Disegnare un core business a prova di futuro
Per disegnare core business a prova di futuro bisogna muoversi lungo tre direttrici: core optimization, core expansion e future growth.
La disruption è divenuta una sfida inevitabile e imprescindibile in un numero crescente di settori. Purtroppo, però, ancora oggi quando le imprese la affrontano per cercare di sopravvivere lo fanno con troppa cautela. Alcune provano ad alzare le barriere all’entrata, piuttosto che cercare di muoversi e di espandersi verso l’esterno. Altre restano ancorate al “business as usual”, a ciò che ha sempre funzionato in passato, piuttosto che cambiare internamente. E altre ancora puntano sul migliorare l’efficienza, invece che su un vero percorso di innovazione.
Nonostante possano essere considerate scelte comprensibili è evidente ormai come, nella maggior parte dei casi, semplicemente non funzionino. Mantengono, infatti, l’impresa in una pericolosa modalità sopravvivenza e ben lontane dalla capacità di disegnare attivamente il proprio futuro.
In questo contesto diventa, invece, sempre più imprescindibile per le imprese imparare a ragionare sul proprio core business per renderlo a prova di futuro.
Per farlo si deve procedere lungo tre direttrici.
La prima è quella che si definisce “core optimization”, l’ottimizzazione del core business. Ciò significa lavorare su quelle leve strategiche e operative che possano portare il core business al raggiungimento del suo pieno potenziale. Le questioni su cui interrogarsi in tal senso sono molteplici e includono, tra le altre, l’adeguatezza della scala dimensionale e della governance, l’ottimizzazione dell’uso delle risorse a disposizione, la massimizzazione della profittabilità e l’adeguatezza della struttura organizzativa.
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La seconda leva è quella della “core extension”, l’estensione del core business. Abbiamo imparato a farlo proprio dai disrupter, ossia da tutte quelle imprese che sono capaci di creare valore per i consumatori in un modo del tutto nuovo partendo dalle fasce più basse del mercato, se non addirittura da mercati fino a poco prima non esistenti. Si tratta di un processo, a volte anche molto lento e che può durare anni, di progressiva espansione del core business verso fasce di mercato più esclusive. Il disrupter sa estendere il proprio core business da un punto di partenza ad un punto di arrivo che è indefinito, passando via via da una situazione di non esistenza del mercato stesso, muovendosi verso un mercato basico, un mercato mainstream, arrivando a fasce upmarket più di lusso, e infine raggiungendo nicchie sempre più estreme.
Per farlo occorre essere capaci di estendere il proprio modello di business – mantenendolo però tale e quale – verso le adiacenze di mercato, alla ricerca di consumatori sempre più esigenti. Ciò significa ampliare i confini del proprio business espandendosi verso nuovi canali di vendita, esplorando nuovi mercati geografici, aprendosi verso nuovi target di mercato e fasi della value chain, e sviluppando nuovi prodotti e servizi.
È il percorso che ha seguito, ad esempio, Airbnb. Quello che poi è diventato uno dei disrupter più famosi al mondo, nasce in realtà nel 2007 con il nome “Airbed and Breakfast” (materasso ad aria e prima colazione). Il nome richiamava l’idea che nella stanza affittata non era presente un letto vero e proprio ma solo un materasso gonfiabile. Come sappiamo, Airbnb ha poi proseguito la sua scalata verso business e nicchie di mercato sempre più esclusive e ricercate prima con Airbnb Plus e poi con Airbnb Luxe.
Lo stesso tipo di percorso di espansione lo possiamo ritrovare anche in altri disrupter, quale ad esempio Uber. Partita con il semplice servizio di UberX, ne ha poi creati via via di sempre più esclusivi con UberBLACK e UberSUV, ed è entrata in nicchie sempre più estreme con UberICECREAM, UberKITTEN, per arrivare a UberTREE che consegna solo alberi di Natale.
Infine, la terza direttrice su cui lavorare riguarda le prospettive future di crescita del proprio portfolio di business. Ciò significa, innanzitutto, alimentare continuamente la propria pipeline di future opportunità di espansione con nuove idee, progetti e attività. In secondo luogo, occorre saper valutare le idee con strumenti e criteri adeguati che possano aiutare l’azienda a selezionare, validare e accelerare solo quelle più promettenti. Uno strumento utile in tal senso è quello delle 5A di cui abbiamo già parlato in una edizione precedente di questa newsletter, consultabile qui. In terzo luogo, occorre dare pesi, importanza e priorità diverse alle tre direttrici di ottimizzazione e espansione del core business. Una proporzione ideale potrebbe prevedere l’80-85% delle risorse disponibili dedicate alle attività di core optimization, il 5-10% a quella di core expansion, ed infine una porzione ben più ridotta, anche inferiore al 5%, alle attività di esplorazione di nuove opportunità. Da ultimo, occorre convogliare tutta l’organizzazione in una logica di intrapreneurship affinché i nuovi progetti possano poi tradursi in business reali. Bosch, ad esempio, ha avviato un programma di innovazione con 200 team e un budget di £120,000 ciascuno per lavorare tre mesi allo sviluppo di un’idea. Di queste, solo il 30% è riuscito a passare alla fase successiva e ad ottenere un ulteriore finanziamento di £300.000 per iniziare a esplorare e creare prototipi. E di queste, solo 15 sono arrivate alla fase finale.