E se la paura di non farcela ti stesse dicendo che puoi farcela alla grande?

E se la paura di non farcela ti stesse dicendo che puoi farcela alla grande?

E se la paura di non farcela ti stesse dicendo che puoi farcela alla grande?

Come Sara è passata dall’ansia di mettere il naso fuori di casa a fare 400 chilometri in autostrada per accompagnare la figlia a una gara sportiva.

Sara (nome di fantasia) ha accettato la Sfida della paura.

A proposito di Sfida, ti ricordo che sono aperte le iscrizioni alla “Sfida dei 5 giorni per Persone che vogliono realizzarsi” dove faremo il primo passo per mettere a terra i tuoi progetti e sentirti finalmente più sereno.

Ci sono solo 4 posti liberi😊

Ma torniamo a Sara.

Sara mi aveva contattato perché voleva “diventare protagonista della sua vita”.

Ti ricorda qualcosa?

Sì, è stata lei a suggerirmi, senza saperlo, il nome del mio Percorso.

La verità è che ho visto in lei quello che tante persone desiderano: autonomia, indipendenza, libertà.

In altri termini, le fondamenta della realizzazione personale o professionale.

In lei ho visto anche quella paura di fare il primo passo, quella che ti blocca e ti fa sentire tremendamente frustrato, impotente davanti alla vita che scorre senza che tu possa farci niente.

Sara voleva tutto, ma non stava facendo niente.

Diceva di essere paralizzata dalla paura.

Paura di chi?

Paura di cosa?

Nella nostra testa la paura non ha un nome, è qualcosa d’indefinito, come una nube che oscura il cielo e all’improvviso è buio nonostante siano le 10 del mattino.

Iniziamo a sentire il cuore che batte più forte del solito, mal di stomaco, ansia e tutto diventa talmente difficile, anche pensare.

In realtà stiamo pensando fin troppo, ma quei pensieri non ci stanno portando da nessuna parte, quei pensieri ci stanno semplicemente sabotando.

La paura scatena una reazione fisiologica.

Il nostro corpo si prepara a combattere o a fuggire.

È così dalla notte dei tempi, è uno schema ereditato dai nostri antenati che sicuramente non chiudevano la porta a chiave quando andavano dormire... eh no, nemmeno ce l’avevano la porta!

Questo schema è arrivato fino a noi pressappoco identico.

Schema identico per situazioni totalmente differenti.

Ora, non so dove vivi tu, ma dove sto io è abbastanza difficile che uscendo di casa si rischi d’incontrare un animale feroce pronto a sbranarci.

Lo schema si attiva anche se fuori casa non c’è un leone affamato ed ecco che abbiamo un bel po’ di adrenalina in circolo (sarebbe cortisolo, ossia l’ormone dello stress), un gran mal di testa, palpitazioni, sudore che neanche se avessimo corso una maratona estiva con un cappotto di lana, e beh tutti quei sintomi con cui ormai Sara conviveva da tempo.

Sara era convinta che quei sintomi fossero la prova che là fuori c’era qualcosa di pericoloso.

Se ho così tanta paura, se sto così male evidentemente è davvero pericoloso come temo.

Diciamo che la sua ansia (lei la chiamava così) le dava ragione.

Con lei, durante il mio Percorso “Protagonista della tua vita in 10 settimane”, abbiamo lavorato proprio su questa paura.

Anziché trovare in quella paura di fare pochi passi fuori casa una giustificazione a qualche pericolo, a un qualcosa di brutto che poteva accadere, abbiamo ascoltato quella paura perché aveva da dire qualcosa a Sara.

Abbiamo immaginato quella paura come un vecchio amico, un amico che la sa lunga e che magari ci urta un po’ con la sua sincerità.

Possiamo scegliere di allontanarci da lui.

Oppure di litigarci per convincerlo che si sbaglia.

O... starlo ad ascoltare perché la sua esperienza potrebbe esserci utile e darci una prospettiva che al momento non siamo in grado di vedere.

Ecco la paura è esattamente questo.

Ci sta dicendo che qualcosa non va.

Che non stiamo più bene dove siamo.

Che dovremmo davvero fare qualcosa per cambiare la situazione.

La paura può diventare la nostra miglior amica se impariamo ad ascoltarla.

Quello che proviamo non è altro che una reazione fisiologica scatenata da uno schema che è lì da secoli e che in realtà non ha nulla a che fare, nella stragrande maggioranza dei casi, con un pericolo reale, o con un pericolo così grande da arrivare a bloccarci.

Durante il mio Percorso con Sara, abbiamo messo a terra la paura.

Le ho chiesto di scrivere su un foglio le sue più grandi paure, ossia:

“Cosa potrebbe accadere se uscissi di casa adesso?”.

“Sbizzarrisciti”, le ho detto. “Scrivi tutto quello che pensi e anche quello a cui non avevi mai pensato”.

Sara ha fatto questo esercizio per 3 giorni, al 4 giorno mi ha scritto un messaggino:

“Erika, ma davvero io ho paura di queste cose?? È assurdo!”.

Lo è, ma fino a che le paure continuano a girarti in testa diventano enormi e assolutamente credibili.

Quando inizi a tirarle fuori dal loro nascondiglio preferito, ecco che tutto cambia. Assumono una dimensione diversa quando ne parli o quando le scrivi.

Perché tu le guardi da una prospettiva diversa.

Ma Sara quindi di cosa aveva paura?

Sara aveva paura di mettersi in gioco.

Inconsciamente sapeva che se fosse uscita da quella porta, la sua vita piano piano sarebbe cambiata.

Come molto di noi, Sara voleva essere autonoma e indipendente, ma la sua paura era esattamente quella.

Quello che voleva le faceva paura, ma quello che aveva non le bastava più.

Sì, la sua vita sarebbe cambiata se avesse fatto quel primo difficile passo, ma in meglio, per sé stessa e per chi aveva vicino.

Se glielo avessi detto non mi avrebbe creduto, quindi non gliel’ho detto, ho semplicemente lasciato che se ne accorgesse da sola.

Sara, con il suo foglietto pieno di paure, ha iniziato a prendere quell’ansia meno sul serio e a fare piccole cose quotidiane.

All’inizio usciva solo quando non c’era gente.

Poi ha iniziato a incontrare alcune persone e ha visto che non era poi così male fare due chiacchere lungo la strada per il lavoro.

La figlia era impegnata in alcune gare, ma era sempre il padre ad accompagnarla, Sara non se l’era mai sentita.

Ma durante il nostro Percorso è capitata proprio una di quelle temutissime gare.

Sara ha macinato 400 chilometri di autostrada e non lo aveva mai fatto prima.

Ha trascorso un bellissimo weekend da sola con la figlia che non credeva ai suoi occhi trovandosela lì e anche questo non lo aveva mai fatto prima.

E durante l’intervallo tra una gara e l’altra, ne ha approfittato per visitare una città che non aveva mai visto.

“Come ti sei sentita?” le ho chiesto.

“Così bene che non immagini. Libera, felice”.

E tu cosa ti farebbe sentirebbe davvero bene?

Buona Crescita

Erika

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