Diritto all’oblio e diritto all’identità personale

Nel 2010 un noto quotidiano nazionale pubblicava un articolo diffamatorio nei confronti di un professoressa di economia chiamata a svolgere un ruolo importante nella Pubblica Amministrazione come componente dell’AEEG (Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico). L’articolo ipotizzava che la donna fosse stata inserita in una posizione apicale della pubblica amministrazione non già perché meritevole e competente bensì in conseguenza di una raccomandazione politica. L’articolo, dopo la reazione dell’interessata, era stato rimosso dalla fonte originaria ovvero dall’archivio online del quotidiano, ma continuava a comparire tra i primi risultati di ricerca di Google (cercando con le parole chiave del suo nome),  perché (prima della sua cancellazione da parte del sito sorgente) era stato ripreso all’interno di un blog di un soggetto terzo. Dopo il rifiuto di Google di deindicizzare l’articolo lesivo (cioè di non farlo più trovare come risultato del motore di ricerca) la professoressa si era rivolta al Garante per la protezione dei dati personali che aveva integralmente rigettato le domande formulate nei confronti dei titolari dei motori di ricerca (Google Italy e a Google Inc). L’Autorità Garante osservava che non si poteva prescindere dal ruolo pubblico ricoperto dall’interessata e dunque l’interesse pubblico a reperire rapidamente le informazioni contenute nell’articolo in oggetto dovesse considerarsi prevalente rispetto al diritto alla protezione dei dati personali dell’interessata. Da qui il ricorso ex art 152 del Codice Privacy avverso detto provvedimento davanti al Tribunale di Milano, per chiedere l’annullamento del provvedimento del Garante e per ordinare al motore di ricerca la deindicizzazione del link. Il Tribunale di Milano, con sentenza n.10374/2016, accoglieva, invece, le domande della ricorrente, dichiarando la non sussistenza di un interesse pubblico nei confronti di informazioni contenute in un articolo di critica politica e stabilendo che “la tutela della propria identità personale sul web prevale sull’interesse degli utenti ad acquisire informazioni originarie, anche nel caso di un personaggio pubblico”. Il Tribunale evidenziava come i dati personali contenuti nell’articolo in questione non fossero più aggiornati, pertinenti e completi, non rivestendo alcun carattere di pubblico interesse. La sentenza del Tribunale del capoluogo lombardo richiama ampiamente i principi della nota sentenza Google Spain (Corte Giust. 13 maggio 2014, causa C-131/12, Mario Costeja Gonzalese e AEPD contro Google Spain e Google Inc - la quale si era occupata di una richiesta di blocco e cancellazione di dati personali),  in cui si è stabilito che l’attività del motore di ricerca, “consistente nel trovare informazioni pubbliche o inserite da terzi su internet, nell’indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente ed, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di internet secondo un determinato ordine di preferenze”, debba essere qualificata come “trattamento dei dati personali”, e che Google debba essere considerato il responsabile del trattamento ed obbligato a rimuovere, dall’elenco dei risultati, i link che rimandano a contenuti di terzi, qualora non più attuali. Inoltre il giudice ambrosiano, nella sentenza in commento, da ampio risalto anche all’autonomia di rapporto tra motore di ricerca ed interessato rispetto ai rapporti tra interessato e il titolare del sito sorgente, ove l’informazione è contenuta: la richiesta rivolta al motore di ricerca prescinde dalla differente istanza di cancellazione eventualmente proposta al soggetto che ha caricato l'informazione on line.  Il provvedimento in oggetto ha cercato di qualificare il diritto all’oblio come un aspetto del diritto all’identità personale piuttosto che un autonomo diritto della personalità: “segnatamente il diritto alla dis-associazione del proprio nome da un dato risultato di ricerca”. Il c.d. ridimensionamento della propria visibilità telematica, difatti, rappresenta un aspetto “funzionale” del diritto all'identità personale, diverso dal diritto ad essere dimenticato, che coinvolge e richiede una valutazione di contrapposti interessi: quello dell'individuo a non essere (più) trovato on line e quello del motore di ricerca (nel senso poco sopra specificato)”.  

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