendo dalla cucina ma non lo trovo attinente al mio concetto di cucina), sono tutti aspetti che ritengo siano stati messi in opera in modo ottimale.

Qualità del cibo proposto, secondo le diverse esperienze dei sei commensali, fra chi è più frequentatore e chi conosce in modo più diretto le preparazioni orientali, per motivi famigliari, emerge che siamo a un buon livello e sono state apprezzate anche le quantità servite.  

Nella maggior parte del tempo trascorso a pranzo, abbiamo interagito fra noi per consigli, chi spiegava le preparazioni, chi suggeriva di assaggiare questo e quello. Abbiamo riso e condiviso sapori ed idee, ci siamo guardati negli occhi, scattato alcune foto, il tempo è volato, un abbraccio, gli Auguri e via.

Nel pomeriggio mi sono chiesta: cosa mi è rimasto dello spirito di quel locale?

Mi riecheggiano in mente le parole di un oste, di seconda generazione della trattoria famigliare, che anni fa mi accompagnò durante una cena, con informazioni inerenti ai piatti proposti, al momento del dolce mi è rimasto impresso la sua frase “Al dolz là da esar dolz, brisa senza zucar, senza mascarpon, senza ov …” , lo ricordo come fosse ieri.

Oppure molti anni fa, in una pizzeria che frequentavo per lavoro,  ordinai una Quattro Stagioni ed il pizzaiolo la fece a forma di cuore, rimasi doppiamente colpita, per la creatività – a quei tempi, i menù erano molto diversi dagli odierni – e  l’intraprendenza personale fece la differenza.               

Nell’esperienza orientale descritta sopra il rammarico è di non aver interagito con delle persone, non ho acquisito un pò di valore aggiunto che questa cultura ha.  Successivamente ho pensato: “loro hanno desiderio di integrarsi, di mettere radici in questo luogo, Italia, o siamo uno spazio di passaggio temporale nel quale cogliere occasioni senza progettare stanzialità e continuità?

Se da un lato, le aziende italiane, sono state emblema di valore nel territorio ove sorgevano ed hanno accompagnato lo sviluppo sociale dello stesso per generazioni, negli ultimi decenni si è registrata la necessità di conoscere mercati diversi, di aprirsi a nuove frontiere per garantire sviluppo economico.

Ogni esperienza porta un arricchimento. Non mi sarei fermata su questa riflessione se non ci fosse stato l’incipit di una esperienza digitale, prendo alla lettera il messaggio del Biscotto della Fortuna che ho aperto: abbi coraggio e rischia!