Dialogo sull’economia civile. Dalla scuola partenopea del ‘700 alla sharing economy.
Un incontro che parte dall’economia civile di metà ‘700 di matrice partenopea e dal concetto di imprenditoria creativa portato avanti dalla scuola milanese per arrivare alla sharing economy contemporanea attraverso l’esperienza delle cooperative. Gaetano F. Esposito e Fabrizio Bellavista all’interno del Festival della Crescita 2018, il 19 ottobre 2018, Ore 17.15, Vision Hall, Palazzo delle Stelline.
Una società della condivisione con radici e storia italiane: nell’affrontare i flussi innovativi risulta estremamente utile avere dei punti di riferimento nazionali per lo sviluppo di strategie corrette; bisogna dire che la conoscenza della storia nazionale può illuminare la strada imboccata per portare l’innovazione nella propria azienda riuscendo così a comprendere meglio la realtà nazionale ed evitare tragici epic fail. La visione dello studioso napoletano Antonio Genovesi (elaborata nel 1756) sottolineava infatti la necessità di “una società non mossa esclusivamente dall’interesse egoistico, ma che richieda collaborazione, reciprocità e creatività, per dare vita a forme di ‘economie del noi’ basate su una razionalità economica più complessa e adeguata alle realtà dei comportamenti delle persone”.
L’economia civile come alternativa alla formula di turbo-capitalismo anglosassone nella costruzione della società della condivisione
Si formò tra Napoli e Milano (NaMi), tra la fine del ‘700 all’inizio dell’‘800, un ponte simbolico, partito appunto dalla concezione di fede pubblica e dalle basi culturali di riferimento del pensiero di Genovesi verso il riconoscimento nascente della creatività che a Milano trovava l’humus adeguato per radicarsi.
La rilevanza data a termini come “felicità”, “creatività” e “dono”, coniugati con l’economia, è una caratteristica di questo “saper cogliere” i flussi sotterranei della Storia, attitudine che contrassegna queste due metropoli, Napoli e Milano. Si parla di “senso” e “valori” per contribuire allo sviluppo delle nuove aziende “responsive”, capaci cioè di adattarsi alle contraddizioni di una società protesa alla globalizzazione ma nello stesso tempo attenta alle istanze locali ed identitarie analogico/digitale. In questa ottica un’economia civile e del “noi” con radici storiche ben strutturate può rappresentare un’alternativa alla formula di turbo-capitalismo di origini anglo-sassone.
Una sharing economy con radici e storia italiane: di fronte alla spinta innovativa sempre più incalzante la possibilità di riflettere sulle proprie radici può determinare grandi opportunità legate strettamente ai tesori locali (in Italia così abbondanti).
"Nel tempo si è persa la genuina motivazione imprenditoriale "a fare" sopita da un lato dalla rincorsa alla rendita finanziaria, dall'altro dal ruolo delle tecnostrutture manageriali preoccupate dei profitti di breve termine: tutto questo al posto di prospettive di lungo termine e di crescita effettiva, le sole capaci di produrre un benessere duraturo e soprattutto più partecipato".