Dipendenza da internet? Mary Aiken non ci crede
Internet è come una slot machine
Quando si parla di aspetti negativi legati ad internet, qualche volta spunta fuori il problema della “dipendenza”. Con dipendenza da internet ci si riferisce all’uso eccessivo della rete associato a instabilità emotiva. Il paragone più efficace è quello con la dipendenza da gioco: come chi non riesce a smettere di fare scommesse, c’è chi non riesce a fare a meno del collegamento internet. E se il “dipendente da internet” viene deprivato della connessione, diventa irritabile.
Ma qual è il limite di tempo oltre il quale si rischia di diventare “dipendenti da internet”? Esistono dei sintomi ben precisi? In realtà, si tratta di un disturbo in fase di definizione. Su Wikipedia possiamo trovare qualche informazione aggiuntiva. Ma le ricerche a riguardo, soprattutto in Europa, non sono numerose.
La cyberpsicologa Mary Aiken ha detto la sua con un intervento per Big Think. Secondo lei, internet è come una gigantesca slot machine. Alcuni contenuti online possono avere un particolare effetto su di noi. Ci incuriosiscono, ci rapiscono, ci convincono a cercare ancora più in profondità. Scrolliamo e la notizia precedente non ha più importanza rispetto a quella successiva. E via così, la navigazione prosegue senza interruzioni.
Quindi, sì, in parte la tecnologia può suscitare comportamenti negativi. Ma ciò non convince Mary Aiken.
“Trovi un bel link, un sito web grandioso. Ogni tanto ricevi un’email di elogio dal tuo capo. Oppure quel messaggio che stavi aspettando. Ciò causa molta più dipendenza rispetto a quando ogni parte della comunicazione è positiva o negativa.”
In media, una persona controlla il proprio cellulare ben 200 volte in un giorno. Per Aiken, però, questo non è un comportamento da dipendenza da internet. Perché nei casi di dipendenza la terapia prevista è l’astinenza. E l’astinenza con internet non funzionerà mai.
Non funzionerà mai perché ci affidiamo a questa tecnologia per lavorare, comunicare e costruire relazioni. Come facciamo, allora, a sfruttarla senza diventarne schiavi?
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