DI ADVERTISING NON SE NE FA PIÙ, PER QUESTO SE NE FA DI PIÙ! Pack, cataloghi, fiere: i nuovi luoghi della comunicazione pubblicitaria.
Sono nata con le spalle alla tele mentre trasmettevano il TG e il torcicollo quando era il momento delle “réclame”. Conoscevo a memoria tutti i jingle delle pubblicità e tra i banchi dell’università sognavo di poter scrivere anche io, un giorno, la storia della bambina con l'impermeabile giallo che torna a casa sotto la pioggia salvando un gattino.
I sogni si infransero quasi subito, quando capii che quelle storie non le avrei mai scritte. Per obbligo, scelta o mancanza di coraggio - poco importa - ho costruito la mia fortunata carriera - dato il contesto - in una ridente cittadina del centro Italia, approcciandomi alle aziende Italiane di medio/grandi dimensioni, spesso del B2B.
Di recente, però, le cose sono cambiate: non ho mai girato uno spot con la bimba e il suo gattino, ma progetto pubblicità ogni giorno.
La pubblicità è diventata (e temo che per alcuni debba ancora diventare) il linguaggio con cui le aziende si rivolgono alle persone, con cui raccontano i loro prodotti e parlano del loro Brand, proprio perché di “advertising” non se ne fa più.
Quando l’agenzia per cui lavoro prese un cliente nel settore del casalingo, 4 anni fa, i loro pack erano delle scatole bianche con la sola foto del prodotto.
Oggi li chiamiamo in gergo “self-explaining” ossia “che si spiegano da soli” e ogni volta che ne progetto uno, parto sempre dalla costruzione della U.S.P. del singolo oggetto contenuto all’interno.
Siamo riusciti a trasformare in 4 anni una logica di vendita in una logica pubblicitaria, compiendo una rivoluzione incredibile: perché la vendita è uno scambio economico basato sul prezzo, la pubblicità è uno scambio economico basato sul valore.
Nella perenne lotta dei margini, oltre che dei volumi, e in un mercato che non riesce a differenziare realmente i suoi prodotti/servizi la vera gara si gioca nel mondo con cui queste aziende capitalizzano la loro “awarness”: che vuol dire usare la leva della comunicazione in ottica pubblicitaria.
Per questo tra scrivere e progettare uno slogan c’è un salto paritetico ad un fabbro che vuole fare il muratore: ma per favore, gente! Sono due mestieri diversi!
Quello che manca ancora, nella maggior parte delle aziende italiane, è la cultura legata al marketing strategico prima e alla comunicazione poi. Una mancanza che è scritta nei vostri organigrammi aziendali dove la Direzione Marketing è A SERVIZIO della Direzione Commerciale: né in staff e né tantomeno viceversa!
In tal senso spezzo una lancia a favore delle botteghe di “grafica e comunicazione”, perché il problema spesso è proprio nella richiesta del cliente, a cui si prepone la conoscenza del problema.
Dietro questo grande errore, oggi, ho costruito un reparto account - non sempre feroce nelle consegne - ma a cui dico sempre:
<<ricordatevi: prima di eseguire con una risposta, mettete in dubbio la domanda>>
“Ciao Chiara, mi serve - al volo - un cartello A4 di questo prodotto per il punto vendita. Basta che mettiate la foto e il logo.“
Sono nati così i primi grandi momenti in cui il cliente si è ritrovato tra le mani una campagna pubblicitaria fatta su quei beceri cartelli tra gli scaffali dei punti vendita, nei cataloghi tra le mani degli agenti, sui folder all’interno dei pack, sulle etichette, nelle fiere o sul web.
Senza, di fatto, mai essere andati in “réclame”.
Product & Project Manager Mandates Acquiring @Nexi
6 anniBellissimo!
Art Director at ColorSistem
6 anniCome darti torto 😉