Covid-19 e internazionalizzazione: trasformare la crisi in opportunità
È ancora presto per valutare l’impatto del Coronavirus sulle aziende esportatrici svizzere. Una cosa è però certa: come tutte le pandemie, anche il Covid-19 sta dando una spinta all’innovazione economica e tecnologica e sta portando con sé non solo sfide, ma anche opportunità.
Un primo accenno è stato fatto nell’articolo scritto a quattro mani con Valentina Rossi, allora responsabile del Servizio Export della Cc-Ti (e pubblicato in prima battuta sul Corriere del Ticino del 6 maggio scorso). Prendo spunto da questa analisi per fare qualche riflessione ulteriore.
Rivedere il proprio modello di business e lo sviluppo internazionale
La pandemia ha già innescato una sorta di “riconversione” (industriale e non) e alcune aziende hanno (parzialmente) reinventato la loro stessa attività: basti pensare ad esempio alle aziende di moda che hanno riconvertito la loro produzione realizzando mascherine, camici o guanti o ancora ai produttori di vino che con il vino in giacenza hanno prodotto alcool igienizzante.
Più in generale, possiamo dire che le aziende sono chiamate a rivalutare il proprio modello di business, a ripensare alla loro internazionalizzazione e in sostanza a reinventare il loro sviluppo al di fuori dei confini nazionali adottando nuove pratiche. In particolare, la chiusura delle frontiere spinge le aziende a pensare a nuovi metodi di prospezione dei mercati per compensare la riduzione dei viaggi e la cancellazione o il posticipo delle fiere, così come a nuove e più agili strategie di ingresso nei mercati, esplorando ad esempio nuovi canali di distribuzione (tra cui quello dell’e-commerce) o utilizzando le reti commerciali ufficiali esistenti.
A tal proposito tengo a sottolineare come, su mandato nella Confederazione, noi di Switzerland Global Enterprise, assieme alle nostre filiali in ben 27 Paesi, sosteniamo le start-up e le PMI svizzere nelle loro attività internazionali. Tra i servizi maggiormente richiesti dall’inizio della pandemia figurano, ad esempio, i viaggi di prospezione di mercato virtuali, gli store check virtuali e persino la partecipazione a fiere internazionali tramite SWISS Pavilion digitali. (Per approfondimento: Consulenza all’export)
L’e-commerce ai tempi del Coronavirus (e dopo)
Man mano che sono venuti a patto con la situazione – che sia di quarantena forzata o di chiusura di ristoranti e negozi non di prima necessità – i consumatori di tutto il mondo hanno cambiato ciò che comprano, quando e come, lanciando in sostanza una sorta di corsa agli acquisti online. Nel periodo più “caldo”, Amazon, il più grande rivenditore al mondo, si è visto costretto a ritardare la consegna di articoli non essenziali e persino a rifiutare talune ordinazioni. Il motivo? Non riuscire a tenere il passo con la domanda dei consumatori. Il commercio digitale è letteralmente esploso, affermandosi sempre di più come strumento fondamentale per fare business.
Nel periodo post-Coronavirus sarà ancora più rilevante e potenzialmente più efficace utilizzare un approccio multicanale, ossia che veda la combinazione della piattaforma digitale (in particolare se mobile-friendly) al negozio fisico. In sostanza si può dire che il canale digitale non può essere ignorato ancora lungo dalle PMI esportatrici che ancora non lo usano o che lo utilizzano solo in maniera sporadica per le loro vendite all’estero.
Una questione che si pone alle aziende che si “affacciano” all’e-commerce è sicuramente quella di dover operare una scelta tra realizzare un sito e-commerce proprietario e vendere i propri prodotti o servizi su uno dei marketplace esistenti. Se l’e-shop è una soluzione proprietaria al 100%, che viene gestita e personalizzata direttamente dall’azienda (presentazione, design,…) e consente la creazione e il rafforzamento del brand e in sostanza la fidelizzazione, il marketplace favorisce invece la visibilità e la logistica, riduce i tempi di gestione ma nel contempo limita l’autonomia e accresce il confronto diretto con i competitor presenti sullo stesso. Le aziende sono quindi chiamate a valutare i pro e i contro di entrambe le soluzioni.
Oltre a tale valutazione, non va tuttavia dimenticato il fatto che l’avvio di un’attività di e-commerce presuppone anche l’adempimento di obblighi di carattere amministrativo, giuridico, normativo e logistico. E tutto ciò varia in funzione della scelta del Paese target. Il mio suggerimento: non attendete oltre e fatevi consigliare. (Per approfondimento: E-commerce internazionale)
La ristrutturazione della supply chain
Lo choc del Covid-19 sul commercio internazionale, e più in generale sull’economia globale, è importante e sbilanciato: se in molti settori la domanda ha registrato forti contrazioni, in altri è letteralmente esplosa. Complici le restrizioni nei trasporti, i divieti d’esportazione o ancora l’aumento dei controlli, la pandemia ha evidenziato criticità e colli di bottiglia delle supply chain, in primis la mancanza di flessibilità delle aziende ad assorbire le interruzioni e la loro estrema vulnerabilità ai grandi eventi.
Per molti settori e aziende questo significa innanzitutto dover rivedere la propria supply chain e più in generale le filiere produttive, rendendole più “lean “e talvolta anche facendo “reshoring” di alcune attività prima delocalizzate o comunque “nearshoring” per le attività svolte in Asia (riportando tali attività in Paesi vicini). Per quanto riguarda la delocalizzazione della produzione dall’Asia, i Paesi dell’Europa centro-orientale svolgeranno quasi certamente un ruolo essenziale grazie alla loro vicinanza geografica e culturale alla Svizzera e ai salari relativamente bassi. Il tema è stato approfondito da S-GE e dallo Swiss Business Hub Central Europe nel corso di un seminario online svoltosi a maggio. Vi invito a prenderne visione sul nostro sito web.
Riflessioni sul “reshoring” vengono fatte anche a livello governativo: già all’indomani del G20 di Osaka nel 2019, infatti, il governo giapponese aveva annunciato l’introduzione di restrizioni alle esportazioni di materiali indispensabili per l’industria hi-tech sudcoreana, innescando una disputa commerciale tra i due Paesi. Ne è conseguita la chiusura, da parte coreana, delle proprie porte a molti prodotti nipponici e l’apertura di una finestra strategica per i produttori MEM svizzeri e i loro concorrenti non giapponesi: la Corea ha infatti designato “100 articoli strategici” che devono essere acquistati da fonti diverse dal Giappone e che devono essere localizzati. A causa della pandemia, le catene di fornitura interrotte hanno inoltre portato ad una carenza di parti/pezzi di ricambio. Un rapporto redatto ad aprile 2020 dallo Swiss Business Hub South Korea illustra nel dettaglio quali beni sono, ora più di prima, ricercati. Se la Corea del Sud si vuole distanziare dal Giappone, la nazione nipponica vuole invece fare altrettanto con la Cina. Già a marzo di quest’anno, infatti, il Giappone aveva confermato la volontà di ridurre la sua dipendenza dalla “fabbrica del mondo”, stanziando 243,5 miliardi di yen del suo pacchetto record di sostegno economico per aiutare i produttori giapponesi a spostare la fabbricazione di prodotti ad alto valore aggiunto al di fuori del Regno di Mezzo.
In sostanza posso concludere che la diversificazione della supply chain nella Corea del Sud e il reshoring delle attività produttive in Giappone aprono nuove opportunità per le PMI svizzere esportatrici attive nel settore MEM. Effetti simili si stanno osservando anche in altri Paesi.
Più in generale, infine, si può anche affermare che la digitalizzazione e la combinazione di tecnologie come la blockchain, l’IoT, il cloud computing e l’intelligenza artificiale (ma non solo) diventeranno la chiave di volta per garantire non solo la continuità delle attività, ma anche la cattura di segnali deboli di prossimi cambiamenti nel mercato, la visibilità end-to-end sulla rete dei fornitori, la tracciabilità di prodotti e materiali nonché l’eliminazione di problemi di compromissione dei dati. Se da un lato queste tematiche sono all’ordine del giorno per le aziende che stanno rivalutando la propria supply chain, dall’altro si aprono grandi opportunità per le aziende che offrono queste tecnologie.
La transizione verso un’economia (più) circolare
Se già prima della pandemia lo stile di vita stava cambiando in risposta alle preoccupazioni ambientali e climatiche nonché alle innovazioni di prodotto, il Coronavirus ha sconvolto ulteriormente le abitudini, i modi di vivere e i modelli produttivi. I consumatori, in particolare, hanno compreso quanto siano importanti (tra gli altri) i consumi alimentari, la gestione dei rifiuti e il loro riciclo. Dal canto loro, e l’abbiamo visto poc’anzi, le aziende sono obbligate a rispondere alle criticità delle supply chain, a riconfigurare i canali di distribuzione e in sostanza a creare nuovi modelli di business. Tutto ciò apre nuove riflessioni e la transizione verso un’economia circolare è una di queste: investire in modi per prolungare la vita dei prodotti e ridurre o evitare gli sprechi sono, infatti, elementi centrali di questo approccio. (Per approfondimento: Ellen MacArthur Foundation)
Se decidono di cogliere quest’opportunità e di passare a un’economia (più) circolare, le aziende sono chiamate a cambiare il modo in cui progettano e creano i prodotti, il modo in cui si relazionano con i loro clienti e il modo in cui interagiscono con le aziende sia all’interno che all’esterno del proprio settore.
Nel nostro lavoro quotidiano di ricerca e di prospezione di nuovi mercati e nuovi partner, noi di S-GE siamo sensibili a questo tema. Collaboriamo altresì con diverse associazioni ed istituti, in primis per quanto riguarda il Ticino con Cc-Ti, SUPSI e Impact Hub (Ticino). Se avete bisogno di informazioni e supporto, non esitate a contattarmi.
Vi segnalo infine che S-GE sta preparando la sua presenza all’evento annuale di ce2, che si terrà il 17 settembre 2020 a Interlaken. L’evento è su invito. Se siete interessati a parteciparvi, fatemelo sapere.
Digital health - ovvero la trasformazione digitale della salute
Il Coronavirus sta avendo un forte impatto a livello mondiale anche sull’implementazione di soluzioni digitali nel sistema sanitario che accelerino i processi, semplifichino le procedure, sgravino il carico del personale sanitario e consentano l’assistenza e il monitoraggio a distanza dei pazienti (telemedicina). Parliamo ad esempio di robot che prestano cure, di studi medici virtuali, di controllo dei sintomi tramite smartphone. Quale motore dell’innovazione, la Svizzera ha molto da offrire in questo ambito. Ad oggi, ad esempio, sono state indentificate ben oltre 180 start-up svizzere attive nel campo della salute digitale. (Per approfondimento: Health Trends: mappa della salute digitale svizzera)
Se in Svezia, Danimarca ed Estonia, i medici inviano le prescrizioni per via elettronica al paziente o direttamente alla farmacia che poi consegna il farmaco o l’Austria ha già un sistema di cartelle cliniche elettroniche (ELGA) che le rende facilmente accessibili a qualsiasi medico o ospedale, la Germania è solo ora in piena trasformazione. Alle aziende svizzere si aprono quindi le porte del mercato tedesco. In collaborazione con le associazioni di categoria, S-GE organizza a tal proposito uno “Swiss Start-up tour”. Un’opportunità, questa, sicuramente da non perdere. (Interessati a partecipare? Maggiori dettagli qui: Swiss Start-up tour – Digital health)
Una mobilità più rispettosa dell’ambiente
L’effetto più immediato e visibile della pandemia nel settore automobilistico tradizionale è l’arresto di molte fabbriche OEM e di fornitori. Inoltre, se quarantena e lockdown hanno quasi azzerato il traffico e ridotto le emissioni di gas ad effetto serra generate dai trasporti, ora che le disposizioni vengono allentate o eliminate, diverse città e nazioni stanno rivalutando il loro approccio alla mobilità dando più spazio a pedoni e ciclisti. Bruxelles, ad esempio, già da inizio maggio ha ampliato la sua rete ciclabile di circa 40 chilometri e invitato i cittadini ad optare per le biciclette per gli spostamenti brevi. Anche Milano ha annunciato l’intenzione di convertire 35 chilometri di strade in maggiore spazio per ciclisti e pedoni. Nuove opportunità di aprono così per i produttori di biciclette e di biciclette elettriche… ma anche per chi offre servizi di noleggio. Sempre in Italia, ad esempio, con l’avvio della fase 2 Heliz ha lanciato UNLIMITED, il primo abbonamento alla micro-mobilità sostenibile pensato per gli utilizzatori di biciclette e monopattini elettrici che con un pagamento unico al mese beneficeranno di un servizio di sharing senza limiti. Per dare impulso alla sua iniziativa, Helbiz ha stretto una partnership con la Task Force COVID-19 del Governo italiano.
La mobilità è tra i temi trattati anche dallo “Smart City Expo World Congress 2020“ che si terrà a Barcellona dal 17 al 19 novembre 2020. Evento leader delle soluzioni smart per le città, è anche la piattaforma ideale per presentare le proprie soluzioni in ambito di mobilità e in particolare di mobilità sostenibile. S-GE, in collaborazione con lo Swiss Business Hub Spain, sarà presente per la terza volta con uno SWISS Pavilion. (Interessati a partecipare? Maggiori dettagli qui: Smart City Expo World Congress – Barcellona, 17-19.11.20)
La panoramica qui sopra fornita non ha presunzione di esaustività, ma è intesa come spunto di riflessione e di spinta al dialogo per valutare nuove opportunità. Noi di Switzerland Global Enterprise siamo volentieri a disposizione accompagnarvi lungo tutto il percorso d’internazionalizzazione. Ora più che mai: non esitate a contattarci.
La versione originale di questo articolo è apparsa sulla rivista economica della Cc-Ti “Ticino Business” nr. 2, maggio-luglio 2020
"Problem talk creates problems, solution talk creates solutions!"
4 anniArticolo molto interessante e utile! Well done!
Retired - former Head Trade Finance Service Center - Director bei Credit Suisse
4 anniArticoli interessanti di S-GE che stimolano persone e aziende a saperne di più 👍🏻
Commercial Counsellor
4 anniAssolutamente!
Entrepreneur | Advisor | Investor
4 anniEccellente analisi. Mi interessa partecipare al CE2.