Dall'altro lato della barricata: il paradosso del docente universitario
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Dall'altro lato della barricata: il paradosso del docente universitario

Cosa c'è di più bello del trasferimento di conoscenza?

Provo a rispondere io. Nulla.

Eppure l'ho capito appieno solo una volta passato dall'altro lato della "barricata". Ma d'altronde è così che spesso accade.

L'insegnamento rientra in quell'alveo di professioni a cui la "semplice" definizione di lavoro sta stretta. Insegnare è un'arte. Anzi di più. Insegnare è una missione. Entrare in aula sapendo di poter avere un ruolo nella crescita di giovani ragazzi. Nei casi migliori puoi riuscire a scaturire in loro la fame, la consapevolezza e la curiosità necessarie per continuare al meglio il loro percorso. Nei casi peggiori però, si può innescare un effetto inverso.

Da cosa dipende però l'aleatorietà di quest'esito? Uno dei possibili motivi può risiedere nel fatto che non tutti percepiscono il ruolo della didattica come una grandissima responsabilità, non preoccupandosi dell'apprendimento o meno degli studenti, del loro livello di attenzione, del rapporto umano e di mentorship che si può instaurare. O magari lo percepivano, ma qualcosa li ha fatti disinnamorare del proprio mestiere.

E da cosa può essere determinato tale disinnamoramento? È un problema che certamente si riscontra in tantissimi altri contesti lavorativi. Tuttavia, c'è una contraddizione unica, un vero e proprio paradosso insito nel ruolo del docente universitario che mi ha totalmente spiazzato, e che può a mio avviso parzialmente giustificare alcune "carenze" di attenzione nei confronti del proprio ruolo di insegnante.

Nella figura del docente universitario infatti, devono conciliarsi due diverse nature. Quella del ricercatore e quella dell'insegnante. Fin qui, nulla di strano. La ricerca potrebbe rappresentare benzina per la docenza, e la docenza a sua volta una fuga dal "loop" della ricerca. Qui però entra in gioco il sistema di valutazione della carriera di un docente universitario.

Nel mondo accademico infatti, si viene valutati (quasi) unicamente in base alla propria attività di ricerca. Il che non è buono a mio parere per due diverse ragioni. Per prima cosa, essere un ottimo ricercatore non necessariamente implica essere un altrettanto ottimo docente. In secondo luogo, molto più importante a mio avviso, questo meccanismo implicitamente disincentiva l'attenzione verso la propria attività didattica, la quale rischia di diventare il più delle volte un peso per il docente.

Voi perdereste mai ore del vostro tempo a preparare qualcosa (come ad esempio aggiornare i programmi dei corsi, o pensare a tipologie di lezione alternative) su cui non verrete valutati? O per lo meno, su cui non verrete valutati ai fini di carriera (fortunatamente esiste anche la considerazione sul piano umano delle persone)? Forse sì, ma solo se avete una passione sfrenata per ciò che fate. E non è cosa per nulla banale.

Essere portati a trascurare l'attività di docenza per far carriera nel mondo della docenza stessa.

Tutto così antitetico.

Eppure tutto estremamente reale.

Alessio Tagliacozzo, PhD

Corporate Development Associate & Special Projects PMO @ CrestOptics | PhD Industrial Engineering

2 anni

Andrea Ancona “Le persone si comportano in base a come sono misurate”, in ogni ambito. Frase centrale su questa tua riflessione, che chiaramente condivido in toto. Tuttavia la passione, come al solito, fa la differenza.

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