Donald Trump, più Facebook e meno giornalisti
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Donald Trump, più Facebook e meno giornalisti

Amanti o meno del mondo USA. Appassionati o no di politica. Ogni quattro anni, tutti almeno una volta buttano l’occhio al di là dell’oceano per seguire le elezioni del Presidente degli Stati Uniti. O quanto meno alla lunga marcia di avvicinamento alla Casa Bianca.

La campagna elettorale è un vero e proprio evento. Un evento a cui gli americani, numeri uno in materia, hanno dato un impatto mediatico a 360 gradi. Tra confronti diretti, dibattiti tv, interviste e comizi, i candidati sono sempre in primo piano. Ancora di più oggi, con i social media che hanno raggiunto numeri senza precedenti.

E quando a confrontarsi ci sono due veri “personaggi” mediatici, che non se le mandano a dire, allora la campagna elettorale diventa uno show a tutti gli effetti. Questa del 2016 verrà ricordata tra le più accese vista la portata dei due contendenti finali: da una parte Donald Trump e dall’altra Hillary Clinton.

Personalmente, preferisco non entrare nel merito. Le lotte di potere, la corsa alla Casa Bianca, gli intrighi e i colpi bassi. Queste cose attendo di vederle nella quinta serie di House of Cards: Frank e Claire Underwood mi appassionano molto di più.

Ma sul tema campagna elettorale, una notizia (fonte Prima Comunicazione) mi ha colpito. Che Donald Trump non fosse proprio il prediletto della stampa americana si era intuito. Ma non che fosse pronto a bypassare la categoria.

Il magnate ha appena lanciato un programmache va in onda tutte le sere suFacebook Live. Un programma, che durerà fino all’election day di inizio novembre, con il chiaro intento di far sentire senza filtri la propria voce sui temi della campagna. La trasmissione va in onda dalle 18.30 alle 19 americane, direttamente dalla Trump Tower. In studio cBoris Epstheyn, Cliff Sims e Tomi Lahren.

Una notizia che lascia sicuramente alcuni punti di riflessione.

Intanto quanto Trump abbia capito il potere dei social. Tra i due candidati, il repubblicano vince nettamente la sfida dei numeri contro la rivale democratica. Basta prendere come termini di paragone le presenze su Twitter e Facebook.

Su Twitter, Trump può vantare a oggi 12,7 milioni di follower, superiore ai 10 circa della Clinton. E superiore anche agli 11 milioni di @potus, il profilo ufficiale del Presidente tutt’ora in carica, Barack Obama. Ma è su Facebook che il confronto si fa impietoso. I poco più di 7,5 milioni di fans di Hillary sono molto distanti dai quasi 12 di Donald.

Numeri che in parte spiegano la competitività del tycoon nei primi sondaggi. Prima che alcuni scandali (su tutti quello delle frasi sessiste), l’intervento di vip e influencer (tra cui anche alcune note testate giornalistiche) facesse pendere la bilancia dalla parte della sua avversaria. Sondaggi secondo i quali la Clinton non dovrebbe fallire il ritorno alla Casa Bianca e questa volta non solo come First Lady.

La ricerca di consenso sui social e il lancio di questo format pre-elettorale su Facebook potrebbe non essere casuale. In molti, negli Stati Uniti, sono conviti che dopo le elezioni Trump sia pronto a lanciare nuovi progetti nel mondo dei media. E c’è da scommettere che il digital avrà il suo peso. Il tutto, sottinteso, che Donald non stravolga i sondaggi e diventi Presidente.

Nel frattempo, il successo del miliardario, ha avuto già una ripercussione su Facebook. Intesa come l’azienda di Mark Zuckerberg. Durante la campagna elettorale, non certo giocata in punta di fioretto, il social network ha dovuto allargare le maglie della sua censura. Alcuni commenti razzisti di Trump (in particolare contro musulmani e immigrati messicani), puntualmente riportati nei post, non sono stati cancellati come la policy vorrebbe. Ma lasciati al loro posto, per evitare ingerenze nella corsa alla Presidenza. Una scelta, quella di non immischiarsi nella contesa, ha creato allo stesso Zuckerberg non pochi problemi anche all’interno della compagnia. Con tanti impiegati - in particolare quelli provenienti da famiglie di immigrati – che non hanno gradito e hanno anche minacciato di licenziarsi.

Infine un pensiero sul ruolo della stampa al giorno d’oggi. Con l’opinione pubblica non sempre soddisfatta dell’operato della categoria. E con il sempre maggiore successo dei social, in cui “tuttisiamo un’agenzia di comunicazione”. Questa mossa di Trump, pensata per superare l’avversione di gran parte delle testate USA nei suoi confronti, deve rappresentare un altro tema di discussione per tutto il mondo del giornalismo.

Piero Vigutto

Psicologo del Lavoro | Formatore | Autore | Blogger

8 anni

Bravo Fabio, splendido pezzo che analizza bene il potere dei digital media usati nel pilotare le decisioni della massa con uno spunto di riflessione sulle decisioni di FB di allargare le maglie della censura per dare spazio anche al peggio pur di non scontentare un candidato.

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