Digital Kaizen. Istruzioni per l'uso
Il concetto Kaizen
La metodologia Kaizen si sviluppa nella cultura nipponica verso gli anni ’80, per poi espandersi nelle imprese italiane in maniera rilevante verso l’inizio degli anni 2000.
In questo contesto il Kaizen, ossia il principio del Miglioramento Continuo, arriva nelle PMI del nostro Paese portando una ventata di novità ed ottimismo che incide in maniera importante nel nostro tessuto manifatturiero, principalmente, facendo da apripista a tutte quelle filosofie e metodologie giapponesi che poi sono diventate la prassi quotidiane per molte medie/grandi imprese italiane.
Lean e IUNGO sono un perfetto esempio di come, il metodo Kaizen, sia poi sfociato in derive pratiche e concrete a favore della gestione delle linee produttive (Lean) e dell’approccio con la catena di fornitura (IUNGO).
Insomma, in buona sostanza la metodologia nipponica sta insegnando alle imprese italiane che migliorare si può.
Ma tutto ciò funziona qui da noi?
Stiamo, come imprese, veramente migliorando di continuo?
La risposta, ahimè, non è così semplice.
Il panorama italiano
Quello che le filosofie ed i metodi giapponesi insegnano è assolutamente interessante ed applicabile, eppure sembra non aver ancora destato le piccole medie imprese italiane dal loro torpore, fatto di titolari schiavisti e di dipendenti attaccati alla sedia, in costante balia delle scelte dell’impresa italiana.
Esistono, ovviamente, casi virtuosi, ma per la mia esperienza posso dire che solo poche aziende si sono spinte verso queste metodologie, ed io credo che la risposta del...
“ma perché non diventiamo come i giapponesi?”
sia proprio da ricercarsi nella nostra cultura imprenditoriale e manageriale, che così tanto ci distingue dalla visione orientale.
Una cultura che ci agevola nel “creare” in maniera artigianale e di qualità, ma che ha ovviamente importanti ripercussioni dal punto di vista organizzativo ed umano.
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Inoltre, per la mia esperienza sul territorio italiano a favore delle pmi del nostro Paese, posso dire che la mancanza di una filosofia non è assolutamente il problema principale per una PMI.
C’è molto prima da sistemare. C’è sicuramente un sistema aziendale da rivedere.
Il grande scoglio: la Concretezza
La differenza culturale tra la visione nipponica del fare impresa e quella italiana si potrebbe racchiudere nell’atteggiamento, tipicamente del nostro Paese, di sfiducia rispetto alle nuove metodologie che, di fatto, ci relega al titolo di “innovatori solo se conviene”.
È una visione molto materialistica, direi anzi molto concreta del fare impresa, ma è anche vero che l’atteggiamento italiano deriva da una totale disaffezione per il sistema centrale (la politica in questo caso) ed una incapacità di voler “andare oltre” per valutare alternative/ipotesi che ci possono portare vantaggio competitivo come impresa e/o singoli individui.
Mediamente l’imprenditore italiano è solo e si muove nel proprio contesto in maniera innovativa solo qualora il vantaggio concreto superi i costi, immerso nell’operatività di voler costantemente controllare ed operare per portare vantaggio al proprio tornaconto.
Un modo di fare impresa antico rispetto a mentalità moderne, ma è anche vero che lo stesso modo di pensare, direi molto concreto sul tema del guadagno, ha portato il nostro Paese al voler emergere in un contesto molto competitivo e ci è riuscito portando eccellenza e prosperità ad un tessuto industriale di sicura eccellenza.
Noi italiani siamo bravissimi ad inventare il business.
Molto meno a gestirlo.
La domanda allora, come innovatori, per parlare ad un pubblico di imprenditori, è sempre quella;
Ciò che faccio, e ciò che voglio cambiare, porterà vantaggio alla mia impresa? E soprattutto quanto vantaggio?
La risposta, finora, è stata “Non lo so”.
Una risposta semplice e scontata, e che spesso incontra il muro della diffidenza italiana.
Lo stesso muro che ostacola il progresso e l’innovazione nelle PMI italiane, e che sbatte contro un modo di fare consulenza che porta poco lato pratico, e molta più filosofia.
Una modalità proveniente da Oriente che dimentica il nostro modo di fare impresa, distante da un tessuto produttivo che nasce solo dentro l’azienda, per poi estendersi con lentezza fuori dalle mura aziendali.