Cultura del fare contro cultura del sapere
Mi appresto a concludere un lavoro di analisi per alcune aziende del Veneto.
La mia impressione e’ che si tratti di ambienti molto grintosi in cui domina la cosiddetta “cultura del fare”: l’importante e’ agire e produrre risultati concreti nel piu’ breve tempo possibile, piuttosto che fermarsi a pensare e a capire le cose.
Non c’e’ spazio per una “cultura del sapere”, quella che privilegia la conoscenza e la presa di consapevolezza prima dell’azione, ma che non appare immediatamente utile.
Per molte persone, le due culture tendono a escludersi l’una con l’altra.
O si e’ una persona concreta con i piedi per terra, o una persona di cultura benpensante.
La strada della pratica porta da una parte, la strada dell’intelletto da un’altra. Nel contesto italiano e in molti altri, il divario appare spesso incolmabile e di riverbero molto ampio: non solo realismo contro idealismo, ma anche destra contro sinistra (non sto parlando di politica!), falchi contro colombe, settore privato contro settore pubblico, aziende contro scuola e accademica.
Consigliati da LinkedIn
I pregiudizi reciproci sono forti e fanno molto male: gli uni vengono tacciati di ignoranza, gli altri di inutilità.
Spaventato dalla sprezzanza e dalla futilita’ dell’intellettuale, io uomo di pratica faccio altrettanto. Ma siamo anche spaventati entrambi di realizzare che quella dell’altro in fin dei conti e’ anche una virtu’ che a noi manca.
Ascoltiamo tenendo le antenne alte per il pericolo. Non ci basta comunicare per capirci, e senza comprensione non riusciamo a sviluppare né rispetto reciproco né autoconsapevolezza.
Il problema del pregiudizio e’ che tiene le persone fisicamente lontane, e questo scarso contatto ci priva dell'opportunità dell’apprendimento reciproco. Diventiamo piu’ auto-referenziali e più egoisti, cominciando a perdere quel buon senso di cui io credo tutti gli uomini siano dotati alla nascita. Non riusciamo piu’ a vedere quello che abbiamo di fronte agli occhi e che qualunque persona esterna alla nostra cultura riuscirebbe invece a vedere.
Le mie sembrano le parole di un filosofo, ma quanti filosofi dopo Socrate, distanziandosi dalla pratica, hanno prodotto eccentriche ed esagerate visioni del mondo?
Dovremmo cercare di coltivare più equòilibrio: più studio per i pratici, più sporcarsi le mani per i teorici. Forse è proprio così che una società può fiorire: quando le persone coltivano insieme realismo e idealismo, riduzionismo e olismo, corpo e spirito.
Sognando un futuro migliore pur tenendo i piedi per terra.
Di Massimo Cossu